Roma, la “svendopoli” capitolina: tutta la storia

Roma, cosa sta succedendo al patrimonio pubblico di Roma Capitale? Perché le opposizioni parlano di “svendopoli” riguardo la proposta di delibera 88 che autorizza il comune di Roma a mettere in vendita 751 lotti immobiliari per realizzare, stima la delibera, qualcosa come 300 milioni di euro? La giunta e la maggioranza tornano in fibrillazione infilandosi in una partita estremamente complicata.

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ROMA, LA “SVENDOPOLI” CAPITOLINA E LA DELIBERA – La delibera 88 in discussione in questi giorni in Assemblea Capitolina riprende un vecchio cavallo di battaglia delle amministrazioni della Capitale: mettere in vendita una parte del ricchissimo patrimonio della città. Immobili residenziali, commerciali, ubicati in zone di gran pregio e, come vedremo, occupati da inquilini che pagano canoni d’affitto irrisori – quando li pagano, perché nella stragrande maggioranza dei casi sono occupanti privi di titolo e per di più del tutto gratis. Su questa situazione vuole intervenire la delibera, qui nel suo testo originale (ieri è stata modificata in commissione con un corposo maxiemendamento), provvedendo alla vendita di questi lotti immobiliari.

Alla delibera sono allegati due elenchi (“beni residenziali, beni non residenziali”) di immobili che comprendono lotti in zone quali Centro Storico, Fontana di Trevi, Fori Imperiali, Esquilino, Corso Francia, Trastevere, quartiere Africano ed altre. Con l’approvazione del provvedimento tali beni vengono “declassificati” da patrimonio pubblico e sono, dunque, alienabili.

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OCCUPANTI SENZA TITOLO E AFFITTI IRRISORI – Il problema è che tali immobili sono, secondo le denunce delle opposizioni che hanno incrociato gli elenchi dei beni messi in vendita dal Campidoglio, occupati quasi per l’80% dei casi da soggetti che non hanno titolo: “Diciamo che ci sono tre casi possibili: o nell’immobile ci abitava la nonna, e quando la nonna è morta lo ha lasciato in eredità a chi non aveva i presupposti di reddito per abitarlo; o l’immobile è stato letteralmente occupato col piede di porco oppure, il che è peggio, è stato dato in regalo dal politico di turno che voleva fare un favore a qualcuno”, ci spiegano, a microfoni spenti, dalle opposizioni. Inoltre, continuano, “non è chiaro quali criteri siano stati adottati per la determinazione di questo canone di affitto irrisorio, se si tratti di un equo canone o di altri criteri del tutto arbitrari”.

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La Lista per Alfio Marchini Sindaco ha elaborato (e proiettato in Aula) alcune slides per dimostrare visivamente quali immobili, in quali zone, siano occupati da soggetti che pagano affitti irrisori.

E il problema, denunciato dalle opposizioni, starebbe non solo nel fatto che queste case siano occupate da soggetti che pagano prezzi ridicoli (quando li pagano: la stragrande maggioranza sono morosi pluriennali), ma che il Campidoglio abbia idea di “svenderle”, da cui appunto “svendopoli”.

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Roberto Monaldo / LaPresse

LE PRELAZIONI E LE MODIFICHE – Le opposizioni si riferiscono ad alcuni contenuti della prima versione della delibera, che ieri è stata modificata in commissione. Nel testo originario veniva concessa prelazione all’acquisto “ai conduttori delle unità immobiliari” anche nel caso in cui detenessero l’unità “in virtù di contratto di locazione scaduto e non rinnovato”; tale diritto non veniva accordato solo nel caso in cui nei confronti del conduttore fosse stata emessa “sentenza o altra pronuncia giudiziale di risoluzione del contratto”. Per i soggetti che esercitavano il diritto di prelazione era previsto un incentivo all’acquisto che riduceva il prezzo di vendita del 30% rispetto al valore di mercato. Ieri la commissione Patrimonio, guidata dall’esponente Pd Pierpaolo Pedetti, ha modificato questa ed altre parti della delibera.

