Il Movimento 5 stelle e l’addio di Manuela Bottamedi: «Progetto fallito»

Vi ricordate la polemica sulle liste civiche trasversali lanciate da Manuela Bottamedi (oramai ex consigliere provinciale di Trento)? Ebbene, dopo il distacco del leader Beppe Grillo sul blog, ora è ufficiale: Bottamedi lascia il Movimento 5 stelle. Lo fa con un comunicato amaro, diffuso sui media, parlando di “fallimento” del progetto pentastellato in Trentino: «Un giorno di fine luglio ti alzi e scopri che, dal primo settembre, non sarai più la capogruppo del Movimento 5 Stelle in Consiglio provinciale. Chi l’ha deciso? 16 attivisti del Meetup, il 3% degli iscritti, che senza alcuna investitura democratica hanno deliberato su una materia che non gli compete». Gli attivisti però non ci stanno e punto per punto rilanciano in queste ore un “controcomunicato” diffuso adesso su Facebook dal loro rappresentante nazionale Riccardo Fraccaro.

 

m5s trenitno

 

LA VERSIONE DI BOTTAMEDI: «IO LIBERA SOTTO INSULTI E MINACCE» – Due giorni fa è arrivata la rottura locale. Bottamedi racconta un climax dentro il Movimento tutt’altro che sereno. «Da un anno, però – spiega in una nota – il Meetup è concentrato quasi esclusivamente su polemiche interne e, nelle assemblee che vengono convocate mensilmente, si parla solo in chiave critica dell’operato dei consiglieri, senza fornire alcun contributo costruttivo sulle tematiche oggetto del lavoro che stiamo svolgendo in Consiglio. In particolare, la sottoscritta è stata attaccata ferocemente sia sul Meetup, sia in Assemblea, sia su Facebook». I motivi? Li elenca lei stessa:

 

aver firmato il disegno di legge sulle quote rosa;
aver scritto sulla propria pagina Facebook di non gradire l’alleanza europea con Farage;
aver proposto al Meetup che alle elezioni comunali di Trento -qualora non si fosse raggiunto il numero minimo di candidati per presentare una lista a 5 stelle– si poteva pensare ad una lista civica in cui far confluire tutta la cittadinanza attiva e i gruppi politici che condividevano con noi temi e valori, anche al fine di dare maggior peso politico alla nostra azione;
non aver partecipato a due assemblee negli ultimi mesi.
Per queste ragioni sono diventata oggetto di incessanti e inutili polemiche, ma anche di minacce e insulti, che mi hanno progressivamente impedito di mantenere la giusta concentrazione e la necessaria serenità per affrontare il mio lavoro.

 

L’eletta nel Consiglio Provinciale appella gli attacchi pasdaran come «facironosi». «Credo sia una battaglia di leadership – ha replicato lei – nata per banalissimi motivi di potere, gelosia e invidia, fisiologicamente connaturata all’animo umano e per questo presente in tutte le forze politiche e in tutti i partiti, ma che nel Movimento 5 Stelle non ha freni, confini e paletti in quanto è un Movimento liquido, privo di una struttura e di una gerarchia. Anche lo stesso rapporto tra Movimento di Grillo e Meetup non è mai stato chiarito fino in fondo».

 

 

QUESTIONE CAPOGRUPPO – La (ex?) 5 stelle cita il caso Sardegna e la rissa fiorentina proprio per spiegare le enormi contraddizioni dentro il Movimento. «Ne consegue che la decisione assunta l’altro ieri da 16 attivisti all’assemblea del Meetup Trentino (ossia la rotazione annuale del capogruppo provinciale in seno al M5S Trentino, a partire dal primo settembre) è gravissima perché impone ai consiglieri una scelta che non ha alcun fondamento democratico e giuridico». Una “dittatura della minoranza” che «provoca una spaccatura insanabile all’interno del Gruppo consiliare, dal momento in cui il mio collega Degasperi “si è reso disponibile a fare quello che gli viene chiesto dal Meetup” (cito testualmente dal verbale dell’assemblea, pubblicato stamattina sul sito del Meetup)». Secondo Bottamedi la decisione su chi fosse capogruppo (tra due eletti) era già stata affrontata a novembre. «Chi riveste il ruolo di Segretario questore all’interno dell’Ufficio di Presidenza (e Degasperi è stato votato dal Consiglio per rivestire qual ruolo), non può contemporaneamente esercitare le funzioni di Capogruppo».

