Traffico di migranti, arrestati tre extracomunitari: uno di loro ne fece morire 300

22/12/2015 di Redazione

Ancora trafficanti di uomini in manette. La Polizia ha arrestato tre extracomunitari (un quarto viene attivamente ricercato) nell’ambito di un’operazione, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo, nei confronti di un’organizzazione che avrebbe gestito le traversate di migranti dalle coste libiche verso la Sicilia.

 

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TRAFFICO DI MIGRANTI, 2.400 DOLLARI PER RAGGIUNGERE L’EUROPA

Le accuse nei loro confronti dei trafficanti sono di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravata dalla transnazionalità. Tra le persone finite in manette anche l’organizzatore di uno dei viaggi della speranza tra la Libia e Lampedusa, conclusosi con un tragico naufragio che costò la vita a circa 300 migranti. In quell’occasione i soccorritori riuscirono a recuperare solo 29 corpi. Le indagini sono state condotte dalle squadre mobili di Palermo e Agrigento, in collaborazione con la Capitaneria di Porto, ed hanno consentito di individuare i responsabili del racket. Ai migranti veniva promesso il trasferimento fino in Nord Europa dietro il pagamento di 2.400 dollari ciascuno. I tre extracomunitari arrestati sono accusati anche di avere favorito la fuga di numerosi profughi dai centri di accoglienza, garantendo loro il necessario supporto logistico per raggiungere clandestinamente i Paesi dove intendevano presentare richiesta di asilo.

TRAFFICO DI MIGRANTI, LE TELEFONATE: «SIAMO DEI BUSINESS MAN»

Le accuse ai trafficanti sono state formulate anche grazie alle intercettazioni telefoniche. Durante le conversazioni gli arrestati si vantavano di essere degli uomini d’affari: «Nessuno sale sui gommoni se non abbiamo i nostri dinari. Noi siamo dei business man». Le indagini sono partite proprio dall’analisi dei numeri trovati dentro un telefonino satellitare rimasto su un gommone. Oltre ai tre arrestati e alla quarta persona, latitante, risultano coinvolti anche altre dieci persone, indagate. Tra loro i capi dell’organizzazione, che sarebbero ancora in Libia.

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