Uranio impoverito nelle munizioni di casa nostra

22/04/2011 di Marta Caldara

Salto di Quirra, tra tumori e introiti del Ministero della Difesa.

Perdasdefogu, Sardegna. Giugno 2010. L’Asl di Cagliari pubblica una relazione su uno strano aumento di casi di tumore tra i contadini nella zona limitrofa al Poligono Sperimentale del Salto di Quirra e malformazioni degli animali. Il fenomeno diventa sfortunatamente conosciuto come “Sindrome di Quirra”. In seguito a questa relazione della Asl, il procuratore capo di Lanusei, Domenico Fiordalisi, ha avviato un’indagine. Il sospetto è che questa sindrome derivi dall’uranio impoverito presente nei rottami bellici e munizioni utilizzati dal Poligono di Salto di Quirra e che interessa la zona adiacente nel raggio di circa 3 chilometri. Infatti il poligono è diviso in due basi: una a terra, a Perdasdefogu e una in mare, a Capo San Lorenzo. In un’intervista a il Fatto Quotidiano, Mariella Cao, del comitato antimilitarista Gettiamo le basi, dichiara:

“A terra fanno 130 chilometri quadrati e la zona a mare supera quella della Sardegna con 28400 chilometri quadrati, da Siniscola a Capo Ferrato per intenderci”

LE INDAGINI – Le ricerche condotte sui materiali sequestrati da Salto di Quirra hanno registrato una presenza dell’isotopo 238 (uranio arricchito) di circa 5 volte superiore alla norma. E il problema è che oltre ad essere presente nei proiettili e altri materiali utilizzati nel poligono, l’inquinamento coinvolge anche le polveri sottili nell’aria, e come se non bastasse, anche i mari sono contaminati. Oltre agli inquinamenti recenti probabilmente causati dalle armi utilizzate nel Salto di Quirra, durante la seduta parlamentare del 1 marzo 2011, l’On. Luciana Sbarbati sottolinea:

“le strumentazioni utilizzate dai Vigili del fuoco per le verifiche sul sito hanno segnalato la presenza di uranio impoverito e nel tratto di mare antistante il poligono di Quirra sono stati recuperati i resti di missili ancora molto pericolosi e ordigni a pochi metri di profondità; gli abitanti della zona evidenziano la presenza, a tutt’oggi, di esercitazioni militari e segnalano spari di un grosso cannone navale”

Ecco quanto riscontrato poi dalla relazione della Asl che ha dato il via alle indagini:

In un “sito ambientale potenzialmente contaminato” (definizione, art. 2 comma c del DM 471 /1999) l’insorgenza di tre casi di gravi malattie neoplastiche in altrettante persone in un breve arco cronologico, ed il contemporaneo interessamento degli animali pascolanti in quel territorio con casi di grave malformazione genetiche è indubbiamente indice di una elevatissima criticità dell’ambiente e di quel territorio.

E ancora, nonostante non si riscontrino casi fuori dalla norma per quanto riguarda infertilità,

Esiste invece un chiaro eccesso statisticamente significativo di casi di malformazioni genetiche degli animali nati in quel territorio con picchi alti durante alcuni periodi, la cui incidenza non subisce evidente variazione geografica tra diverse aree del territorio di Quirra.

Per quanto riguarda invece gli studi condotti sugli allevatori e i loro familiari, risulta che:

il 65 % del personale, impegnato con la conduzione degli animali negli allevamenti ubicati entro il raggio di 2,7 km dalla Base militare di Capo San Lorenzo a Quirra, risulta colpito da gravi malattie tumorali. Gli allevamenti interessati , il cui personale risulta colpito da malattie neoplastiche (tumorali ndr.), sono sette ( 7 ) su un totale di dodici. […] Nel decennio 2000 – 2010, sono dieci le persone che risultano colpite da neoplasie tumorali su un totale di diciotto, impegnate nei suddetti allevamenti. Si evidenzia una tendenza all’incremento, negli ultimi due anni 2009 – 2010 sono quattro i nuovi casi di neoplasie che hanno colpito altrettanti allevatori della zona […] Diversa risulta la situazione sanitaria del personale le cui aziende zootecniche distano oltre 2,7 km dalla base di Capo San Lorenzo. Dai dati raccolti il tasso d’incidenza di neoplasie nelle persone, è inferiore rispetto al primo gruppo.

