Cara Virginia Raggi sei il sindaco dei 7 colli, non dei 5 stelle

04/08/2016 di Boris Sollazzo

Cara Virginia Raggi le scrivo, così mi distraggo un po’ da notizie che non mi piacciono granché (le do del lei, anche se abbiamo fatto l’università insieme, perché un primo cittadino merita rispetto). Anzi, per la precisione da “non notizie”: perché la psicosi che vi spinge a tenere giornali e giornalisti fuori dal Campidoglio, per farci entrare smartphone e iPad per le dirette-monologhi Facebook di sindaco e assessori, ci impedisce anche un confronto con lei in una banale conferenza stampa. Sono costretto a intravedere nei suoi scarni tweet qualche atto della sua amministrazione.

Ma in fondo non importa: in tutta onestà è estate, lei è agli inizi, Roma è una città bastarda, impossibile, con sabbie mobili in cui è facile cadere. Mi piace immaginarla prudente, riflessiva, intenta a preparare strategie per rendere migliore questa complicatissima giungla capitolina (e anche per questo magari credo non abbia avuto il tempo per scrivere un programma originale e sia caduta nella tentazione del copia e incolla).

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Non è un mistero caro sindaco: non l’ho votata e non ho una grande fiducia nel suo partito, pardon, movimento. Ma la conosco, so della sua rettitudine, della sua tenacia, della sua intelligenza e anche di un carattere forte incline alla mediazione ma allo stesso tempo all’affermazione del suo punto di vista. Tutte ottime doti per un politico, per un sindaco, per un leader. Bene, le tiri fuori queste qualità, cara sindaca. In fretta.

Per tanti buoni motivi. Roma, e non è colpa sua, è sull’orlo del baratro. Non ha seconde possibilità. Né lei né Roma. E anche se la cosa la spaventa, deve essere la sua forza. Perché neanche il suo M5S ha altre possibilità, nonostante sia in un momento di grande salute elettorale e di consenso.
E sì, mio caro primo cittadino, lei, ha capito “facendo fuori” Roberta Lombardi, che può imporsi, anzi che deve farlo: è lei il sindaco, non loro. Lei ha il coltello dalla parte del manico, lei può dimettersi e di fatto demolire il movimento, che dall’accusa di non farla governare in modo indipendente non si riprenderebbe. Non passerebbe certo sotto traccia come le decine di epurazioni pentastellate, oscure e arbitrarie, di questi anni.

E allora faccia il sindaco. I romani hanno scelto lei, con un mezzo plebiscito. Anzi, per la precisione “solo” i romani, dal momento che il cervellotico sistema di primarie pentastellate l’hanno vista prevalere sul rivale De Vito grazie all’alleanza – un po’ da corrente Dc prima repubblica, riconosciamolo – con Frongia, che le ha portato voti e un (r)apporto politico robusto e saldo.
Quasi sette romani su dieci, tra quelli che hanno esercitato il diritto di voto (gli assenti hanno sempre torto, anche se vanno rappresentati), hanno scelto Virginia Raggi. Non Fico, Di Battista o Grillo. Virginia. Raggi.
La gente, i cittadini hanno scelto lei. E siamo noi cittadini gli unici a cui rendere conto: grazie, per carità, del giro social nel suo ufficio, ma noi abbiamo bisogno di lei fuori: sulle strade piene di buche e rifiuti, nella capitale corrotta della burocrazia criminale, negli spazi comuni negati, in quelli culturali occupati. Ovunque, perché il sindaco deve essere uno e trino, si rassegni. E tutti e tre devono lavorare per Roma: non è che uno può parlare con Grillo, l’altro riferire al direttorio e il terzo, buon ultimo, dedicarsi alla città.
Abbiamo bisogno di una Virginia Raggi forte, indipendente, decisa. Non di un sindaco che a casa di uno dei leader del suo movimento – uno non vale uno, si ricordi: lui conta di più e pure lei -, per telefono, si fa rimbrottare da Beppegrillo sul tema rifiuti. Che si sottopone a un processo interno. Non si può fare.

