Unioni civili, ecco a che punto siamo

Unioni civili?

«Saranno approvate entro la fine dell’anno. Un fatto di civiltà a cui non rinunciamo», è tornato a rivendicare Matteo Renzi dai microfoni di Rtl 102.5. Non è la prima volta. Eppure, l’iter del disegno di legge Cirinnà, tra rinvii, resistenze interne alla maggioranza e opposizione della Cei e di parte del mondo cattolico, resta a dir poco travagliato. E non mancano le proteste delle associazioni Lgbt, secondo cui le possibili modifiche al testo, con la rimozione di qualsiasi riferimento al matrimonio,  «non sono state concordate» con loro, al contrario di quanto affermato dalla relatrice dem Cirinnà. Anche perché, più volte le stesse associazioni hanno ribadito la loro posizione: «L’unica legge che può avere il nostro consenso è quella che autorizza il matrimonio egualitario».

Monica Cirinnà coppie di fatto
La relatrice dem del ddl sulle Unioni Civili, Monica Cirinnà

UNIONI CIVILI, LE PROTESTE DELLE ASSOCIAZIONI LGBT –

«Accet­terò qual­che modi­fica all’art.1 e 3» dove, «invece che citare gli arti­coli del codice civile» (quelli che si riferiscono al matri­mo­nio, ndr), «si avrà un elenco di diritti», ha spiegato la senatrice, dopo le pressioni di Area Popolare (Ncd e centristi), contrario a gran parte del disegno di legge. Secondo Cirinnà e il Pd, soltanto cambiamenti in «termini formali» ad alcuni articoli del ddl – non sarebbero richiamati gli articoli del codice civile 146 (“allontanamento dalla residenza familiare”), 147 (“doveri verso i figli”) e 148 (“concorso negli oneri”), ndr -, ma «la sostanza non cambierà». «Verrà creato un istituto distinto dal matrimonio, ma con garanzia di omogeneità di trattamento tra coppie omosessuali e coniugate», ha spiegato il sottosegretario Scalfarotto.

Dal mondo Lgbt (e non solo) perplessità e polemiche però non mancano. Ed eventuali modifiche sono considerate, dalla gran parte delle associazioni, come un altro passo indietro. Non è un caso che le principali associazioni abbiano preso le distanze: da Famiglie Arcobaleno, passando per Arci Gay, Equality e Rete Lenford, hanno precisato di non aver stretto alcun accordo con il Pd e di non aver concordato alcuna modifica.

UNIONI CIVILI: ASSOCIAZIONI LGBT, NESSUN ACCORDO CON IL PD ‘Vogliamo il matrimonio egualitario, nessuna svendita dirittì…

Posted by Aurelio Mancuso Cupello on Lunedì 31 agosto 2015

 

Anche perché, come ha spiegato Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia, «le associazioni rappresentano il proprio lavoro, […] il partito ha il dovere di governare, trasformare le aspirazioni sociali in provvedimenti legislativi». E non è possibile parlare di scelte «concordate» con Monica Cirinnà e il Pd stesso. Sul provvedimento, poi, il giudizio delle associazioni è noto da tempo: «La parte maggioritaria (quindi non tutto il movimento) ha deciso che la legge Monica Cirinnà, se rimane così come votata come testo base, rappresenta un primo passo nel lungo cammino verso la vera uguaglianza. Se poi invece saranno decisi mutamenti, nuovi articolati, le associazioni decideranno come esprimersi», ha spiegato lo stesso Mancuso. Tradotto, si tratta soltanto di un primo passo.

Leggi anche: Unioni civili: cosa prevede il testo Cirinnà

UNIONI CIVILI, OGGI RIPARTE L’ITER IN COMMISSIONE AL SENATO –

Il percorso del disegno di legge, fermo dallo scorso 7 agosto in commissione giustizia al Senato, riprenderà oggi con la votazione degli emendamenti. Ben 1508 le proposte di modifica del testo, la metà di quelle presentate dato che un altro 50% circa è stato considerato inammissibile o improponibile. Per sfoltire quelle rimaste, possibili per la prossima settimana anche sedute notturne. 