PERCHE’ SI USA L’URANIO IMPOVERITO NEI PROIETTILI? – L’uranio impoverito ha un’elevata densità. Inoltre è piroforico, cioè auto-combustibile. Il proiettile, che viene chiamato ‘penetratore’, appena viene in contatto con l’aria dell’oggetto da colpire, si disintegra in frammenti incandescenti che possono arrivare a 3000 °C. Chiaro che la capacità distruttiva di proiettili di questo tipo è molto alta. Nel caso di uranio impoverito riscontrato nei materiali stoccati nelle basi militari in Italia provenienti dalle missioni all’estero, questi materiali sono rimasti a diretto contatto con il terreno o sommersi in mare per anni. Nel caso dei proiettili utilizzati nei poligoni italiani, se il proiettile non colpisce il bersaglio va a finire a terra. Nel corso del tempo, materiali bellici e proiettili si ossidano e si disgregano in polvere di uranio, contaminando terreni e mari. Il problema è che attualmente però, nonostante l’elevato rischio derivante dall’utilizzo dell’uranio impoverito con scopi bellici, non esiste una legge internazionale che ne vieti l’utilizzo.

L’ URANIO IMPOVERITO OLTREMARE, DALLE MISSIONI NEI BALCANI ALLA LIBIA – L’utilizzo di armi contenti uranio impoverito è stato anche oggetto di uno scandalo sorto in seguito a molti casi di leucemia riscontrati nei militari che hanno partecipato alle missioni nei Balcani, tanto da parlare, anche qui, di una vera e propria sindrome. È sempre l’On. Sbarbati a sollevare il problema, in una seduta parlamentare datata 23 marzo 2011, chiedendo di fare luce sui proiettili utilizzati nell’attuale missione in Libia.

“le informazioni sulle operazioni in Libia dicono che sono già stati lanciati oltre 110 Tomahawk dalle navi americane allo scopo di indebolire le difese aeree dell’esercito locale; questi missili, a quanto si sa per le precedenti esperienze belliche, sono armati con uranio impoverito, ma anche con testate convenzionali; la comunità scientifica ha espresso perplessità sull’utilizzo di questi missili visto che l’uranio impoverito è già stato ampiamente utilizzato nella guerra del Golfo nel 1991, in Serbia, in Bosnia e in Jugoslavia dal 1995 al 1999; successivamente in Afghanistan e poi ancora in Iraq nel 2003 come pure in Somalia, in Palestina e spesso anche in poligoni di tiro di competenza delle Forze militari Nato; spesso è capitato di non riuscire a documentare con completezza l’uso dell’uranio impoverito perché l’aeronautica USA non rilascia dichiarazioni o afferma di non averlo usato (come per il caso del poligono di Quirra in Sardegna) anche se poi è stato accertato il contrario; solo per i Balcani fonti mediche hanno denunciato il manifestarsi si circa 6.000 casi di tumore fra la popolazione residente”

In seguito alla missione ‘ibis’ in Somalia, morirono ben undici soldati italiani. Il Ministro della Difesa dell’epoca, Sergio Mattarella, dichiara nel 2001 che nella missione in Bosnia sono stati sparati 10.800 proiettili radioattivi. 23 militari vengono colpiti da varie patologie e 8 muoiono. L’ultimo triste caso è purtroppo tanto recente quanto agghiacciante. La Nuova Sardegna il 29 marzo 2011, racconta la storia di Paolo Mucelli, che partecipò alle missioni in Kosovo e in Albania nel 2000. Paolo è stato colpito da un caso di leucemia fulminante, che lo ha portato a morire in soli quattro giorni. Quattro giorni.