C’era un’espressione che ripeteva spesso in campagna elettorale. “I vecchi partiti”. Talmente efficace che la bravissima Gabriella Germani gliel’ha “rubata” per una parodia geniale. Ecco, facevano così i vecchi partiti. Lei no, lei ci ha promesso altro. Lei, si ricordi, non vale uno. Lei è il sindaco di Roma: per farle capire, due degli ultimi quattro primi cittadini sono stati candidati premier. Il terzo non ha esitato a rinunciare a un ministero per governare la Capitale. Il quarto, beh, era Ignazio Marino.
Dopo il premier Renzi e qualche ministro (pochi, si fidi), lei ricopre la carica più influente di questo paese.

E allora cara sindaca si rimbocchi le maniche, rifiuti ogni ingerenza interna al suo movimento, e faccia ciò che crede più giusto. Sempre, senza eccezioni. Lei è il nostro primo cittadino, lei ci rappresenta tutti, a lei è stato dato democraticamente il compito ingrato e straordinario di cambiare questa città, di renderla migliore, di portarla fuori dal pantano di disvalori e difficoltà che la stanno inghiottendo in un buco nero.

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Ha ragione Pizzarotti, che le ha scritto con il cuore in mano, la testa libera e “profonda ammirazione per il tuo coraggio”. E aveva ragione da vendere quando ha affermato che “se un terzo delle attenzioni che oggi la stampa riserva a te (sì, vale anche per noi, che abbiamo fatto le stesse pulci a Ignazio Marino – ndr), fossero state dedicate ai tuo predecessori, Roma sarebbe un gioiello”

Ma è questa parte, Virginia, che deve mandare a memoria.

Ti sembrerà di impazzire, scoprirai ogni giorno problemi enormi di cui nessuno ti aveva mai parlato, spesso riabbraccerai tuo figlio solo a tarda notte quando lui già dorme, e poi ci si metteranno le beghe interne con quelli che tu credevi sarebbero stati i tuoi migliori alleati, persone al cui fianco hai combattuto per anni. Ti verrà voglia di lasciar perdere tutto, ti domanderai chi te lo ha fatto fare.

Siediti, respira, rilassati e pensa che lo fai per il tuo paese, per i tuoi concittadini.

Glielo dice uno che, come lui, è sicuro che

Qualunque scelta tu faccia, so che la farai con onestà.

Ma non basta. Parola del sindaco di Parma, città difficile ma non quanto Roma

Ricorda che i tuoi cittadini, sempre più sfiduciati dalla politica, non ti concederanno sconti solo grazie alla tua onestà e la tua buona volontà. Le persone, soprattutto in momenti difficili come questi, chiedono risposte. E’ proprio sulla capacità di dare risposte – che ricorda, verranno sempre chieste a te – che i cittadini ti misureranno. E ricorda, quelle risposte verranno sempre chieste a te perché è il Sindaco, anzi, la Sindaca, a dover risolvere i problemi, anche quando non sono di sua competenza.
Per questo abbi il coraggio di importi

Virginia, esci da questo commissariamento, esci da questo direttorio. Sei tu a comandare, sei tu che puoi dirci “non mi vogliono far governare, Di Battista, Di Maio e soci pretendono che io segua regolamenti, clausole a pagamento”. Se lo dirai, noi ti difenderemo. Se proveranno a estrometterti dal ruolo che ti abbiamo affidato, la città sarà dalla tua parte. Conti solo tu, ora, e non certo il parere di chi questa città non la conosce, non la vive, non la sa neanche capire.

Con ironia ti direi “Sveglia – anzi SVELIA1!!1! – Virginia, tocca a te”. Mi fido di chi sei – scusa, è vero sono passato al tu – e pretendo che tu onori quella carica, quei voti, quella fiducia agendo da sola. Anche sbagliando da sola. Perché tu, uso la vostra stessa retorica, sei una cittadina. La prima, per l’esattezza. E a noi, solo a noi, e a te stessa, devi rendere conto. Il resto, gli altri, “quelli che tu credevi sarebbero stati i tuoi migliori alleati, persone al cui fianco hai combattuto per anni” non contano.

Tu sei il sindaco, noi i tuoi referenti. Davanti a noi hai pianto lacrime sincere, di gioia, emozione e forse anche di preoccupazione.
Buona fortuna: giocatela, non rimanere in panchina. Il capitano, in questo momento, sei tu. E noi Roma, con qualsiasi modulo, con qualsiasi maglia, vogliamo vederla vincere. Anche perché in caso di sconfitta, non ci sarà alcuna retrocessione, ma solo il fallimento.

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