True Detective, finalmente in Italia la serie capolavoro

03/10/2014 di Boris Sollazzo

E finalmente è arrivata. Stasera, su Sky Atlantic Hd (canale 110), in prima serata, arriva la miniserie che probabilmente ha consegnato al piccolo schermo una nuova rivoluzione. E, un po’ come è successo al mondo del videogioco, questo nuovo salto in avanti non va verso l’aspetto più commerciale e popolare della tv, ma verso l’aumento di qualità visiva e di scrittura nei suoi prodotti. True Detective, infatti, è per un pubblico selezionato ma vasto, quello che ama il racconto d’autore, che non si fa intimorire da dialoghi impegnativi, attori di altissimo livello (Matthew McConaughey e Woody Harrelson, perfetti insieme) che non hanno paura di impegnarsi fuori dal cinema. Lo spettatore di True Detective – sono talmente tanti che la rete ha crashato per gli scarichi illegali e non dell’ultima puntata della programmazione americiana – vuole una regia coerente e potente, una scrittura solida e ambiziosa. Ecco perché le 8 puntate hanno un solo sceneggiatore-showrunner (Nic Pizzolatto) e un unico regista (Cary Fukunaga).

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COSA DOBBIAMO ASPETTARCI – True Detective è un’opera sorprendente, perché rovescia il rapporto tra prodotto televisivo e pubblico. Il primo non è più accondiscendente verso il secondo. Anzi, lo sfida. Con due piani temporali – 1995 e 2012 -, con un’indagine durissima ed elaborata che porta lo spettatore dentro un processo intellettuale ed emotivo raramente trovato persino al cinema. La coppia di investigatori, di detective, ad esempio rompe gli schemi del “poliziesco”. Scordatevi il poliziotto buono e quello cattivo: qui ne abbiamo uno indifferente, cinico, insopportabile e un altro devastato dal proprio passato che l’ha portato a un passo dall’autodistruzione. Non sai quanto il percorso di True Detective riguardi il cadavere di Dora Lange (sarà lei la nuova Laura Palmer?) o i loro, morti che camminano, almeno sul piano umano e sentimentale. O forse no, perché è l’abisso che hanno dentro che ci trascina dentro questa miniserie, quella immedesimazione impossibile che ci scartavetra l’anima, nei nostri angoli più bui. Allo stesso tempo questo è grande cinema, in tv: la ricostruzione di un mondo, di una storia, di personaggi fortissimi è quella ambiziosa di chi vuole entrare in altri universi visivi e narrativi. Come i maestri della Settima Arte di un tempo.

LA VERA FORZA DI TRUE DETECTIVE – Il segreto della serie, che capirete fin dalle 21.10, è pero un altro. Il fatto che i meccanismi del thriller siano perfetti, che il ritratto del ricercato, in tutti i sensi, serial killer sia sconvolgente e incisivo, ci porta inizialmente altrove, soprattutto nelle prime tre puntate, compassate e calibrate per far aumentare la nostra attesa, da una parte, e sfidarci a rimanere dall’altra. Ci porta verso qualcosa che potremmo considerare solo un grande prodotto di genere. E invece, proprio perché quegli ingranaggi sono perfetti, capiamo solo alla fine che la risoluzione del caso che pesa sulle spalle dei nostri due antieroi è un grandioso dettaglio. Perché l’immensa innovazione, qui, è un ritorno al passato, a Alfred Hitchcock: la vera rivoluzione, il cambiamento, la scoperta avverrà nei protagonisti, nella visione che abbiamo di loro. Attraverso un successo, forse, ma a cui si paga un dazio enorme.
E tutto questo senza la furbizia di rivederli in una seconda serie che ci sarà e sfiderà tutti con una nuova coppia. True Detective mischia il meglio del cinema di Hitchcock e adepti con il moderno e migliore linguaggio televisivo e con la visione di un futuro che pretenderà sempre più qualità. Insomma, non perdetevi True Detective. L’unica cosa che potrebbe rovinarlo, in Italia, è il doppiaggio, con tutto il rispetto di Pino Insegno e Adriano Giannini. Sono così bravi Matthew e Woody che fa male saperli non in originale.

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