La mummia meglio conservata è una bimba italiana di due anni

Si chiama Rosalia ed è morta nel 1920. La sorella: “Basta sfruttare il suo cadavere”

Scrive la Stampa che

Una malattia misteriosa la consumò nel giro di una settimana, lei che era la cocca di casa, con le guance di pesca e i riccioli sempre raccolti in nastri colorati. Adesso Rosalia, la bambina morta a nemmeno due anni nel 1920, oggi diventata la mummia meglio conservata del mondo in quelle catacombe dei Cappuccini che sono una sfida titanica alla morte e ai suoi sfregi, riposerà in una culla hi-tech di vetro e acciaio. Una capsula avveniristica satura di azoto per distruggere i microrganismi, brevettata per mantenere al suo interno venti gradi di temperatura e il 65 per cento di umidità: il secondo «lettino eterno» realizzato al mondo per una mummia umida (cioè ancora piena di liquidi) dopo quella di Otzi, l’uomo preistorico di Bolzano.

Ma ai parenti, a quanto pare, tutto questo non piace:

Per i parenti quella è la salma di un congiunto («Rosalia fa parte della nostra famiglia e il fatto che il suo corpo sia stato imbalsamato per volere di mio padre non esime nessuno a doverle il rispetto che si deve a chiunque sia morto», dice la sorella), per gli scienziati parte di una collezione tutelata dalla Soprintendenza come bene etno-antropologico. Sullo sfondo, la guerra per i diritti sull’immagine della bambina, che – rimasta decenni a dormire nell’ombra, riprodotta timidamente su cartoline fatte stampare dai frati – è salita adesso, grazie ai nuovi studi, sulla ribalta internazionale.

E anche sui blog si protesta:

Accuse che rimbalzano sui blog, che si nutrono di opposte testimonianze, e che riguardano anche presunte manomissioni del corpicino. «Rosalia – dice la nipote – all’inizio aveva un abito blu, ciuffetti raccolti in due fiocchi azzurri, i calzettoni bianchi, la vestì mia nonna in persona. Poi l’abbiamo vista con un vestitino rosa pesca, poi di nuovo blu, con un fiocco giallo e senza alcun fiocco. Ma quante volte è stata aperta la sua bara?». I registri, in realtà, parlano soltanto della rottura del vetro negli Anni Sessanta, e anche anziani testimoni sono pronti a giurare che niente è cambiato in quasi un secolo.

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