NON SOLO SARDEGNA, L’INDAGINE DIVENTA AFFARE DI STATO – Ma torniamo a Quirra. Fiordalisi il 29 marzo 2011 ha ordinato la riesumazione delle salme di venti allevatori morti tra il 1995 e il 2010 in seguito a tumori al sistema linfo-emopoietico. In pratica, linfomi, mielomi e leucemia. Si sospetta che gli allevatori si siano ammalati per lo stretto contatto con gli animali, portati a pascolare sui terreni limitrofi a Salto di Quirra. Il fisico nucleare Evandro Lodi Rizzini (Università di Brescia e Cern di Ginevra) ha due mesi di tempo per analizzare i corpi riesumati. Ieri le prime tre autopsie. L’indagine da aprile 2011 è gestita non più dalla procura di Lanusei, ma dalla Commissione d’inchiesta del Senato sull’uranio impoverito, guidata da Rosario Costa (Pdl) e coinvolge, oltreché la Regione, la Asl e in particolare le province interessate, anche l’ISS, l’Istituto Superiore di Sanità. La denuncia è contro ignoti (anche se, come affermato dall’On. Sbarbati, il coinvolgimento dell’Aeronautica statunitense è molto probabile). L’accusa è di omicidio colposo con dolo. Costa dichiara che l’intenzione è di concludere le indagini nel giro di un anno.  L’indagine ormai non riguarda più solo Quirra. Infatti, Fiordalisi ha ordinato di indagare anche su altri poligoni, sparsi in tutta Italia. I due principali sono l’SMMT, Stabilimento Militare del Munizionamento Terrestre di Baiano, a Spoleto e l’Ufficio Tecnico Territoriale di Nettuno. Nel caso di Baiano poi, essendo lo stabilimento non più territorio delle Forze di polizia, ma della Agenzia Industrie Difesa (un organo sotto le dipendenze del Ministero della Difesa, come la Difesa Servizi Spa, di cui Giornalettismo si era già occupato), l’amministrazione provinciale non ha alcuna competenza e non può accedere a documenti o condurre indagini. Lo afferma l’assessore provinciale con deleghe all’ambiente e protezione civile Roberto Bertini. Per quanto riguarda Baiano, gli onorevoli Ballaman e Rizzi (Lega Nord) dichiarano in una seduta del senato del 2001:

“Il personale tecnico militare e civile di un deposito di armamenti in Italia ha richiesto nel mese di gennaio 2001 che siano effettuati dei controlli e delle analisi per i rischi collegati all’uranio impoverito; tale personale ha effettuato verifiche e lavorazioni su una serie di munizioni all’uranio impoverito su di un lotto ritornato dalle operazioni della Somalia”
Le munizioni in questione sono i proiettili 105/51mm APFS-DS-DM33, prodotti da una società israeliana. Il fatto è che non si sa se questi proiettili poi furono acquistati dall’Italia o meno. Fatto sta che a Baiano questo specifico tipo di proiettili fu lavorato dal personale. Lo dichiara il segretario regionale Ettore Magrini.

