Le cene di Renzi per finanziare il Pd: ecco chi partecipa

In tempi di tagli al finanziamento pubblico ai partiti e con i tesseramenti che procedono a rilento, la tradizione delle Feste dell’Unità, tra contributi minimi volontari, salsicce e tortellini, parlamentari che servono ai tavoli, non basta più. Nella metamorfosi del Pd renziano, la “Big Tent” (la “grande tenda”) al quale lavora il premier-segretario, cambia anche il metodo per dare ossigeno alle casse del partito. Modello “americano”, con tanto di cene di fundraising. Due appuntamenti fissati in calendario da settimane: il primo giovedì sera al “The Mall” di Milano, il bis venerdì a Roma, al Salone delle tre fontane. Prezzo per partecipare? Mille euro. Tradotto, cambia anche il “target”, con le cene rivolte al mondo degli imprenditori, di Confindustria e al ceto medio-alto. Tutti contattati personalmente, uno per uno, dagli stessi eletti dem. Soprattutto dai fedelissimi di Renzi, dato che la Sinistra dem – già critica sui fondi della Leopolda – e le minoranze – con poche eccezioni – si sono smarcate, poco convinte.

 

pd festa unità flop (18)

 

PD, LE CENE CON RENZI PER TROVARE FONDI – L’obiettivo minimo da raggiungere? Intorno a 400-500 mila euro a serata, ma c’è chi giura che dalle cene del Pd 2.0 i vertici del partito riusciranno a racimolare (in totale) una cifra superiore al milione di euro. Anche perché, analizzando i numeri della vigilia, l’esperimento sembra funzionare: evento “sold out”, un elevato numero di interessati a finanziare il partito. «Non me lo aspettavo, dovrà chiudere i cancelli», ha commentato il tesoriere Francesco Bonifazi. Con il progetto (ambizioso) di chiudere in parità il bilancio del Pd, dopo aver concluso quello del 2013 con 10 milioni di perdite.

«Vedete, Renzi emula Berlusconi anche sulle cene», commentavano sarcastici da destra (e non solo) non appena era stata resa nota l’iniziativa, già da tempo seguita dal Cav. Polemiche che non sembrano preoccupare troppo in casa renziana:  si tratta soltanto di un primo “step” per riformare il metodo di autofinanziamento del Pd, per modernizzarlo e renderlo sempre più indipendente dai contributi pubblici. Un’iniziativa considerata “necessaria” dai vertici, dato che l’età d’oro dei “fondi statali a pioggia” è terminata. E c’è chi non fa molto affidamento alle contribuzioni volontarie del 2 per mille ai partiti. Ma non solo: le cene di autofinanziamento – chiariscono dal Nazareno – non archivieranno certo l’esperienza delle Feste. Nell’ottica del Pd consentiranno un mix tra tradizione e modernità. Non soltanto permettendo di raccogliere in modo autonomo le risorse necessarie, ma anche coinvolgendo il nuovo (ed eterogeneo) elettorato dem. In perfetto stile “Big tent”: nel nuovo Pd pluri-identitario, non ci saranno troppi confini.

CHI PARTECIPERÀ – Non è un caso che non sia il metodo, quanto i soggetti al quale si rivolgerà il partito nelle due cene di fundraising a lasciare perplesse le minoranze. «A chi ci affidate? Questa non è la nostra gente», replicano dalla sinistra interna, come riporta il Corriere della Sera. Tra i commensali di Renzi ci sarà spazio per manager, imprenditori, personalità non certo note per aver frequentato le Feste estive di partito. Certa la presenza dei produttori di vini Ferreri e Bertani, così come quella dei fratelli Beniamino e Marcello Gavio, tra i “leader” nel settore delle autostrade del Nord. Ma anche Pietro Colucci di Kinexia (settore energia),il presidente di Live Nation (organizzatore di concerti in Italia) Roberto De Luca, Valerio Saffirio (che ha fondato la società di digital design Rokivo). E tanti altri.

Non saranno ai tavoli, al contrario, gli stilisti Dolce e Gabbana. Alla cena di Milano li aveva invitati il segretario metropolitano del partito, Pietro Bussolati, cercando di ricucire i rapporti deteriorati dopo la querelle con l’assessore Franco D’Alfonso (nel 2013 spiegò che il Comune non avrebbe dovuto concedere spazi «agli evasori») e la successiva assoluzione dei due stilisti in Cassazione (con la formula “il fatto non sussiste”). Ma scuse e invito non sono bastati. Tanto che Bussolati ha poi smentito che ci fosse stato un “invito formale”, riducendo tutto a semplice “boutade”.

IL PD A TAVOLA – Tra i big del partito, invece, non mancheranno i ministri. Dalla titolare per le Riforme Maria Elena Boschi, passando per Maurizio Martina (Politiche agricole) e Marianna Madia (Pubblica amministrazione). Di certo, si manterranno distanti le minoranze critiche. Anche se a Roma è stato invitato (e dovrebbe esserci) il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, che nel partito c’è chi indica come possibile futuro anti-Renzi. Per ora il diretto interessato si mantiene nelle retrovie della politica nazionale, con qualche eccezione. «Renzi invita a cena con i soldi degli altri», aveva replicato, con tanto di metafora, critico sui tagli del governo agli enti locali previsti nella manovra. Per ora, si limiterà a sedersi sulla stessa tavola del premier. Domani si vedrà.

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