Gli occupanti senza titolo non potranno esercitare alcuna opzione o prelazione sull’acquisto, mentre chi ha un regolare contratto, anche se scaduto, sì. Significa che chi finora ha goduto, senza averne diritto, di una casa in affitto a canoni ridicoli magari in pieno centro, verrà sfrattato (…)  E’ stato pure cancellato lo sconto del 30% previsto inizialmente per gli inquilini della città storica (che, se vorranno, dovranno perciò comprare a prezzo pieno), mentre per quelli in periferia il prezzo verrà abbattuto solo del 15%. Ancora, via le agevolazioni per istituti religiosi e sedi diplomatiche; impossibilità, per i fondi immobiliari, di acquistare le case e i negozi in vendita; tempi più stretti per i morosi che intendono comprare: 90 giorni a partire dalla comunicazione del Campidoglio sull’importo da saldare, per di più rinunciando a qualsiasi contenzioso.

Così Repubblica, che aggiunge: “Gli unici a salvarsi, regolari o no, saranno gli ultra75enni: anche in caso d’asta, a loro resterà l’usufrutto e sul mercato finirà solo la nuda proprietà”.

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ALBERGHI, RISTORANTI E SEDI DI PARTITO – I problemi, però, non sono finiti qui. Fra gli immobili nella disponibilità del Comune risultano esserci anche “sedi di partiti, i ristoranti, li alberghi e locali commerciali in genere” che in molti casi, come d’altronde per gli inquilini residenziali, pagano poco o nulla.

In piazza Belli – nel cuore di Trastevere – c’è una storica sezione del partito Rifondazione comunista. Canone mensile dovuto al Comune: 16mila euro l’anno. Morosità accertata dalla lista Cattoi: 74mila euro.. Via dei Bresciani è una stradina a pochi metri da Campo de’ Fiori. Ai civici numero 1 e 2 c’è un palazzo di tre piani e ben 872 metri quadri affittato a un’associazione religiosa: i silenziosi operai della croce. A quanto ammonta il loro affitto? Ben 6 euro al mese. Secondo le testimonianze raccolte nei giorni scorsi da la Repubblica, la struttura subaffitta le proprie stanze a circa 500 euro mensili. La comunità ebraica invece, per due appartamenti da 150 metri totali in zona Ghetto, versa un affitto di circa 8mila euro l’anno: 180 euro al mese in media per appartamento. Eppure è morosa per 12mila euro.

Riassume così il Fatto Quotidiano; da parte di alcune forze nella maggioranza che sostiene il sindaco Ignazio Marino, principalmente Sinistra, Ecologia e Libertà, arriva la richiesta di espungere dalla lista di vendita “tutti gli spazi dedicati ad attività sociali e culturali, dall’ex cinema Rialto” – ora circolo Arci nel cuore del centro di Roma – “alla sede di Emergency”.

LA POLEMICA SULLA GESTIONE – Ma perché negli anni si sono accumulate queste situazioni di puro privilegio? La gestione del Patrimonio comunale è stato affidato negli scorsi anni ad una delle principali multiservizi italiane, la Romeo Gestioni, nei confronti della quale il capogruppo Pd Fabrizio Panecaldo ha già minacciato “richiesta di risarcimento” per aver tollerato “abusivi e morosi”. La Romeo ha però rimpallato le accuse al Campidoglio, oggi, sul Tempo.

“L’amministrazione non ha mai formalmente inteso autorizzare l’attivazione di contenziosi per il recupero delle somme per evitare qualsivoglia sovrapposizione o contrasto con le attività di alienazione”. Il problema, però, è che l’alienazione non c’è stata. Infine, sull’aggiornamento dei canoni di locazione che l’amministrazione rivendica di aver deliberato a giugno, “si è definita una forma di contratto cosiddetta protetta comunque disancorata dal valore reale di mercato degli immobili, basata su accordi territoriali del 2004”, quando le quotazioni, si sa, viaggiavano su altri standard.

Dunque, dice la Romeo, il Campidoglio ha sempre dato direttive di non iniziare le operazioni di sfratto perché cerca di vendere questi immobili (praticamente sempre gli stessi) dal 2001, e con gli sfratti di mezzo tutto sarebbe stato più complesso; anche quando ha comandato l’adeguamento dei prezzi d’affitto, lo ha fatto a prezzi agevolati. Intanto la Corte dei Conti, sollecitata dalle opposizioni, ha aperto un fascicolo per indagare la tolleranza delle morosità e gli affitti a canone ridicolo possano configurare elementi di un danno erariale da milioni e milioni di euro.

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