Il governo frena per la rete unica controllata da Tim

Il governo Draghi si distanzia dai piani originari del governo Conte, che avrebbe voluto la rete unica nazionale sotto il controllo di Tim

19/03/2021 di Ilaria Roncone

Ecco che si presenta una delle prime differenze nette tra l’esecutivo di Draghi e quello di Conte. Se l’ex premier aveva in mente un piano ben preciso con una rete Internet unica sotto controllo proprietario di Tim, Vittorio Colao (ministro per l’Innovazione tecnologica e la Digitalizzazione) e Giancarlo Giorgetti (ministro per lo Sviluppo Economico in quota Lega) hanno piani diversi. Tutto è partito dal fatto che ieri mattina in Parlamento Colao non ha speso parole in difesa dell’idea di Conte e di Gualtieri. Al contrario, Colao ha scelto di candidare lo Stato – ovvero la Cassa Depositi e Prestiti – per ottenere un ruolo di rilievo nel processo di cablatura del paese.

LEGGI ANCHE >>> Italia digitale secondo il ministro della Transizione: Colao oggi e Colao ieri

Tutti (o quasi) per la rete unica nazionalizzata

L’infrastruttura di rete unitaria e ultraveloce dovrebbe essere completata entro il 2026 secondo quanto prevede Colao. Già mercoledì Giorgetti aveva detto no all’ipotesi di concedere a Tim il 51% della nuova rete, escludendo in maniera categorica la ricostruzione di un monopolio privato della rete sotto controllo di società con azionisti a maggioranza straniera (come Tim, appunto, che viene gestita dalla Vivendi – multinazionale francese – per il 23,75%).  Giorgetti – come riporta Repubblica – fa capo a un movimento che desidera che la rete Internet torni in mano allo Stato tramite Cassa Depositi e Prestiti.

Di questo gruppo fanno parte più fazioni per la nazionalizzazione della rete Internet: la maggior parte dei grillini, Fratelli d’Italia e alcuni esponenti influenti del Pd. Anche Forza Italia gioca un ruolo importante considerata l’aperta ostilità nei confronti di Vivendi, che è in rotta di collisione con i Berlusconi da diversi mesi. Proprio per questo anche FI è ostile a Tim e al suo controllo proprietario della rete unica nazionale.

L’obiettivo fibra nelle aree bianche

Quando si parla di aree bianche si intendono quelle zone poco popolate in cui nessuna azienda privata sceglie di investire per portare la fibra visti i costi e la resa. Open Fiber – controllata per metà da Enel e per metà da Cassa Depositi e Prestiti – ha vinto le gare pubbliche per dotare di fibra queste zone (riuscendo a raggiungere 3 milioni di abitazioni). L’operatore di infrastrutture opera affittando le sue infrastrutture a operatori che vendono abbonamenti ai clienti finali ma – in data 15 marzo – sono stati contati attivi su rete Open Fiber solamente poco più di 21 mila clienti. L’idea sarebbe quella di prevedere un investimento di 200 milioni da parte dello stato per finanziare le imprese appaltatrici che materialmente scavano i cunicoli per la fibra.

Share this article