Giorgio Ambrosoli, quando Andreotti disse: “Se l’è cercata”

Chi era Giorgio Ambrosoli? La storia di un uomo diventata un pezzo di storia italiana, la storia di Giorgio Ambrosoli, avvocato, la cui vita cambierà tragicamente dopo essere diventato curatore fallimentare della Banca Privata Italiana, Bpi, diretta da Michele Sindona. La storia della sua vita viene raccontata dalla fiction «Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera», in onda questa sera e domani sera su Rai1 con Pierfrancesco Favino nel ruolo dell’Avvocato.

 

Giorgio Ambrosoli
(Photocredit Rai.tv)

 

GIORGIO AMBROSOLI, LA FICTION – La storia ruota intorno ad una lettera-testamento inviata da Ambrosoli alla moglie Anna Lori il 25 febbraio 1975. Ambrosoli era stato incaricato dalla Banca d’Italia di gestire la liquidazione della ormai fallita Banca Privata Italiana di Michele Sindona. Un incarico gravoso attribuitogli nel settembre 1974 da Guido Carli, all’epoca governatore della Banca d’Italia. Il suo compito sarebbe stato quello di esaminare la situazione economica dell’istituto prodotta dall’intreccio tra politica, finanza, massoneria e criminalità organizzata siciliana:

In ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. […] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto.

GIORGIO AMBROSOLI, IL CASO BPI – Le vicende della Banca Privata Italiana vennero alla luce nel 1971. La Banca d’Italia indagò sulle attività di Sindona finalizzate ad evitare il fallimento degli istituti da lui gestiti, la Banca Unione e la Banca Privata Finanziaria. Palazzo Koch decise di erogare un prestito così da evitare caos con i correntisti. Della vicenda si occupò il direttore centrale del Banco di Roma Giovanbattista Fignon. Le banche di Sindona vennero fuse con la nascita della BPI, con Fignon divenuto vicepresidente ed amministratore delegato. Fu così che l’uomo comprese la gravità della situazione. Sindona falsificando le scritture contabili e usando la Fasco AG come schermo per le sue attività usa la liquidità depositata presso le banche.

 

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GIORGIO AMBROSOLI, LE PRESSIONI – Fignon consegna le sue analisi ad Ambrosoli, specializzatosi nel 1964 nel ramo delle liquidazioni coatte amministrative. L’avvocato milanese ricostruì le operazioni finanziarie di Sindona evidenziandone le irregolarità e le falsità nelle scritture contabili. Col passare del tempo Ambrosoli divenne oggetto di pressioni e di tentativi di corruzione finalizzate ad ottenere da parte sua documenti che provassero la buona fede di Sindona allo scopo di fargli evitare ogni coinvolgimento penale e civile. Giorgio Ambrosoli resistette ma le pressioni si fecero via via più pesanti. L’avvocato nella lettera alla moglie scrisse anche:

Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente dì ogni colore e risma non tranquillizza affatto

GIORGIO AMBROSOLI, L’INTERESSE DELL’FBI – Nel corso delle sue indagini scoprì inoltre la responsabilità di Sindona nei confronti della banca statunitense Franklin National Bank. Venne così coinvolta anche l’Fbi. E da questo momento arrivarono le minacce che non cambiarono però l’atteggiamento di Ambrosoli che confermò la necessità di liquidare la banca e di riconoscere la responsabilità penale del banchiere. Gli unici a sostenere Ambrosoli nella sua attività furono Ugo La Malfa, suo referente politico, e Silvio Novembre, maresciallo della Guardia di Finanza, che gli fece da guardia del corpo.

GIORGIO AMBROSOLI, IL SUCCESSO DI MICHELE SINDONA – Michele Sindona comprò la Banca Privata Finanziaria nel 1961, acquisendo altre partecipazioni con la Fasco. Nel 1967 venne segnalato dall’Interpol statunitense in quanto sospettato di riciclaggio di denaro sporco proveniente dal traffico di stupefacenti per via dei suoi legami con la mafia americana. Si associò allo Ior, grazie alla sua amicizia con il Cardinale Giovanni Battista Montini, divenuto poi Papa Paolo IV, con la banca vaticana che entrò nella BPI di Sindona. Enormi capitali vennero spostati dall’istituto verso banche svizzere con Sindona che inizia a speculare tra le maggiori valute correnti. Il castello crolla nel 1971 quando fallisce l’Opa sulla finanziaria Bastogi, cui si era opposto Enrico Cuccia. Sindona provò poi la scalata della BNL e della Italcementi, che a sua volta aveva il pacchetto azionario di maggioranza della stessa Bastogi.

GIORGIO AMBROSOLI, IL CRACK – Nel 1972 Sindona entrò in possesso del pacchetto di controllo della Franklin National Bank di Long Island, una delle prime 20 banche degli Usa. Nell’aprile del 1974, dopo essere stato nominato “uomo dell’anno” dall’allora ambasciatore Usa John Volpe, un crollo del mercato azionario condusse al “crack Sindona”. L’8 ottobre 1974, la banca di Sindona fu dichiarata insolvente per frode e cattiva gestione, incluse perdite da speculazione sulle valute correnti e cattive politiche di prestito. Nel corso di questi anni Ambrosoli ricevette telefonate intimidatorie da un soggetto poi identificato nel massone Giacomo Vitale, cognato del boss mafioso Stefano Bonante. In questo clima Ambrosoli chiuse la sua inchiesta. Avrebbe dovuto sottoscrivere una dichiarazione formale il 12 luglio 1979.

GIORGIO AMBROSOLI, LA MORTE – Ambrosoli morì la sera prima, l’11 luglio 1979. Fu ucciso con quattro colpi di pistola da un malavitoso americano, William Joseph Aricò, che aveva ricevuto l’incarico da Sindona stesso attraverso il suo complice Robert Venetucci, un trafficante di eroina. Così facendo si cercò di levare di mezzo un ostacolo al salvataggio della BPI mandando anche un messaggio a Enrico Cuccia. Il killer fu pagato da Sindona con 25 000 dollari in contanti ed un bonifico di altri 90 000 dollari. Al funerale non presenziò nessuna autorità pubblica. Giulio Andreotti nel 2010, intervistato da La Storia Siamo Noi, parlando di Giorgio Ambrosoli, disse:

«Certo era una persona che in termini romaneschi se l’andava cercando»

Michele Sindona venne condannato all’ergastolo insieme a Robert Venetucci il 18 marzo 1986 per l’uccisione di Giorgio Ambrosoli. Sindona morirà quattro giorni dopo in carcere a Voghera, avvelenato da una tazza di caffè contenente cianuro di potassio.

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