L’interrogatorio shock dell’untore dell’Aids: «L’amore si fa sempre in due»

Valentino, in carcere, torna a parlare interrogato dall’autorità giudiziaria che procede contro di lui: per tutti, Valentino è “l’untore dell’Aids” che ha contagiato “almeno 16 donne”, nonché, a cascata, anche degli uomini che avevano avuto a che fare con le donne da lui contagiate; e nega, Valentino: di essere “il mostro che descrivono”, di avere piena responsabilità delle sue azioni perché “l’amore si fa sempre in due”. Questo ha detto Valentino a Regina Coeli.

VALENTINO, “L’UNTORE DELL’AIDS”: “NON SONO UN MOSTRO”. NUOVO INTERROGATORIO A REGINA COELI

Ecco il suo interrogatorio, raccontato dal Messaggero.

«Non fatemi passare per un mostro – chiede davanti al pubblico ministero Francesco Scavo, che lo ha riascoltato per contestargli le ultime accuse – In alcuni casi avrò agito d’impulso, forse con leggerezza. In altri però avevo avvertito le partner della mia sieropositività. Alcune ragazze le avevo messe in guardia. E comunque – azzarda – l’amore si fa sempre in due». Deve odiare le donne, questo giovane dalla vita decisamente infelice: padre ignoto, orfano di madre dall’età di cinque anni. Un odio così subdolo e insinuante, il suo, da trasformarlo in una sorta di terrorista del sesso. Ossessionato dai rapporti intimi e dalle chat erotiche, al contrario di quanto ora sostiene, è arrivato a mentire, a negare. Così da trasformare una di quelle ragazze che lo frequentavano – quella che forse aveva perso di più la testa per lui – nella maggiore accusatrice. Si è come accanito nei suoi confronti tanto da inviarle su whatsapp un falso certificato medico. «Vale, dimmi la verità: sei sieropositivo?», le aveva scritto lei dopo che si erano lasciati. «Io? Vuoi scherzare!», le aveva risposto. Dopo quella volta, però, la giovane non c’è più cascata. Un’amica le aveva sussurrato: «Guarda che il tuo Valentino è sieropositivo». Aveva fatto l’analisi del sangue e aveva scoperto che era positiva al virus dell’immunodeficienza. Pur non avendo, per sua fortuna, sviluppato l’Aids in maniera conclamata.

Aveva continuato a “praticare”, Valentino, nonostante sapesse di essere sotto inchiesta per “lesioni gravissime”; con un certo successo, se è vero che le sue donne hanno continuato “ad aspettarlo”.

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Tutto questo mentre si scopre che la condotta criminale dell’indagato non si è mai fermata, anche dopo l’iscrizione nel fascicolo di inchiesta: ha continuato ad avere rapporti a rischio, senza protezione, nonostante la procura gli avesse notificato un avviso di garanzia. Sapeva di essere sotto indagine sin da maggio scorso, ma è andato avanti come se niente fosse nella sua campagna di contagio. Eppure non è certo per l’avvenenza che le ragazze cadevano ai suoi piedi. Pare non sia bello, Valentino T., cresciuto con i nonni e contagiato da una donna più grande di lui quando non aveva ancora vent’anni. Eppure è riuscito ugualmente a colpire al cuore le donne, con mazzi di fiori e parole a effetto. «Sono stato contagiato da giovanissimo, ma non volevo vendicarmi – ha insistito nella difesa – Ora, però, ho capito i miei errori». Per la procura «era come preda di una foga bulimica di appagamento sessuale», e nonostante fosse consapevole della sieropositività sin dal 2005 ha continuato a intrecciare relazioni di ogni tipo non dicendo mai quale fosse la sua situazione. Il Tribunale del riesame ha respinto la sua richiesta di scarcerazione. Resta a Regina Coeli con l’accusa di lesioni gravissime. Gli inquirenti stanno lavorando per valutare l’intenzionalità del suo comportamento. Ha contagiato per odio? Per rancore? Perché contagiato a sua volta? Di certo si sa che alcune delle donne alle quali ha fatto così male, sono sempre lì ad aspettarlo, con la smania di condividere la stessa disperazione. E che le sue foto con quel veliero tatuato sul braccio compaiono ancora in qualche chat erotica, dopo che il profilo Facebook è stato cancellato.

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