Papa Francesco il rottamatore e la vecchia guardia che non ci sta

Papa Francesco continua la sua rivoluzione in Vaticano, ma una parte del vecchio establishment della Curia romana sembra ancora molto affezionata all’idea di precisare, delimitare e depotenziare l’operato del pontefice argentino, sopratutto in vista dell’apertura dei lavori del Sinodo della Famiglia che partirà all’inizio di ottobre; uno snodo fondamentale della nuova pastorale familiare del Papa “venuto dalla fine del mondo”.

PAPA FRANCESCO E IL CASO WESOLOWSKI – L’occasione per prendere posizione sull’operato di Papa Francesco arriva dal caso dell’ex arcivescovo cattolico Joseph Wesolowski, ridotto allo stato laicale da anni e ieri arrestato dalla gendarmeria vaticana dopo il sospetto di un pericolo di fuga: l’accusa, pedofilia ai danni di sette bambini “pagati per prestazioni sessuali e filmati mentre si masturbavano”, riporta la Stampa. Il presule rischia sette anni di galera e l’estradizione, e il processo, vaticano, inizierà fra tre mesi.
Su Repubblica oggi interviene Joaquin Navarro Valls, già direttore della Sala Stampa Vaticana al tempo di Giovanni Paolo II, dimessosi durante il pontificato di Benedetto XVI e sostituito con l’attuale direttore Padre Federico Lombardi. Nel suo intervento il numerario dell’Opus Dei scrive con chiarezza mandando un messaggio ai lettori, ai cattolici, al mondo: “E’ giustissimo apprezzare la decisione di Papa Bergoglio ben sapendo però che essa è la logica conseguenza di atti avviati dai suoi predecessori”.

FRANCESCO, RATZINGER, WOJTILA – “Una linea di rigore giuridico che da vent’anni, ossia da quando si è saputo dei primi abusi, la Chiesa ha mantenuto contro la pedofilia”, scrive l’ex direttore della Sala Stampa, riportando alcuni esempi a sostegno: la decisione del 2001 di Giovanni Paolo II di “attribuire alla Congregazione per la Dottrina della Fede poteri speciali, tra cui l’incarico di indagare, valutare e sanzionare questi abusi gravissimi”, la scelta di “cambiare le norme del diritto canonico” per poter istruire la procedura per via amministrativa “anziché seguendo le antiche norme canoniche”; in ultimo, la linea rigorista di Benedetto XVI “finita nella famosa lettera pastorale del 2010 ai cattolici di Irlanda”. L’intenzione di Valls, confessata, è quella di inserire l’operato di Francesco nella solidità della via tracciata dai suoi predecessori, contro gli entusiasmi di chi lo proclama e lo ritiene un Papa di rottura rispetto alla via della Chiesa. Eppure, è difficile non vedere nell’intervento di Valls una rinnovata presa di posizione all’interno del fronte che si sta opponendo fermamente, o almeno sta tentando di fare da contraltare, alle rivoluzioni, vere e proprie, che Bergoglio sta portando fra le mura vaticane.

 

Navarrovalls

 

IL PAPA CHE NON SI FECE GIUDICARE – I fatti innanzitutto raccontano una verità diversa. I documenti e le azioni citate da Valls sono la Crimen Sollecitationis del 1962, la Sacramentorum sanctitatis tutela di Giovanni Paolo II applicato dalla De delictis Gravioribus di Benedetto XVI, allora Cardinal Joseph Ratzinger della Congregazione della Dottrina della Fede: documenti venuti in rilievo durante un processo del 2005 davanti alla Corte del Texas per fatti di pedofilia da parte di un sacerdote, in cui un professore di Diritto Canonico, teste giurato, affermò che “la lettera di Ratzinger ha esteso la giurisdizione ed il controllo della Chiesa sui crimini sessuali” e in cui Papa Benedetto XVI rifiutò di farsi giudicare invocando l’immunità diplomatica. Il che ovviamente non significa che il predecessore di Papa Francesco non abbia preso azioni decise nel contrasto alla pedofilia nel clero, tutto il contrario: eletto molto anziano come pontefice che sarebbe dovuto essere solo “di transizione” e di pensiero, ritenuto un Papa di comodo dagli ambienti più conservatori della Curia, Benedetto decise invece che non era possibile più tollerare gli scandali sessuali e finanziari del Vaticano e, dopo aver impostato una linea molto dura su entrambi, rinunciò al Pontificato ritenendo eccessivo il carico che gli si presentava ancora davanti.

RIVOLUZIONE FRANCESCO – L’elezione di Papa Francesco fu poi una sconfitta per quegli stessi ambienti di Curia; e ancor di più lo sono state le sue scelte di discontinuità, coraggiose, e rivoluzionarie. La vicenda Wesolowski non fa eccezione, e il primo a riconoscerlo è il cardinale De Paolis, membro della Cassazione Vaticana, sentito dalla Stampa: “Papa Francesco ha dimostrato che nel suo stato i crimini contro l’infanzia vengono puniti in modo esemplare. E’ la prima volta che il Vaticano attiva il suo codice per la pedofilia. Non bastava la riduzione allo stato laicale: la congregazione per la Dottrina della Fede non mette in prigione il colpevole, lo lascia impunito. Ad essere cancellate per sempre sono le garanzie dei chierici”. Ben diverso il tono di Navarro Valls, che, come abbiamo detto, ritiene siano “vent’anni” di una linea di rigore assoluto da parte della Chiesa. Come a dire, l’operato di Ratzinger e Wojtila già era molto, ora è di più, ma i presupposti già c’erano tutti. E invece, quella di Francesco è una vera e propria rottura: anche se il prelato sarà giudicato da un tribunale Vaticano, nulla imponeva a Papa Francesco di annunciare al mondo che Wesolowski è stato arrestato per suo diretto ordine. Tutto poteva svolgersi nel silenzio delle mura vaticane: e invece Francesco ha scelto la trasparenza.

 

(L to R) Dominican Foreign Minister Carl

 

DALLA PARTE DELLE VITTIME – “Un cambiamento di paradigma”, lo definisce il Cardinale Walter Kasper, il teologo che ha impostato i lavori del Sinodo della Famiglia; “la pedofilia è una lebbra, è come una messa nera”, ha detto Bergoglio: in passato, dice Kasper, “ci furono coperture perché c’era chi guardava all’istituzione e diceva: bisogna proteggere l’immagine della Chiesa. Ma la Chiesa si protegge solo scegliendo il punto di vista delle vittime”. Ecco, le vittime sono le grandi assenti nell’intervento di Valls – mai nominate – mentre si spende più di una parola su di un argomento apparentemente scollegato dalla vicenda Wesolowski: il celibato ecclesiastico. “Non emerge clinicamente nessun legame fra pedofilia e celibato”, dice Valls: e in una fase di grande riforma, di grande messa in discussione dei presupposti della Chiesa romana su famiglia, procreazione e affettività, è difficile non vedere una levata di scudi a priori nelle parole dell’ex direttore della Sala Stampa. Nessuno, sembra dire Valls, si senta autorizzato a sfruttare la vicenda Wesolowski per tornare a parlare di abolizione del celibato dei preti, questione su cui Papa Francesco ha già detto: “Troverò soluzioni”.

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