La Roma e quel cardinale amico dei pedofili

22/09/2011 di Niccolo' Carosio

DiBenedetto, nuovo proprietario della società giallorossa, è in stretti rapporti con Bernard Francis Law. Un nome ‘famigerato’ negli scandali degli abusi dei preti

La storia sta facendo il giro dei media sportivi romani, e oggi a parlarne è David Gramiccioli su RadioIes, che pubblica un intervento di un capotifoso giallorosso:

Approfitto di questa trasmissione per comunicare la mia personalissima posizione rispetto al signor Thomas DiBenedetto che fra qualche giorno verrà ufficialmente investito del ruolo di presidente della AS Roma 1927. Scelgo questa trasmissione per un motivo che va oltre la fratellanza che mi lega a te, David, per quell’atto di profonda condivisione sul fronte comune di combattere l’infamia assoluta della pedofilia. Com’era prevedibile qualcuno vorrebbe strumentalizzare il mio nome e condizionarlo alla sola mia esperienza da stadio, una pagina bellissima di oltre 40 anni che si rinnova ogni volta che gioca la Roma. Questa mia legittima richiesta riprende quel ruolo di direttore artistico che ha avuto e che ho nella commedia teatrale “Ultima missione: destinazione inferno”, atto di denuncia assoluta contro la pedofilia. Concludo sottolineando che la mia decisione di non andare più allo stadio a vedere la Roma finchè il presidente DiBenedetto non farà chiarezza sulla vicenda-Law è una decisione assolutamente personale. Se DiBenedetto tenesse ancora un rapporto di amicizia con il cardinale Law non solo non è degno di essere il presidente della Roma ma soprattutto non potrebbe mai parlare in nome di questa città e delle sue persone. Mamma Roma ha sempre amato e difeso i suoi bambini.

La storia corrisponde al vero: già il 30 marzo era finita sui giornali la notizia di un incontro tra DiBenedetto e Law, che è stato eletto, il 27 maggio del 2004,  Arciprete della Patriarcale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore a Roma.

CHI E’ BERNARD LAW – Chiamato in qualche video su internet con humour nero “il santo protettore dei pedofili”, Law è una vecchia conoscenza dello scandalo dei preti pedofili. Una sua stringata biografia su Wikipedia ci informa che

È stato ordinato presbitero il 21 maggio 1961, nominato vescovo di Springfield-Cape Girardeau il 22 ottobre 1973 e innalzato alla dignità cardinalizia nel concistoro del 25 maggio 1985. È stato arcivescovo metropolita di Boston dall’ 11 gennaio 1984 al 13 dicembre 2002. […] Attualmente è membro della Pontificio Consiglio per la Famiglia, della Congregazione per il Clero, della Congregazione per i Vescovi, della Congregazione per le Chiese Orientali, della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, della Congregazione per l’Educazione Cattolica, della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli.

Ma sarebbe riduttivo adattare il suo ruolo soltanto alle cariche pubbliche. Perché le sue responsabilità storiche nello scandalo dei preti pedofili negli Usa sono molto maggiori.

LE AMMISSIONI – Nella primavera del 2001 Law ha ammesso in una deposizione di essere consapevole che un prete sotto la sua responsabilità, John Geoghan, aveva violentato almeno sette ragazzi dal 1984. E nonostante ciò aveva approvato il trasferimento di Geoghan ad un’altra parrocchia, dove sarebbe stato a contatto con altri ragazzi. Altri documenti hanno rivelato che Law conosceva e aveva ignorato decenni di abusi sui minori di cui si era reso colpevole il prete Paul Shanley, dando allo stesso incarichi in cui si sarebbe trovato a contatto con altri bambini. Durante la sua permanenza in carica, ha scritto Slate qualche tempo fa, Durante la sua permanenza in carica, Law sembrava voler riservare la sua più calda simpatia ai violentatori, e ha tenuto in scarsa considerazione le vittime. Ha mentito ad un collega della West Coast su Shanley. Ha firmato un documento che attestava che il noto sacerdote molestatore Redmond Raux, non aveva “nulla nel suo background” che lo rendesse “inadatto a lavorare con i bambini.” La sua arcidiocesi ha dato avoro a due sacerdoti, uno dei quali era noto per aver molestato i ragazzi mentre l’altro aveva fornito della cocaina ad un giovane amante.

