L’inchiesta di Report sui piumini Moncler fa indignare il web

Commenti di fuoco e la promessa di non comprare mai più un capo Moncler: l’indignazione dei telespettatori italiani corre sui social dopo che ieri sera Report ha mandato in onda l’inchiesta di Sabrina Giannini che ha svelato alcuni dei retroscena sulla produzione dei piumini e dei giacconi del prestigioso marchio di abbigliamento di lusso, oggi di proprietà dell’imprenditore Remo Ruffini. (in basso la risposta di Moncler)

moncler report 6
Photocredit: Rai/Report

LA PIUMA, LE OCHE E GLI ALLEVAMENTI UNGHERESI – L’inchiesta di Report comincia dalla materia prima, dalla piuma d’oca che costituisce l’imbottitura del piumino: un materiale che è da sempre sinonimo di leggerezza e di calore che, una volta indossato, isola dal freddo e dall’umidità senza però appesantire. Per ottenere questo materiale non si ricorre solo alle oche, ma anche ad altre specie di uccelli, come ad esempio le anatre, nonostante la qualità del piumaggio sia nettamente inferiore rispetto a quello delle oche. In Europa, il paese che conta più allevamenti di oche è l’Ungheria. Così le telecamere di Report si sono recate in alcuni allevamenti ungheresi, dove le oche vengono spiumate, vive, anche quattro volte l’anno. Questi animali, spiega Stefania Giannini,  sono sì soggetti a una muta stagionale, ma quel piumaggio è troppo poco perché valga la pena di raccoglierlo: quindi si preferisce prelevare il prodotto direttamente dal corpo dell’animale. La normativa europea prevede che il piumaggio delle oche venga raccolto mediante pettinatura, una tecnica che non causa dolore né stress agli uccelli. Ma non sempre questa regola viene rispettata e alle oche vengono strappate le piume senza alcun tipo di precauzione, spesso provocando lacerazioni alla pelle che vengono ricucite alla buona con ago e filo. Quando le piume ricrescono, vengono strappate un’altra volta. La maggior parte di questi allevamenti lavorano a cottimo: per spiumare centomila oche bastano quattro giorni.

Photocredit: Rai/Report
Photocredit: Rai/Report

MONCLER E I TERZISTI ESTERI- Le piume, una volta uscite dall’allevamento, non sono soggette al alcuna tracciabilità: questo significa che non è possibile sapere se quel piumino che riempie la nostra giacca provenga o meno da un allevamento che usa le tecniche di pettinatura, ma nemmeno se quella che viene spacciata per piuma d’oca sia veramente d’oca o provenga da altri volatili, con un piumaggio qualitativamente inferiore. A questo punto la parola passa ai terzisti, ovvero a quelle aziende che assemblano i prodotti per conto dei grandi marchi della moda italiana, tra cui proprio Moncler, che da anni ha delocalizzato tutta la propria produzione nei paesi dell’est Europa, sopratutto in Romania.

QUANTO COSTA PRODURRE UN MONCLER? – Sabrina Giannini ha intervistato i responsabili delle catene di produzione di piumini Moncler, che proprio da Moncler ricevono tutte le materie prime: piume, stoffe, bottoni, chiusure lampo, etichette e loghi da applicare al capo finito. E qui arriva il dato shock: i terzisti ricevono per ogni capo finito un compenso che si aggira tra i 30 e i 45 euro, mentre sul cartellino, in negozio, il prezzo sale fino a raggiungere e talvolta superare i 1.200 euro. Non è difficile capire che, in tutto questo, a guadagnare sia solo e soltanto il marchio.

