Meglio tassare la droga che il risparmio

Il Jobs Act di Matteo Renzi è stato presentato all’opinione pubblica mentre in Italia ferve il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere. In entrambi i casi si nota la consueta subalternità culturale: il nome inglese per dare più forza ad un programma vago, e l’estero come modello da seguire per un paese drammaticamente indietro sulle libertà individuali come il nostro. La contiguità tra i due temi, invero molto distanti come possono esserlo un piano per combattere la disoccupazione e la depenalizzazione completa della cannabis, si può riscontrare nella più evidente lacuna del Jobs Act, le risorse finanziare. Il programma renziano sul lavoro renziano è  un condivisibile in alcuni punti, molto vago in altri, elenco di cose da fare nel caso ci fossero risorse disponibili per realizzarlo. Visto che al momento la crisi fiscale conclamata italiana, che in realtà precede la stessa doppia recessione degli ultimi anni, è sempre più acuta, il Jobs Act rimane poco più che un libro di intenti, buono per esser forse speso per una campagna elettorale nel breve periodo.

Tra le righe dei punti indicati dallo stesso Renzi si intravede però una pericolosa suggestione per recuperare le risorse, ovvero un significativo aumento della pressione fiscale sui risparmi degli italiani. La chiusa finale sulla vasta ricchezza patrimoniale del nostro paese rappresenta un’ulteriore preoccupazione. Il nostro paese appare aver bisogno di tutto, tranne che di aumentare il prelievo per finanziare nuove misure di spesa, anche molto condivisibili, sulla carta, come un assegno di disoccupazione che valga per tutti. Rimodulare la pressione fiscale tra capitale e lavoro potrebbero essere sensato, ma se di vera rimodulazione si tratta, ciò non garantirà affatto nuove risorse capaci di garantire coperture alle varie spese previste dal Jobs Act.

Matteo Renzi ha sostanzialmente bocciato la prospettiva di una depenalizzazione della cannabis condivisa da alcuni settori minoritari del Partito Democratico. Rispetto ad un aumento della pressione fiscale sul risparmio sarebbe però nettamente preferibile introdurre un’imposizione tributaria delle sole droghe leggere. Gli importi sarebbero sicuramente molto diversi, ma una tassa sulla marijuana di Stato avrebbe effetti economici solo positivi, ben diversi rispetto ad un nuovo inasprimento delle tasse sul risparmio degli italiani. Il nostro paese continua ad invecchiare, e la sua dinamica demografica, unita alla scarsa produttività del sistema economico, rendono sempre molto fragili i suoi equilibri di bilancio. Ecco perché pensare, laicamente, a nuove fonti di gettito fiscale è esercizio, anche solo intellettuale, più utile di suggerire inquietanti interventi sui quasi 4 miliardi di ricchezza finanziaria dei nostri connazionali.

Share this article