IL PROCESSO – Nel 2002 la sua deposizione al processo era stata raccontata dal Corriere della Sera con parole agghiaccianti, in cui si raccontava delle lettere che i parrocchiani avevano inviato per avvertirlo:

La prima lettera salta fuori subito, come un asso dalla manica dei legali. E’ del settembre 1984. Marge Gallant, una parrocchiana spaventata, scrive al cardinale, denunciando le attenzioni di Geoghan verso il suo nipotino. Law, che ha appena preso possesso dell’ arcidiocesi, a quel tempo le risponde: «La materia delle sue preoccupazioni è stata investigata. Saranno adottate appropriate decisioni pastorali». Ma ora non sa cosa dire davanti a quei fogli di carta, fonte di prova numero 225. Il vescovo D’ Arcy manda a Law una lettera, sconsigliandogli di affidare incarichi a padre John. Ma il cardinale, oggi, non ricorda neppure quella. «Sapevo però del coinvolgimento sessuale di Geoghan con ragazzi, visto che era stato trasferito da una sede all’ altra. Ma, l’ ho detto, mi fidavo del parere dei medici». Nell’ 89, Law scrive all’ orco della sua Arcidiocesi, dopo averlo appena riassegnato alla sua vecchia parrocchia: «Sono sicuro che renderai ancora un buon servizio sacerdotale alla gente di Saint Julia». E persino nel ‘ 96, quando Geoghan infine lascia la Chiesa schiacciato ormai da centinaia di accuse, gli spedisce un biglietto: «Hai avuto una efficace vita di ministero, tristemente danneggiata dalla malattia. Dio ti benedica, John». E’ pietà cristiana, sì. Ma, per i legali, quelle carte sono soprattutto una prova di negligenza o d’ omertà. E per Mark Keane, l’ unica delle 86 vittime ammesse all’ udienza in rappresentanza di tutte le altre, la deposizione è uno schiaffo: «Il cardinale soffre di amnesie selettive». Law sapeva della «malattia» di Geoghan, ma s’ è limitato a trasferirlo, sempre a contatto con i bambini, con i chierichetti. «Ha messo il lupo sempre in mezzo a un nuovo gregge», mormorano i fedeli che, per due terzi ormai, chiedono le sue dimissioni. Arriva in clergyman il cardinale, poco prima delle nove, davanti al tribunale civile in Devonshire street, nel cuore di Boston. Pallido, tirato, muto. Scortato dagli agenti della sicurezza che tengono lontana la stampa.

LE SCUSE – Come si è difeso dalle accuse il Cardinale? Dicendo che le schede sui sacerdoti non riportavano le molestie, che non era sua la responsabilità di controllare i curricula dei sacerdoti, che alcune accuse erano ritenute poco credibili dai medici. Nel 2005 la sua “promozione” nella Capitale venne stigmatizzata dal New York Times:

“E’ un altro esempio del gap tra come vede le cose il Vaticano e come le vede la Chiesa americana”, ha commentato al quotidiano Usa il gesuita Keith Pecklers, docente all’Università Gregoriana a Roma. “Una scelta – ha aggiunto – che può riaprire ferite che avevano appena cominciato a rimarginarsi”.

Il Nyt non si limita a sottolineare la discutibile parabola di monsignor Law, ma ricorda come una volta arrivato a Roma dopo il fango piovutogli addosso in America, il Vaticano lo ha accolto a braccia aperte, concedendogli anche una sontuosa residenza, oltre che un incarico di prestigio per quanto onorifico. Del resto Law, sottolinea il quotidiano, agli occhi della Santa Sede prima ancora che un cardinale accusato di aver tollerato la presenza di sacerdoti pedofili nella sua diocesi, è un potente kingmaker negli equilibri interni della Chiesa e il Vaticano in passato lo ha sempre accontentato nelle sue richieste. E adesso? Il vecchio cuore giallorosso perdonerà anche questo?

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