“Davide Bifolco era a terra morto e loro ridevano”

Continua a far discutere la morte del giovane Davide Bifolco, 17 anni ancora da compiere, ucciso dal proiettile di un carabiniere nella notte del 5 settembre, dopo un inseguimento per le vie di quartiere Traiano a Napoli. L’appuntato che lo ha ucciso, 22 anni, è accusato di omicidio colposo.

LE RICOSTRUZIONI – Sin da subito è infatti stata battaglia di ricostruzioni fra la famiglia e gli amici del giovane e i carabinieri. I primi accusano apertamente l’arma di omicidio, i secondi parlano di un errore. Il Mattino, quotidiano di Napoli, riassume la vicenda:

Secondo i militari la gazzella insegue il motorino lungo viale Traiano una prima volta senza riuscire a bloccarlo. Al secondo giro, quando i due veicoli sono arrivati quasi alla fine dello stradone che si congiunge con via Cinzia, Salvatore Triunfo tenta di sfuggire salendo sull’aiuola perimboccare una traversa. L’auto dei militari urta il motorino che era stato costretto a rallentare, i ragazzi cadono, i carabinieri aprono le portiere e si catapultano a piedi dietro ai fuggitivi. Uno insegue il presunto latitante, l’altro blocca Salvatore. Davide è a terra, sta alzandosi quando un proiettile partito accidentalmente dall’arma dell’appuntato lo raggiunge all’ascella sinistra, un po’più in alto del fianco.

Ma la famiglia non ci sta

L’auto dei militari, secondo questa versione, veniva da via Cinzia e ha speronato frontalmente la moto. I militari, in questo caso (al momento, però, la ricostruzione non è suffragata da alcun dato di fatto) avrebbero tentato di tagliare la strada ai ragazzi. Sulla scena, poi, non compare una sola moto, ma ci sono due o più veicoli: su quello guidato da Salvatore ci sono anche Davide ed un altro ragazzino del quartiere, Enzo. Non c’è, invece, Equabile. Ma soprattutto, secondo questa versione,il colpo non sarebbe partito accidentalmente perché tanti al rione Traino giurano di aver visto il carabiniere alzare il braccio e sparare.

In tutto questo rimane il dolore della madre: “Davide non lavorava. Viveva con i soldi che gli davo io, dal mio lavoro di cameriera. Lo Stato gli ha dato solo la morte”. E un testimone racconta un particolare agghiacciante, se vero: “Lui era a terra e loro ridevano”.

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