Unioni Civili: Stepchild adoption, ora Matteo Renzi vuole dei paletti

15/02/2016 di Redazione

Unioni Civili: ora Matteo Renzi è pronto a discutere di limiti: prima ha detto che la stepchild adoption, l’adozione del figliastro, non è “il cuore” della legge sulle Unioni Civili, il ddl a prima firma Monica Cirinnà che, se tutto va bene, entro giovedì sarà chiuso e approvato al Senato; poi, a Palazzo Chigi, ha iniziato a discutere dei paletti da mettere all’istituto che consentirà l’adozione del figlio naturale del partner anche per le coppie gay: perché i sondaggi sono chiari e l’opinione pubblica sembra poco pronta ad accogliere il nuovo istituto giuridico nella sua interezza; dal Quirinale filtrano anche dubbi di incostituzionalità, che il governo è pronto ad affrontare.

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STEPCHILD ADOPTION, ORA MATTEO RENZI VUOLE DEI PALETTI

Il Messaggero fa il punto sul cammino della riforma.

Il premier – che non prende in considerazione lo stralcio proposto da Angelino Alfano – ha dato incarico al capogruppo del Pd Luigi Zanda, al vicesegretario Lorenzo Guerini e al ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, di lavorare fino alle cinque di domani pomeriggio per trovare «un’intesa sul dopo». Obiettivo: stabilire preventivamente quali modifiche verranno apportate alla legge una volta votato il “supercanguro” di Marcucci. «Non vogliamo correre rischi di fughe in avanti come il ritorno alla maternità surrogata o di ritrovarci norme anti-costituzionali», spiegano a palazzo Chigi. «Per questo, prima di votare il maxi emendamento di Marcucci che di fatto dà il via libera anche alle adozioni, vogliamo vedere nero su bianco un accordo che stabilisca limiti ben precisi alla stepchild adoption». La bozza d’intesa cui lavorano Zanda, Guerini e Boschi parte dai cinque emendamenti proposti dal senatore Giuseppe Lumia e benedetti dal Quirinale. Modifiche, che per evitare rischi di incostituzionalità temuti da Sergio Mattarella, chiariscono come la stepchild non sarà automatica. Ma sarà valutata caso per caso, «in modo attento e rigoroso», dal giudice minorile. E sarà effettiva soltanto dopo una «sentenza di adozione speciale» da parte del Tribunale dei minori.

 

Se poi la discussione parlamentare si dovesse impantanare in qualche modo sull’adozione del figliastro, da Palazzo Chigi hanno varie strategie: ultima, quella di affidare lo specifico punto anche al voto segreto dei senatori. E poi, si vedrà.

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La squadra di mediatori renziani sta valutando se accogliere l’emendamento Chiti-Pagliari che prevede una sorta di “foglio rosa” per l’adozione: un periodo di prova, «un affido preadottivo» di due anni prima della sentenza del Tribunale minorile, da estendere alle coppie eterosessuali per evitare discriminazioni anti-costituzionali. Invece è difficile che passi l’idea dell’autocertificazione in cui gli adottandi dichiarano che il bimbo non è frutto di maternità surrogata. Ebbene, se verrà raggiunta l’«intesa sul dopo» prima di domani sera tutto andrà come previsto: votazione a scrutinio palese sul ”supercanguro” di Marcucci e poi via libera entro giovedì ai ritocchi alla stepchild adoption. Se invece l’accordo non verrà siglato, Renzi tenterà due strade. La prima è convincere il presidente del Senato, Pietro Grasso, a rimangiarsi il voto segreto sul maxi emendamento di Marcucci. La seconda, più praticabile perché non metterebbe Grasso nei guai e perché allevierebbe le pene dei cattodem del Pd, è chiamata «punto di equilibrio». E si traduce così: voto palese in Aula per decidere di votare il “supercanguro” per parti separate. Poi votazioni palesi sui vari articoli del maxi emendamento, tranne che sulla stepchild adoption che verrebbe votata a scrutinio segreto. «E accada quello che deve accadere…», dicono al Nazareno. Già si è detto: Renzi non ha mai considerato le adozioni «il punto principale».

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