 

Un accordo tra Pd e Nuovo centrodestra, al di là della possibile eliminazione dei riferimenti al codice civile, non è stato però ancora trovato. E a Palazzo Madama, dove i numeri della maggioranza sono precari, il rischio di ingorghi parlamentari e ostruzionismo è tutt’altro che improbabile.

UNIONI CIVILI SUBITO DOPO LE RIFORME COSTITUZIONALI –

Renzi non vuole cambiamenti sul calendario del governo: prima le riforme costituzionali, subito dopo unioni civili, prima della legge di stabilità. Ma è proprio sul disegno di legge Boschi per il superamento del bicameralismo perfetto che il Partito democratico rischia l’implosione. Soprattutto se si rivoterà l’articolo 2, quello che dispone l’elettività indiretta dei senatori. Una priorità per Renzi, disposto al massimo al compromesso del “listino” per i consiglieri-senatori. Ma un punto osteggiato da opposizioni e sinistra dem, che hanno già rifiutato la proposta di mediazione e puntano al Senato elettivo. Non è un caso che il premier abbia già avvertito i “dissidenti”: «Bisogna chiudere velocemente sulle riforme a settembre». E che tra i suoi fedelissimi  non pochi abbiano evocato le urne in caso di “imboscate” parlamentari. «Le riforme sono il cuore del progetto di questo governo. E se non passa quella costituzionale vedo inevitabile la crisi di governo», ha chiarito anche la ministra della Difesa, Roberta Pinotti. Tradotto, se salta il Ddl Boschi, anche le unioni civili cadranno nel dimenticatoio.

UNIONI CIVILI, GLI OSTACOLI –

Il primo passaggio sarà però in commissione. E non è improbabile che, senza accordi, il testo possa arrivare direttamente in Aula, senza mandato alla relatrice. Sui diritti delle coppie Lgbt l’ipotesi delle maggioranze alternative – con M5S, Sel e, magari, pezzi di Fi – per far passare il testo non è semplice. E sembra più un “avvertimento” ai centristi ed ex “diversamente berlusconiani” affinché si raggiunga una sintesi. Certo, tra gli alfaniani c’è chi come Schifani ha già precisato: «Le unioni civili non fanno parte del programma di governo e quindi non esiste un vincolo di maggioranza. Un’eventuale discrasia non provocherà una crisi di governo». 

Di certo nessuno, né il Pd che Ncd, ha intenzione di mettere a rischio la tenuta della maggioranza. Un compromesso – seppur al ribasso e magari votato soltanto da una parte di Ncd, esclusi i vari Giovanardi e Sacconi – può essere trovato. Tra gli ex “diversamente berlusconiani” nessuno vuole tornare alle urne, ancora in bilico tra la tentazione di convergenza dem e chi punta a tornare verso il centrodestra. Per ora, al di là delle possibili modifiche, Ncd però non sembra ritenersi ancora sod­di­sfatto, parlando con lo stesso Giovanardi di «ten­ta­tivi gat­to­par­de­schi» in casa dem. Ma nemmeno dentro il Pd le resistenze al ddl Cirinnà sembrano superate del tutto: «Serve legge chiara, altrimenti mi sento libero di votare secondo coscienza», ha già spiegato il deputato Fioroni. Una posizione condivisa anche da diversi senatori di area cattolica, perplessi soprattutto sul punto della stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner. Quella che, secondo la retorica degli oppositori, aprirebbe alla pratica “dell’utero in affitto” (la Gpa, vietata in Italia, ndr). 

Già i senatori Lepri e Fattorini hanno proposto di cambiare il punto con un affido da parte del genitore non biologico, rendendo possibile l’adozione del figlio solo alla maggiore età. Una proposta che rischiava di trasformarsi in un pasticcio giudirico. C’è infine il nodo della reversibilità della pensione, altro punto osteggiato da centristi e Ncd.

Tradotto, il rischio concreto è che il testo possa essere snaturato pur di venir approvato, considerati i numeri precari a Palazzo Madama. Sempre che in Aula il governo passi indenne lo scoglio delle riforme costituzionali.

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