Sinodo della famiglia, Don Franco Barbero: “Papa Francesco volti pagina sui gay”

Sinodo della Famiglia, Papa Francesco aprirà domani l’assemblea straordinaria dei vescovi della cristianità che si occuperà dei temi della famiglia, della pastorale verso i divorziati risposati, delle difficoltà del Popolo dei credenti a creare e a mantenere una famiglia davanti alle sfide della modernità e che per la prima volta porterà dentro le mura del Vaticano un discorso esplicito sugli omosessuali nella Chiesa.

SINODO DELLA FAMIGLIA, GLI OMOSSESSUALI CREDENTI –  Il tema infatti sarà al centro della discussione di una delle Congregazioni Generali del Sinodo: salvo sorprese però, non ci si aspettano grandi aperture o mutazioni del tradizionale magistero cattolico. L’intento di Papa Francesco non è condurre la Chiesa verso una rottura o un cambiamento radicale, piuttosto discutere apertamente e con trasparenza dei temi. E però, ci dice Franco Barbero, alla riflessione del Sinodo mancherebbe proprio la voce degli omosessuali cattolici che non saranno ascoltati in prima persona; il documento preparatorio dei lavori inoltre è per alcuni spunti apprezzabile, ma in generale ribadirebbe quelle che per l’ex sacerdote cattolico sono delle vere e proprie “imbecillità teologiche“.

15 ANNI DI LAVORO CON I GAY CREDENTI – Don Franco Barbero è il fondatore e l’animatore della comunità di base di Pinerolo, presso Torino. Ordinato sacerdote nel 1963, è da sempre su posizioni radicalmente critiche nei confronti del magistero tradizionale, in particolare per la sua scelta di benedire l’amore di coppie omosessuali nel gruppo di preghiera “La Scala di Giacobbe“. Nel 2003 viene dimesso dallo stato clericale e ridotto al laicato per ordine di Giovanni Paolo II e successivamente si sposa. Lo abbiamo raggiunto via Skype nella sua casa di Pinerolo.

Domani si apre il sinodo della Famiglia: che augurio fa ai padri Sinodali?

Il sinodo rappresenta una buona occasione, ma non bisogna illudersi a priori. E’ un sinodo che mette in evidenza e in discussione gli atteggiamenti della Chiesa verso la sessualità, le donne, la struttura stessa della gerarchia. Dovrà accendere un fuoco, deve raccogliere gli stimoli che vengono dal popolo di Dio. In ogni caso ci vorrà del tempo, un sinodo da solo non può cambiare le cose, spero ci siano tante voci coraggiose che colgano i segni del presente.

Ci può raccontare che lavoro fate con gli omosessuali credenti?

Da almeno 51 anni sono quotidianamente in contatto con molti omosessuali e lesbiche credenti: 15 anni di storia di un gruppo che è partito dalla libertà, dalla documentazione, dall’accoglienza delle persone. Ed è diventato un segnale raccolto da altre realtà della chiesa: in questi anni continuiamo questo lavoro sapendo che siamo ancora una minoranza, ma la voce della Scala di Giacobbe trova molta accoglienza presso la riflessione teologica. Ci sono persone che sono liete del dono che Dio ha fatto a loro, che sia l’eterosessualità o l’omosessualità. Dobbiamo combattere perché finisca il nascondiglio, la paura, perché finisca quell’idea di un Dio che avrebbe voluto un modello solo di famiglia e di amore.

Don Franco Barbero
Don Franco Barbero

Il documento preparatorio del Sinodo però, nell’aprire la discussione anche sul tema dell’omosessualità nella Chiesa, ribadisce innanzitutto la linea consolidata del magistero. Leggo dall’Instrumentum Laboris: “Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”.

Questo linguaggio di “accoglienza con compassione e rispetto” è la più alta ipocrisia del magistero. Accogliere vuol dire smettere di discriminare: quando benedico l’amore omosessuale, non c’è alcuna differenza di qualità o di valore rispetto all’amore etero. Se amore è, lì c’è Dio. Se la gerarchia non ritratta quei documenti pieni di ignoranza, queste parole continueranno ad umiliare gli omosessuali. Essi hanno bisogno di essere accettati come sono. Serve una conversione strutturale e ideologica di queste imbecillità, oppure gli omosessuali devono iniziare ad alzare la voce e dire: noi non entriamo per la porta della compassione, ma dalla porta principale della Chiesa.

D’altronde in un altro passo si legge: “Nell’insieme, si ha l’impressione che le reazioni estreme nei confronti di queste unioni, sia di accondiscendenza che di intransigenza, non abbiano facilitato lo sviluppo di una pastorale efficace, fedele al Magistero e misericordiosa nei confronti delle persone interessate”.

Però bisogna dire che l’intransigenza è venuta dalla gerarchia. Qui qualcuno vuole dare un contentino a queste persone? E’ vero, ci sono sacerdoti che azzannano e poi ci sono quelli morbidi che usano questo linguaggio, c’è anche buona volontà. Ma è tempo di voltare pagina. E’ tempo di assumersi la responsabilità di una antropologia diversa. Il modello unico di famiglia è teologicamente assurdo. Bisogna porre teologicamente e approfonditamente le questioni vere: basta con le buone parole. Serve una ritrattazione da parte della Chiesa, bisogna dare la parola agli omosessuali e alle lesbiche perché è l’ascolto reciproco che ci guarisce.

AP Photo/Alessandra Tarantino
AP Photo/Alessandra Tarantino

Nonostante la sua dimissione dallo stato clericale si sente ancora dentro la Chiesa Cattolica, apostolica e romana?

Mi sento dentro la Chiesa Cattolica che non è quella romana, ma è quella universale. Io ho sempre detto: non mi portate via nemmeno con il Tir; perchè qui posso fare una bella rete di contatti, di relazioni e di lavoro. La romanità non mi interessa, voglio una Chiesa universale e accogliente, fatta della pratica di vita di Gesù che non ha escluso nessuno dall’amore di Dio. E mi sento in buonissima compagnia di milioni di omosessuali, di teologi, di teologhe nella grande carovana dei credenti e dei militanti per la libertà. Gli omosessuali non possono attendere, “la Chiesa è indietro di due secoli” diceva il cardinale Carlo Martini, io dico che è indietro almeno di quattro; dobbiamo avere il coraggio di trasgredire, dobbiamo porre dei passi per andare oltre, dobbiamo avere il coraggio di porre azioni di cambiamento. Io annuncio a tutti l’Eucarestia allo stesso modo, a me interessa che queste persone si amino: mi appartiene la gioia di vedere l’amore dentro queste persone.

Le piace papa Francesco?

Mi piace papa Francesco, non sembra venire dal freezer come era Papa Ratzinger, non ha una teologia imbalsamata, è più caldo. Lui ha scelto una vita semplice, su alcuni temi come quello del disarmo è molto più avanti degli stati o dell’Onu. Su questi temi è vivo, ma rimangono i grandi nodi teologici. Vedremo come la Chiesa saprà cogliere le nuove sorgenti di vita, le esperienze che la scienza e il mondo moderno possono regalare. Io lo aspetto fiducioso al varco dei problemi. Lui è vicino alla gente ma il cammino è ancora lungo.

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