L’eterno ritorno del Partito Comunista

In Russia raddoppia i suoi risultati il movimento che attacca poster riesumati dagli anni ’50

Il principale partito di opposizione nella Repubblica Federale Russa di cognome fa Comunista. Sono di oggi i risultati delle elezioni legislative per la Duma, l’assemblea parlamentare di Mosca che ha visto un tracollo delle percentuali del partito del presidente Dmitri Medvedev, che realizza la staffetta con il suo alter ego Vladimir Putin (o forse è più corretto invertire i ruoli): Russia Unita strappa per un soffio la maggioranza al parlamento che gli consente di governare da solo, ma il conto dei seggi si ferma al 49,5 dei suffragi, il che impedisce la maggioranza assoluta e ogni prospettiva di cambiamento costituzionale. Chiunque sarà il presidente eletto alle elezioni presidenziali del prossimo mese – con ogni probabilità, appunto Putin – dovrà governare con una maggioranza di 13 seggi. Il che, rispetto alle percentuali bulgare a cui Russia Unita era abituata, è praticamente un tracollo.

IL PARTITO COMUNISTA RUSSO – Si è definito spesso Vladimir Putin e il suo movimento l’ultimo residuo, di certo nei modi, di un certo universo sovietico, quello del KGB, dei metodi spicci ed antidemocratici: le percentuali da elezioni mono-partito che il popolo russo ha in questi anni riservato al nuovo zar di Mosca hanno indotto a pensare che i russi non avessero mai cambiato le loro abitudini: dal partito Comunista a quello di Putin, non è che cambiasse tantissimo. E invece non è proprio così: perché il Partito Comunista in Russia c’è ancora, eccome. E’ proprio il movimento Comunista della Federazione Russa il grande vincitore delle consultazioni legislative, arrivando ad un netto raddoppio delle sue percentuali a livello nazionale (dal 10% al 20%) e vincendo in grandi ed importanti città, come Vladivostok, Novosibirsk e in altre zone del paese. Bene anche le altre opposizioni, ma l’exploit dei comunisti è quello che risulta più netto. Soprattutto per la natura del PCFR, un partito che sembra rimasto al 1980: e a ben vedere non si tratta di apparenze, ma di un’identità fortemente rivendicata.

Questo è il manifesto con il quale il Partito invita cittadini e militanti al voto: come si vede, è un esperimento di propaganda sovietica discretamente riuscito; colori, personaggi, pose e stile sembrano usciti dalla corrente realista-socialista degli anni ’30.

Questo è il manifesto che celebra la vittoria elettorale: le forze del lavoro dei cittadini russi prendono a calci l’orso, simbolo del partito di Putin, Russia Unita.

Con questo manifesto il partito invita al corteo previsto per oggi a Mosca che vuole “difendere il risultato elettorale” dai traditori della patria. E questo manifesto vuole dimostrare la saldatura fra il Partito e la società russa, unita e all’unisono.

Bastano un paio di esempi per renderci conto di quanto simili siano questi manifesti con quelli storici dell’Urss.

Questi manifesti, tratti dall’archivio di Carta Canta, sembrano quelli che il KPCF attacca per le strade della Russia in questi giorni. O, come è ovvio, è più vero il contrario.

IL LEADER – L’uomo che si cela dietro il più onesto e confessato tentativo di ri-stalinizzazione della Russia si chiama Gennady Zyuganov, ed è l’unico candidato alla presidenza della Repubblica che si sia alzato per opporsi esplicitamente a Vladimir Putin.

Zyuganov era uno dei capifila della corrente che si oppose a Mikail Gorbacev, alla Perestrojka e alla Glasnost, gli ultimi tentativi di risollevare il partito Comunista – e la società russa – ormai irrimediabilmente afflitti da decadenza e destinati alla rovina. Mentre la situazione nella Repubblica Socialista precipita Zyuganov si insedia all’opposizione quasi reazionaria, chiedendo, mentre sorge la stella di Boris Eltsin, di tornare alla Russia pre-Gorbacev, ovvero in piena epoca sovietica. Mentre l’Unione Sovietica collassa, lui diventa membro del comitato centrale del PCFR, e di lì a poco primo segretario, non rinunciando mai a pubblicare o altrimenti far notare il collegamento, a suo modo di vedere evidente, fra la diminuzione della qualità della vita in Russia e il crollo del socialismo.

La stabilità di Putin e Medvedev è basata su quello che Stalin e le autorità sovietiche hanno creato, perché loro non sono stati in grado di creare un bel niente negli ultimi 10 anni.

Questo lo ha scritto Zyuganov in una lettera aperta al presidente Medvedev nel 2008, mentre insieme ai militanti del partito rendeva onore alla statua di Stalin per il suo 131mo compleanno. Proprio oggi, 5 novembre, il partito ricorda l’anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione Sovietica, praticamente “un manuale di diritto costituzionale”: insomma, fra iconografia, falci e martello, bandiere rosse e richiami storici, il PCFR sembra proporsi come erede diretto dell’era sovietica. Non tutti, però, ne sono convinti.

SOCIALISTA O…NAZISTA? – Secondo alcuni critici, il Partito Comunista più che perseguire una politica socialista, ne perseguirebbe una nazional-socialista, ovvero nazi-fascista. Tutto sta nella marcatissima impronta nazionalista che il Partito Comunista russa adotta in tutte le sue proposte politiche – come l’agenda per far uscire la Russia dalla crisi creata dall’Occidente: secondo l’analisi della fondazione Gorbacev, “le derive fascistoidi del PCFR sono talmente evidenti che bisogna essere ciechi per non vederle”. Zyuganov stesso parla di una nuova Russia che sia la sintesi fra il paese “rosso” dell’era Sovietica e quello “bianco” dell’era Zarista. Il suo primo intento è quello di recuperare il ruolo della Russia “come grande nazione”; per il leader socialista non esistono divisioni ideologiche, ma solo differenti livelli di fedeltà alla Russia. Alcuni fanno notare come il movimento di Zyuganov non fosse il solo ad essere emerso dalle ceneri dell’Unione Sovietica; certo è che il PCFR è stato l’unico a sopravvivere più che altro per una legittimazione del Cremlino, che per lungo tempo lo avrebbe considerato l’unica opposizione ufficiale. Sotto accusa anche i legami del leader con la chiesa Ortodossa russa, sempre in nome della pacificazione nazionale. Nella terra dove tutto è confuso, anche i Comunisti non sono più quelli di una volta: nonostante i manifesti.

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