L’Aquila: la «cricca» delle chiese e le tangenti per la ricostruzione

18/06/2014 di Alberto Sofia

L’ultimo affare erano i fondi per il recupero delle chiese dell’Aquila, distrutte dal terremoto del 2009. Per mettere le mani sugli appalti milionari, aggirando le regole, per poi incassare le tangenti, il vicecommissario alla ricostruzione ed ex numero due di Guido Bertolaso, Luciano Marchetti – finito ieri ai domiciliari, insieme a una funzionaria del Mibac e a tre imprenditori, accusati di far parte della nuova “cricca” aquilana – puntava a ottenere alcune modifiche normative. Serviva un decreto che permettesse alle diocesi abruzzesi di bandire le gare e gestire tutto in maniera diretta, trasformandosi in “soggetti attuatori”. In modo da rendere tutto meno complicato, tagliando fuori il ministero e le sue articolazioni dalla partita. Per questo Marchetti aveva sfruttato le pressioni dei vescovi, arrivate fino alla scrivania della presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso le lettere di monsignor Giovanni D’Ercole (non indagato, quindi, si presume, non a conoscenza del sistema illecito). Prima di essere cestinate dall’allora premier Enrico Letta.

 

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LA CRICCA DELLE CHIESE A L’AQUILA –  Mentre il centro storico del capoluogo abruzzese resta ancora oggi deserto, tra puntelli e transenne, le mire della corruzione avevano così puntato anche i fondi per il recupero dei beni culturali ed ecclesiastici. Chi, come Marchetti, era stato incaricato dallo Stato per gestire la ricostruzione del patrimonio monumentale aquilano, secondo i pm in realtà si adoperava per avvantaggiare alcune ditte e per il proprio tornaconto. In cambio del suo «appoggio», le aziende dovevano pagare consulenze al figlio Filippo o pagare alla sua segretaria, Alessandra Marchetti (anche lei arrestata), mazzette dell’1% rispetto al valore dell’appalto.  Una cifra ingente, dato che alcuni lavori di ricostruzione sono arrivati a sfiorare i 20 milioni di euro, come quello per il recupero di Santa Maria Paganica. Per accaparrarselo, la “cricca” aveva anche sfruttato l’incapacità e la malattia del parroco locale, ormai non più lucido e vicino alla morte. Così Nunzio Massimo Vinci – uno dei tre imprenditori coinvolti -, si era fatto firmare un atto che gli consentiva di aggiudicarsi i lavori, come è stato poi ricostruito attraverso un’intercettazione.

 

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TUTTI GLI AFFARI – Non era l’unico affare. C’era anche il recupero della chiesa Anime Sante, finanziato dal governo francese, per un valore di 7 milioni di euro. In questo caso, l’ex vicecommissario Marchetti si era addirittura nominato “direttore dei lavori”, poco prima di lasciare l’incarico di vice-commissario, nel dicembre 2011. Senza dimenticare i 4,9 milioni di euro per la struttura di San Silvestro e i quasi dieci milioni per la chiesa-teatro di Sant’Agostino, come ha ricordato la Stampa. O il mega-affare da 31 milioni di euro del restauro del castello cinquecentesco. Un business bloccato però dalle normative in vigore sul restauro dei monumenti.

LE LETTERE DI MONSIGNOR GIOVANNI D’ERCOLE – Per questo motivo Marchetti aveva tentato – senza riuscirci – di ottenere le modifiche necessarie, attraverso il pressing di monsignor Giovanni D’Ercole. Un alto prelato che non ha mai disdegnato le frequentazioni politiche, come ha ricordato il Fatto Quotidiano. Nonostante la contrarietà dell’arcivescovo dell’Aquila – secondo cui la diocesi locale non era «all’altezza di poter diventare soggetto attuatore» e gestire le gare in autonomia – , D’Ercole aveva inviato (invano) lettere sia all’ex premier Enrico Letta che allo zio forzista Gianni. Tutto per spingere un cambio delle leggi. «Se fanno ‘sta cosa, con Marchetti facciamo bingo!», aveva commentato Vinci, intercettato dagli inquirenti con Alessandra Mancinelli. Il motivo? Per gli inquirenti Marchetti puntava a far ottenere l’appalto allo stesso imprenditore, tramite trattativa diretta. Per questo motivo lo stesso Vinci consegnò al vicecommissario una prima tranche da 10mila euro, poi girata alla segretaria, considerata dai pm la sua referente.

LE TANGENTI – Tutto filmato dagli investigatori. Un video mostra infatti la consegna del denaro, dopo un incontro avvenuto al ristorante «La nuova fattoria» di Carsoli (L’Aquila). Nell’automobile di Mancinelli, fermata per un controllo dalla Finanza al casello di L’Aquila ovest, fu trovato il denaro contante . Soltanto un anticipo della tangente da 190mila euro (l’equivalente della “tariffa” dell’1%) per i lavori della chiesa di Santa Maria Paganica.

Nell’inchiesta, oltre ai cinque arrestati, ci sono anche altri dodici indagati, compresi funzionari pubblici, tecnici e imprenditori. Diversi i reati contestati: dalla corruzione aggravata, alla falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, ma anche falso, turbativa d’asta, millantato credito ed emissione e utilizzo di fatture inesistenti. Sono state effettuate venticinque perquisizioni, tra L’Aquila, Avezzano, Roma, Bologna, Pescara, Rieti e Chieti. Tutto mentre la ricostruzione del centro storico del capoluogo abruzzese, a distanza di cinque anni dal sisma, continua ad arrancare.

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