PERCHE’ QUIRRA È IL FULCRO DELL’INDAGINE? –  Il Ministero della Difesa, spiega il giornalista Sirio Valent, ‘affitta ai privati il poligono per testarvi sopra i prototipi di nuove armi, o nuovi missili aerospaziali. E i privati lo utilizzano ampiamente, oltre il 44% dei test sono opera di “civili”. Si va dall’Alenia, alla Fiat, all’Oto-Melara, all’Iveco, al Consorzio Eurosan europeo, all’Aerospatiale, insomma il gotha dei produttori di armi. Una di queste aziende, la Oerlikon Contraves Spa, fabbrica armi all’uranio impoverito, ed è tra i migliori clienti del Poligono. Il canone d’affitto è di 50mila euro per ogni ora, cioè 1,2 milioni di euro al giorno. Un introito netto per le casse della Difesa, e una sicura palestra di esercitazione per i privati, cui viene garantito il segreto militare’. Per quanto riguarda la Oerlikon Contraves Spa (ora Rheinmetall Spa), con sede a Unteriberg, in Svizzera, stando all’inchiesta “Oltre il giardino” dei giornalisti Dinorah Herz, Marco Tagliabue e Enrico Pettinelli (qui è possibile vedere il video), la stessa Oerlikon ha ammesso di aver effettivamente utilizzato negli anni sessanta uranio impoverito in alcuni armamenti. Il sospetto quindi che questa azienda, principale cliente della Difesa a Quirra, possa eseguire dei test nel territorio sardo non è del tutto ingiustificato. Per ora, si può parlare solo di un sospetto. Nel frattempo, il senatore Gallo (Pdl), che è anche membro della Commissione d’inchiesta del Senato sul metallo del disonore, il 16 febbraio 2011 dichiarava candidamente:
che anche per quanto riguarda i Poligoni di tiro, il mandato della Commissione consiste nel verificare la sussistenza di un nesso causale tra particolari fattori patogeni e l’insorgere di gravi patologie nel personale militare e civile. A tal fine, a suo avviso occorrerebbe demandare ad un gruppo di lavoro interno alla Commissione, eventualmente assistito dai consulenti, il compito di accertare sul campo, mediante esperimenti effettuati nei poligoni con munizionamenti all’uranio impoverito o utilizzanti altre tecnologie, la effettiva presenza di tali fattori patogeni, come, ad esempio, le nanoparticelle di metalli pesanti, prodotte dalla combustione a temperature molto elevate derivante dall’impatto dei proiettili sui bersagli.
In poche parole, ha proposto di utilizzare proiettili con uranio impoverito per vedere che succede. Ovviamente queste dichiarazioni hanno suscitato reazioni d’opposizione immediate compresa quella di Ugo Cappellacci, membro del suo stesso partito:
“Parole gravi e inaccettabili, indegne di un rappresentante della Repubblica. Se il senatore non ha compreso i compiti della commissione di cui fa parte, farebbe meglio ad andare via”.
Tralasciando le bagarre senza la benché minima utilità, il 30 luglio 2010, il Ministro della Difesa dichiara:
le Forze armate italiane non impiegano, né hanno mai impiegato, munizionamento contenente uranio impoverito e non risultano scorte di uranio e che non risultano scorte di tale munizionamento stoccate in depositi militari italiani.

VERITA’ NON DETTE – Sarà…Intanto proprio ieri due tecnici chimici della società di controllo che dovrebbe occuparsi di analizzare i materiali bellici sequestrati a Quirra (la Sgs), vengono indagati con l’accusa di falso ideologico in atto pubblico (in pratica sono accusati di aver dichiarato il falso non da privati cittadini ma in veste di pubblici ufficiali). Il 17 aprile scorso anche un ex ufficiale, Tobia Santacroce, colonnello presso la base di Perdasdefogu ora in pensione, viene indagato per disastro ambientale, per aver fatto brillare armi e munizioni potenzialmente dannose, nel territorio del Salto di Quirra. Questo avviene in seguito a una testimonianza del militare Mauro Artizzu. Santacroce dichiara comunque che lui si è occupato solo delle questioni amministrative e contabili del personale. La testimonianza di Artizzu è comunque molto dettagliata, e la riporta anche il sito Dagospia. Il militare dichiara che era prassi comune far brillare a Quirra ingenti quantità di armi e munizioni, non solo provenienti dalla Sardegna, ma da tutta Italia. I militari avrebbero fatto un giuramento, per rimanere in silenzio. Ricordando che la società Oerlikon Contraves Spa è svizzera, vi lasciamo con queste dichiarazioni del Generale Fabio Molteni, che “non ha nulla da nascondere”.

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