Le sei tipologie di assassino che potete incontrare su Facebook

03/11/2014 di Redazione

I ricercatori della Birmingham City University hanno condotto il primo studio che analizza il modo in cui Facebook è in grado di influenzare i comportamenti criminali,  individuando sei tipologie di assassino: la dottoressa Elizabeth Yardley e il pofessor David Wilson del centro di criminologia applicata dell’ateneo hanno analizzato 48 casi di omicidio commessi in tutto il mondo in cui il social network aveva avuto un rilievo significativo. Tra questi vi è il caso di Wayne Forrester, un camionista che ha ucciso la moglie Emma nel 2008, dopo aver letto un post su Facebook nel quale l’amata affermava che si erano separati e che aveva intenzione di incontrarsi con altri uomini, riporta il Guardian.

Foto: Ian Waldie/Getty Images
Foto: Ian Waldie/Getty Images

LE TIPOLOGIE DI ASSASSINO PRESENTI SU FACEBOOK – I due ricercatori sono riusciti ad individuare sei tipi di assassino: quello che reagisce, l’informatore, l’antagonista, il fantasista, il predatore e l’impostore. L’assassino che reagisce è quello che si infuria per qualcosa che ha visto di Facebook, reagendo violentemente, spesso in maniera letale, mentre un informatore usa il social network per fare sapere agli altri che intende togliere la vita alla futura vittima o che l’ha già uccisa.

L’antagonista invece è quello che si scontra in maniera accesa con gli altri utenti sulla piattaforma social, cercando di fare in modo che lo scambio di ostilità virtuale riesca a sfociare in un violento scontro fisico vero e proprio. I fantasisti non riescono a distinguere bene il confine tra finzione e realtà e l’omicidio potrebbe essere per loro un modo di riuscire a mantenere accesa la fantasia. I predatori creano e utilizzano un profilo falso per attirare una vittima e poi incontrarla di persona, infine un impostore utilizza il nome e la faccia di un’altra persona specifica: in alcuni casi si tratta della vittima stessa, così da creare l’illusione che sia ancora viva. In altri casi si tratta di un’altra persona conosciuta che possa essere aggiunta tra gli amici dalla vittima: in questo modo il malintenzionato può monitorare tutti i suoi spostamenti e in alcuni casi interagirvi.

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LE DIFFERENZE CON GLI OMICIDI “TRADIZIONALI” – LaShanda Armstrong fa parte della categoria degli informatori, ha utilizzato il suo profilo Facebook per chiedere perdono in seguito ad una litigata con il compagno. Poco dopo si è diretta verso il fiume Hudson, ha ucciso i suoi tre figli e dopo si è suicidata. La donna aveva scritto :”Mi dispiace, perdonatemi tutti per quello che sto per fare. Questo è quanto!!!”.

L’obiettivo della dottoressa Yardley era quello di capire se gli omicidi in cui Facebook ha avuto un ruolo di rilievo sono diversi dagli altri tipi di omicidio. La ricercatrice ha scoperto che non sono poi così differenti da quelli “tradizionali“, ma ha anche riscontrato delle anomalie rispetto agli altri crimini violenti, ad esempio il fatto che l’età media delle vittime e dei colpevoli è relativamente bassa, vi è una quantità di vittime femminili superiore rispetto alla media, una percentuale relativamente elevata di omicidi-suicidi e il fatto che le persone coinvolte non potessero essere descritte nella quasi totalità come persone emarginate. Per la Yardley però non bisogna assolutamente criminalizzare Facebook per questi tipi di delitti e che non vi è nulla di male nei social media: «Facebook non ha nessuna responsabilità in questi omicidi, così come nessun coltello può essere incolpato per un accoltellamento. Dobbiamo concentrarci invece sulle intenzioni delle persone che utilizzano questo tipo di strumenti», ha concluso la ricercatrice.

(Photocredit: Scott Olson/Getty Images & Ian Waldie/Getty Images)

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