Chi ha paura del nudo di Aliaa?

21/11/2011 di Claudia Santini

Le immagini sessualizzate si trovano in tutto l’Egitto. E allora perché scandalizzarsi per la protesta della blogger femminista?


Magda Alia al-Mahdy, una giovane attivista egiziana, ha pubblicato sul suo blog una sua foto in cui si ritrae nuda, innescando un ampio dibattito nella società. Lei è decisa a rompere un tabù e quindi affermare la libertà delle donne anche in Egitto e c’è chi ricorda che scandalizzarsi è assurdo: le immagini sessualizzate, a scopo commerciale, sono ovunque nel Paese.

IL NUDO OVUNQUE – Jadaliyya è un ezine indipendente prodotto dall’ASI (Arab Studies Institute), l’organizzazione che produce anche l’Arab Studies Journal. Sul sito troviamo una riflessione sull’atto di protesta di Alia, contestualizzato in un Egitto che critica il nudo, ma lo sfrutta ovunque sia possibile. Come racconta Maya Mikdashi, autrice dell’articolo, vedere una donna nuda al giorno d’oggi è semplice. Le donne nude sono Internet, nelle gallerie d’arte, il televisione e nei film. Il semi-nudo, forma di seduzione ancora più travolgente, è più pervasiva e presente: immagini di donne poco vestite ci guardano dai cartelloni pubblicitari, dai video musicali e dagli spot televisivi che ci chiedono di essere portate a letto, mentre ci suggeriscono cosa comprare. Non parliamo solo dell’occidente: questo è ciò che accade anche nel mondo arabo. Nonostante ciò, l’immagine di una di ventenne studentessa universitaria che fissa la fotocamera con le gambe aperte, causa lo scandalo: critiche e minacce di morte sono piovute la scorsa settimana al Cairo.

GLI ATTACCHI – Dopo che Magda Alia al-Mahdy ha pubblicato la foto sul suo blog, sia i conservatori che i liberali egiziani l’hanno attaccata per la sua immoralità. Gli islamisti e i conservatori l’hanno definita il “diavolo”, la sinistra liberale ha pubblicamente disconosciuto la sua presa di posizione, affermando che non accettano “atei” nel loro movimento. In privato. Molti degli attivisti egiziani di estrema sinistra sostengono che Alia abbia commesso un errore strategico che potrebbe riportare i diritti delle donne indietro di anni, se non decenni. Potrebbe essere vero, ma dobbiamo ricordare che il ritratto di Alia è così minaccioso non solo per il tessuto morale di una società a maggioranza musulmana, ma anche per il modo in cui corpi femminili sono un forme di controllo politico e di consumo capitalista.

CONCEZIONE DEL CORPO FEMMINILE IN EGITTO – L’idea che i corpi femminili siano sacrosanti e che in qualche modo siano “protetti” dalla sessualizzazione palese in Egitto è un falso. Contrariamente a quanto molti dei detrattori di Alia e che molti commentatori sul mondo arabo hanno raccontato, i corpi femminili sono stati a lungo il strumento di lotta, interrogatori, vessazioni e mercificazione in tutta la regione. In particolare, Cairo è famosa per essere per la frequenza in cui in pubblico vengono pizzicati sederi, toccati seni e le donne sono soggette a sfregamenti e palpeggiamenti. Il fatto è che una donna (coperta o meno col velo) non può camminare lungo una strada affollata del Cairo o prendere un autobus pubblico senza aspettarsi molestie sessuali. Negli ultimi mesi, le donne coinvolte in proteste in piazza Tahrir sono stati sottoposte a “test di verginità” dalla giunta militare. I “test di verginità” avvengono attraverso il vecchio metodo di inserimento di due le dita nella vagina di ogni donna da parte di militari uomini. Queste donne sono state violate non tanto per capire se fossero vergini, ma per essere umiliate, minacciate e per dimostrare e riaffermare il controllo sul corpo individuale. L’obiettivo è quello di terrorizzare.

IL SESSO COME ARMA DI TERRORISMO E CAPITALISMO – Il sesso come strumento di terrore è stato usato ad Abu-Ghraib, a Guantanamo Bay, nell’Iraq di Saddam Hussein, in Libia, nella Repubblica Democratica del Congo, in Argentina e in Afghanistan. Le violazioni di corpi maschili o femminili avviene nelle carceri di tutto il mondo, sotto tutti i regimi, allo scopo di di dimostrare l’impunità delle potenze straniere e locali nel violare i cittadini. Il corpo femminile, però, non è solo uno strumento di controllo politico e di regolazione della patriarcale moralità pubblica, è anche un veicolo primario per fare soldi. La cavalcata orizzontale e verticale di immagini e di segnaletica che è onnipresente in tutta la città del Cairo è innegabile: il corpo femminile sessualizzato è ovunque e vende sempre qualcosa, che siano prodotti, film, musica. Lo scopo è quello di stuzzicare il compratore, fargli pensare subdolamente al sesso e il prodotto si mischia al corpo, tanto da confondere sul reale oggetto della pubblicità.

IL CONTESTO – Prima di criticare Alia per la sua protesta, dobbiamo tenere presente che quello egiziano non è un contesto in cui il nudo femminile è estraneo e non è un contesto in cui la gente non parla di sesso. In realtà, il sesso è al centro di gran parte dell’ansia pubblica e della politica del governo. È sorprendente che la decisione di una donna adulta di scattare una foto nuda di se stessa e pubblicarla sul suo blog abbia più polemiche in tutto lo spettro politico del fatto che i soldati egiziani hanno somministrato “test di verginità” sulle manifestanti donne. Immagine di Alia scatena rabbia perché non gioca secondo le regole, ed è per questo sia i liberali e gli islamisti l’hanno condannata. Lei non è “in attesa” del “momento giusto” per affermare i diritti del corpo e i diritti sessuali nell’Egitto post-Mubarak. Lei non aspetta il suo turno. La sua bocca non è aperta. I suoi seni non sono grandi. I suoi occhi non hanno fame o paura. Lei non indossa i tacchi alti. La sua vagina è scoperta. Lei non vende nulla, e lei non sta cercando di trasformarci.

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