La strana crisi del prezzo del petrolio

18/01/2015 di Mazzetta

Il prezzo del petrolio è andato in caduta libera negli ultimi mesi lasciando il 2014 con quotazioni dimezzate rispetto al gennaio dello stesso anno. Valori che stupiscono e fanno discutere gli esperti, che s’interrogano sulle cause e la possibile durata del fenomeno.

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IL PETROLIO CHE COSTA POCO – Il petrolio a 50 dollari rende il mondo molto diverso da quello nel quale costa 100 o addirittura 130, prezzo al quale era giunto nei momenti di massima tensione sulle quotazioni. Tutti si chiedono per quanto resterà così a buon mercato e non solo perché la risposta giusta vale un bel bottino.
La confusione è grande perché la quotazione del petrolio è influenzata da una robusta quantità di variabili difficili da pesare, che spaziano dalle condizioni climatiche alle questioni geopolitiche, fino ai pronostici sull’andamento delle economie regionali e di quella globale.

LA GRANDE INCOGNITA SUL PREZZO DEL PETROLIO – In questo caso non è tanto facile nemmeno ricostruire con certezza la dinamica che ha portato alla drastica riduzione dei prezzi degli ultimi mesi, anche se alcuni indizi rivelano alcune sicure influenze. La più evidente è quella data dall’aumento della produzione americana, un vero e proprio boom che ha riportato la produzione di gas e petrolio ai livelli record degli anni ’60. Merito del fracking, che ha reso disponibili risorse prima troppo difficili e costose da estrarre, ma anche dello sfruttamento degli scisti bituminosi in Canada e Africa ha contribuito ad aumentare la produzione globale e, di converso, a ridurre il peso della domanda e il pericolo d’instabilità delle forniture, che è tra quelli che massimamente eccitano gli aumenti irrazionali.

IL BOOM AMERICANO – Il crollo dei prezzi del gas sul mercato interno statunitense, determinato dalla mancanza d’infrastrutture per esportare l’improvvisa abbondanza, è stato tale che si è subito riflesso in un brusco calo del costo dell’energia elettrica che ora sta attirando investimenti industriali, ma soprattutto ha cancellato una parte dell’import degli Stati Uniti, che solo di recente sono stati raggiunti dalla Cina sul podio dell’economia più energivora del pianeta e puntano decisi alla conquista del primato mondiale di produttori di gas e petrolio. Un primato che magari sarà effimero e durerà solo qualche decennio, ma più che sufficiente a influenzare le quotazioni sul breve e medio periodo. Questa dinamica si è poi incrociata con i progressi conseguiti nel campo del risparmio energetico e dello sviluppo di fonti alternative, che hanno contribuito a tener bassa la domanda di energia pur in un contesto economico frizzante.

IL BOOM DEL FRACKING – Fuori dagli Stati Uniti la situazione risulta altrettanto rosea, anche la Cina potrebbe godere del fracking e diventare addirittura il primo produttore al mondo. Possiede risorse superiori a quelle di qualsiasi altro paese, pur se non tutte realmente accessibili. Il fracking infatti è ecologicamente un disastro, richiede l’uso e l’inquinamento di grandi quantità d’acqua e territorio e il petrolio e il gas che se ne traggono hanno un costo industriale decisamente più alto di quello estratti dai laghi di petrolio di ottima qualità che ci sono in Medio Oriente.

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