Il modello curdo, un’esperienza esemplare ignorata colpevolmente

06/09/2014 di Mazzetta

Non è facile capire cosa fanno e chi sono i curdi, un popolo diviso tra quattro stati e a lungo perseguitato, che ora si ritrova agli onori della cronaca per essersi erto a unico bastione efficace al dilagare degli uomini dello Stato Islamico, quelli che vogliono fare il califfato a cavallo tra Siria e Iraq.

Makhmur, southwest Arbil  (Photo credit should read AHMAD AL-RUBAYE/AFP/Getty Images)
Makhmur, a Sud-Ovest di Arbil (Photo credit should read AHMAD AL-RUBAYE/AFP/Getty Images)

IL SOGNO DEL KURDISTAN – I curdi sono un popolo, il popolo più numeroso del mondo senza uno stato. I curdi sono musulmani e no, in maggior parte sunniti, ma anche sciiti, e sono tenuti insieme da legami culturali e territoriali più che da religioni o ideologie, quei legami per i quali le loro tradizioni culturali e la loro lingua hanno resistito all’usura dei decenni che li hanno visti separati in quattro paesi e poi ad alimentare una robusta diaspora in Occidente, così come hanno resistito alle spesso brutali repressioni da parte dei regimi della regione e ancora prima a una serie di conquistatori più o meno di passaggio che hanno sempre impedito ai curdi di darsi uno stato e un governo indipendente.

LA REPUBBLICA DI MAHABAD – Uno dei momenti determinanti della storia moderna dei curdi cade tra il 1945 e il 1946, quando accanto alla repubblica dell’Azerbaijan iraniano, nasce la minuscola Repubblica di Mahabad (o Mahobad), dal nome della principale delle quattro cittadine che ne costituivano il territorio. L’esperienza è breve e favorita dall’occupazione sovietica, nel ’46 però Mosca onora gli impegni di Yalta, i suoi uomini tornano verso Nord e le due repubbliche svaniscono senza che ci sia bisogno d’impegnative campagne militari da parte del governo di Teheran, rimasto nella sfera d’influenza britannica e quindi occidentale.

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