L’Islam, il sacro e l’Occidente: intervista a Pietrangelo Buttafuoco

Pietrangelo Buttafuoco, giornalista, scrittore, polemista. In Cabaret Voltaire, il suo ultimo libro, edito Bompiani è, diciamo, ambidestro. Oggi è Presidente del Teatro Stabile della città du liotru. Lo abbiamo avvicinato.

«Buttafuoco le vogliamo chiedere molte cose. Partiamo subito in medias res. Ci dica, a proposito del suo ultimo libro: il capitolo su Khomeini è un regalo a Ferrara?». «Tutto il libro è un omaggio a Giuliano Ferrara. Sono maturato professionalmente con lui e sempre all’insegna della libertà di pensiero e con la complicità di un’amicizia che non ha mai reclamato obbedienze». «Il suo libro è molto complicato. C’è molto, forse troppo da un punto di vista delle idee, delle provocazioni, degli spunti di riflessione. Ed è complicato nella forma. Un po’ barocca. Non pensa di essere troppo elitario e di rinchiudersi in piccole conversazioni private? Chi è il suo destinatario? Chi vorrebbe le rispondesse?». «Viste le vendite non può considerarsi elitario. Riguardo al barocco non è un peccato. E le conversazioni private, suvvia, sono sempre piacevoli. Il destinatario è il lettore. Quello che accompagna il mio mestiere da sempre». «Molte cose del suo libro sono condivisibili, almeno sul piano della proposta di dibattito, eppure il dubbio, che nasce con Voltaire e con Rousseau, non pensa sia un patrimonio dell’umanità. Non pensa che sia alla base di quel procedere dialettico del pensiero che è poi la stessa fonte da cui lei, col suo libro, attinge? Non pensa che sia alla base di un pensiero che non sia affetto da comparativi di maggioranza? Non le sembra quindi di esagerare nel dire che è tutta colpa di Voltaire?». «Il dubbio non nasce con Voltaire né con Rousseau. A forza di pensare all’umanità abbiamo perso di vista la civiltà, quella che con l’Ellade ci educa alla potenza del logos. La dialettica, se è possibile un’obiezione alla domanda, non nasce certo così tardi nella storia. O dobbiamo mettere da parte Eraclito l’Oscuro per dare visibilità maggiore ai Lumi? Il dubbio appartiene al credente, solo il Demonio non ne gode. Sa da dove viene e sa cosa incombe su di lui».

IL GOLGOTA LAICO«Lei denuncia l’Occidente per aver smarrito la spiritualità. Il radicalismo, a destra come a sinistra, finisce con lo svuotare la cultura di un alveo di presupposti saldi cui ricondursi o da cui partire. Ma è proprio sicuro che sotto la rappresentanza mal rappresentata politicamente, e forse, sempre meno rappresentata intellettualmente, la gente comune non abbia valori spirituali? È proprio sicuro che quelle tradizioni ancestrali non rappresentino già il porto in cui le anime si rifugiano? Non pensa che, sotto sotto, siamo più islamici di quanto possa sembrare?». «Veramente in Cabaret Voltaire dico proprio questo. Prova ne sia che le processioni della Settimana Santa sono una più che prova della vivificante spiritualità del popolo. A maggior ragione nelle terre del Mediterraneo». «Oggi il Golgota potrebbe essere rappresentato dall’Africa, dal sacrificio di quelle genti mal organizzate, mal governate, vessate da un sistema di sviluppo mondiale che le ghettizza. Dal sacrificio di missionari che gli dedicano la loro vita. Oggi il Golgota è rappresentato da quelle persone che si dedicano con passione e sacrificio a quello che fanno, con senso di responsabilità civile». «Non pensa che il Golgota oggi sia più laico che religioso? Sia indipendente dalla spiritualità? Non pensa che possa esistere una società che sia più salda nei principi ma che al contempo sia, ad esempio, di stampo protestante?». «Il Golgota è solo Cristo».

LE OPPORTUNITÀ OFFERTE DALLA CRISI«Lei è molto critico rispetto all’omologazione culturale indotta dall’ordine dell’Occidente. Dal consumismo fine a sé stesso. Bush dopo l’11 Settembre coagulò l’Occidente contro l’islam. Oggi l’Occidente cerca di coagularsi nei confronti della stagnazione dell’economia mondiale. Come vede questa crisi dal punto di vista dei rapporti sociali globali? Pensa che avere meno piccioli sia positivo per ritrovarsi? Per riconsiderare il valore delle cose, il senso delle alternative? Oppure pensa che sia uno strumento per coagulare l’Occidente, quindi solo una parte, attorno al proprio egoistico turbo-benessere. «Penso che il denaro debba provenire solo dal lavoro e non dalle speculazioni. E non dall’usura. E neppure dal gioco del lotto. Questo penso. Dopodiché non credo che sia l’economia a determinare la vita degli uomini, bensì il mistero che sottende la nostra storia». «Prima di cambiare argomento, un attimo di ristoro. Si beva un sorso di vino, qual è il suo preferito?». «Lo champagne».

SICILIA, PALCOSCENICI E SALUTI«Cambiamo argomento, il cartellone del Teatro Stabile di Catania è molto bello. Complimenti. Come si trova in questo ruolo? Cos’è per lei il Teatro, dal punto di vista sociale?». «Dal punto di vista sociale non saprei, dal punto di vista dell’arte e solo da questo punto di vista, il tempio di rigenerazione e di catarsi. Così come venne stabilito dai nostri antenati». «Ho notato che ci sono molti big. Attori e registi importanti e di grande tradizione. Due su tutti, Emma Dante ed Eros Pagni. I siciliani sono dei buoni fruitori del (uso una brutta parola) prodotto teatro?». «Ci sono anche i fuoriclasse dello Stabile e poi ospiti come Vincenzo Pirrotta, insuperato interprete del Ciclopu di Euripide tradotto da Luigi Pirandello e un regista di puro genio come Giampiero Borgia che ha firmato “La storia del comunismo spiegata ai malati di mente” di Matei Visniec. Ne cito due senza fare torto all’eccellente infornata di questa stagione». «Non pensa, ad esempio, che si debba ripartire da spettacoli in cui si privilegi la sperimentazione e l’entusiasmo di nuovi registi piuttosto che puntare sui nomi spesso prelevati dalla TV che garantiscono sugli incassi al botteghino?». «Come sopra. Non vengono dalla tivù». «Avevamo pattuito 10 domande. Lo so, ho barato articolando ciascuna questione con più domande. Avrei molte altre cose da chiederle, ma spero sarà per un’altra volta. Congediamoci». «La prego, dia un voto a questa intervista. E ci lasci con una espressione in catanese!». «Non so dare voti. Sabbenedica».

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