moncler report 5

MONCLER, MADE IN TRANSNISTRIA – La questione, tuttavia, non finisce qui, perché la delocalizzazione di Moncler è un evento relativamente recente: fino a pochi anni fa la produzione dei famosi piumini diventati un simbolo degli anni Ottanta e ritornati in auge negli ultimi anni, avveniva in laboratori tessili italiani, quasi tutti del Sud. Produrre in Italia, tuttavia, costava troppo per Moncler – si parla di venti o trenta euro di più a unità, su un prodotto da vendere in negozio a non meno di ottocento euro  – che ha deciso, da un giorno all’altro di sospendere tutti contatti con i laboratori tessili italiani per andare all’estero: in Romania, in Armenia o addirittura in Transnistria, uno stato auto-proclamato facente parte del territorio della Moldavia, non riconosciuto dalle Nazioni Unite, di cui la maggior parte del mondo ignora perfino l’esistenza. Una regione dove produrre costa pochissimo a patto che sulle etichette risulti un “Made in Moldova” per evitare problemi con le autorità.

 

LEGGI ANCHE: Jobs Act: è braccio di ferro tra Matteo Renzi e Maurizio Landini

 

I TELESPETTATORI CONTRO MONCLER – L’inchiesta di Report tira le somme sui piumini Moncler, riempiti con piume d’oca che potrebbero non essere d’oca e che per giunta potrebbe provenire da allevamenti che non rispettano le norme igienico-sanitarie degli animali, giacconi prodotti all’estero e poi venduti in a un prezzo oltre venti volte superiore, mentre in Italia decine di laboratori tessili sono costretti a chiudere per mancanza di lavoro. E i commenti dei telespettatori non si fanno attendere:

 

 

FACEBOOK CONTRO MONCLER – Ma è sulla pagina Facebook ufficiale di Moncler che si scatena la vera bagarre: se su Twitter si discute principalmente delle eventuali ricadute che il servizio di Report possa avere non solo sulla reputazione del marchio ma anche sulle sue prestazioni in Borsa, gli utenti del social network blu hanno già dato il via alla crociata contro Moncler:  

Ogni post pubblicato recentemente dalla pagina è stato inondato di commenti indignati che gridano allo scandalo: c’è chi si preoccupa delle oche torturate per le loro piume, chi del mark-up stellare sul prezzo finale, chi osserva che si tratta di una truffa al Made in Italy:

 

(Photocredit copertina: Rai/Report)

La risposta di Moncler

Moncler, a seguito della trasmissione di Report di domenica 2 novembre, specifica che tutte le piume utilizzate in Azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell’ente europeo EDFA (European Down and Feather Association), e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi a tutela degli animali, come riportato dal Codice Etico Moncler (sezione Governance al punto 6.4). Tali fornitori sono ad oggi situati in Italia, Francia e Nord America. Non sussiste quindi alcun legame con le immagini forti mandate in onda riferite a allevatori, fornitori o aziende che operano in maniera impropria o illegale, e che sono state associate in maniera del tutto strumentale a Moncler.
Per quanto riguarda la produzione, Moncler conferma, come già ha comunicato inascoltata a Report, che produce in Italia e in Europa: in Italia quantità limitate, e in Europa nei luoghi deputati a sostenere la produzione di ingenti volumi con elevato know-how tecnico che garantisca la migliore qualità riconosciuta a Moncler dai consumatori.
Moncler non ha mai spostato la produzione come afferma il servizio, visto che da sempre produce anche in Est Europa. In Italia ha mantenuto collaborazioni efficienti con i migliori laboratori.
Per quanto riguarda i ricarichi, il costo del prodotto viene moltiplicato, come d’uso nel settore lusso, di un coefficiente pari a circa il 2,5 dall’azienda al negoziante, a copertura dei costi indiretti di gestione e distribuzione. Nei vari Paesi la distribuzione applica poi, in base al proprio mercato di riferimento, il ricarico in uso in quel mercato. È evidente quindi che le cifre menzionate nel servizio, che prendono in considerazione solo una piccola parte del costo complessivo del prodotto, sono del tutto inattendibili e fuorvianti.
L’azienda ha dato mandato ai propri legali di tutelarsi in tutte le sedi opportune.

Share this article