LA VERSIONE DEGLI ATTIVISTI: «NON RENDICONTAVA ED ERA ASSENTE» -Di altro avviso sono invece gli attivisti che in base ad un documento «concordato» in assemblea rispediscono le accuse al mittente. «Bottamedi si rifiuta di adempiere alla “rotazione semestrale del capogruppo” stabilita dal Codice di comportamento da lei firmato, affermando erroneamente che sono pochi attivisti a richiederla», spiegano in una lunga lettera diffusa sul Meetup. Punto per punto fano emergere le «accuse» sulla eletta. «Il Codice di comportamento – raccontano – prevede anche la “rendicontazione spese mensili per l’attività consiliare”, cosa che la consigliera si è finora rifiutata di pubblicare». Si cita l’assenza della rappresentante nei mu e una «forte resistenza della consigliera a mettersi in discussione». Eppure, come spiega l’eletta stessa nella nota la situazione pare differente: «Io non mi sono mai sottratta al confronto, ho subìto due Assemblee in cui mi si processava per le quote rosa e per Farage, ma non me ne sono andata sbattendo la porta come sarebbe stato logico fare. Ho chiarito, ho risposto alle critiche, ho difeso con passione le mie ragioni». E ancora: «Non ho partecipato a quell’Assemblea perché l’ordine del giorno non era consono e aderente ai poteri e alle funzioni del Meetup, che sono ben altri. Ho cercato in tutti i modi di parlare con l’organizer del Meetup, Cristiano Zanella, i giorni antecedenti all’assemblea, ma senza risultati. Zanella, disponibile a parole, non si è mai presentato all’incontro». Contrasto con la base? Quello che emerge nel documento dei militanti sono sopratutto gli ostacoli con il “programma” nazionale:

 

Bottamedi ha firmato un disegno di legge (DDL Maestri sulle quote rosa) in palese contrasto con la linea portata avanti a livello nazionale e senza un confronto con la base locale, espressasi in maniera critica. Il Meetup le aveva proposto di votare pure a favore della legge (libertà di pensiero), ma di non contribuire a far nascere un DDL a nome M5S. La consigliera ha rifiutato, abdicando così al proprio ruolo di “portavoce”.

 

e ancora…

 

In netta contraddizione con il programma nazionale e quello provinciale che prevedono l’azzeramento dei contributi alle scuole private, Bottamedi ha dichiarato che “vanno finanziate solo quelle che (…) gestiscono in modo trasparente i soldi pubblici e posseggono uno standard qualitativo pari o superiore alla scuola pubblica”. Ciò contrasta con il Codice di comportamento, secondo cui “l’’obiettivo principale dei consiglieri eletti è l’attuazione del Programma depositato insieme alla lista”.

 

infine…

 

Nel suo comunicato, Bottamedi fa riferimento a percentuali esigue di attivisti che criticano il suo operato. Smentisce così il principio cardine della democrazia diretta (uno vale uno, chi partecipa decide, quorum zero) nonché il modus operandi del Meetup – piattaforma di confronto online e di persona, dove da sempre le assemblee decidono a maggioranza indipendentemente dal numero dei presenti – con il quale lei stessa ha lavorato negli ultimi due anni.

 

«CONVINTA CHE NON FOSSE MOVIMENTO DAL PENSIERO UNICO» – Chi avrà ragione? I militanti stessi invitano la consigliera ad un «confronto di persona». «Confidiamo – hanno concluso – che anche Bottamedi non voglia che il M5S diventi, come è il caso di altri gruppi politici, il Movimento del promettere una cosa in campagna elettorale e poi fare il contrario una volta eletti». Ma la rottura sembra ancora insanabile. Bottamedi, spiega, di aver fatto tutto «senza pretendere di convincere nessuno, e senza pretendere che fossero le più giuste in assoluto». «Nella convinzione – ha concluso l’eletta – che il Movimento 5 Stelle non fosse il Movimento del Pensiero Unico, bensì il Movimento del Pluralismo e della Pluralità di Voci. Forse sbagliavo. Ora lo verificheremo».

(Copertina. La eletta provinciale con il deputato M5S Fraccaro. Manuela Bottamedi Fb)

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