Tiziano Renzi ai pm: «Non ho mai visto Romeo, millanterie». Ma qualcuno avvisò gli indagati Consip

04/03/2017 di Redazione

Tiziano Renzi ha parlato davanti ai pm per 4 ore. Il padre dell’ex premier risulta indagato per traffico di influenze nell’ambito dell’inchiesta Consip. Il suo difensore, l’avvocato Federico Bagattini di Firenze, ha chiarito alla stampa: «Abbiamo risposto a tutte le domande è stanco e provato. Si è abusato del cognome di Renzi. Con Romeo Tiziano Renzi ha solo una militanza religiosa. L’incontro con Marroni c’è stato ma per tutt’altra faccenda». «Si è parlato anche di Verdini – ha spiegato – che però Tiziano Renzi non conosce». L’interrogatorio è stato condotto dai magistrati Paolo Ielo e Celeste Carrano della procura di Napoli, titolare in origine dell’inchiesta su Alfredo Romeo e Consip, e dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone.

TIZIANO RENZI, LUIGI MARRONI E LA MADONNA DI MEDJUGORIE

Per quale motivo il padre dell’ex premier incontrò Marroni, amministratore delegato di Consip? Tiziano Renzi, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, ha chiarito le circostanze:

Renzi ammette invece l’incontro con Luigi Marroni, in piazza Santo Spirito, lo scorso anno. Ma ne dà tutt’altra spiegazione: «Si parlò di dove installare una statua della Madonna di Medjugorie che apparteneva a un ospedale». E tutte le dichiarazioni di Marroni?

«Sono piene di inverosimiglianze» dice il legale di Renzi.
«Nessun rapporto con Romeo» spiega. Tiziano Renzi «non è mai stato in Consip, non è mai andato in “bettole” e non ha mai preso soldi». Tantomeno i 30 mila del famoso pizzino. E Denis Verdini, l’avversario di Romeo che avrebbe sponsorizzato Cofely in Consip? «Se n’è parlato, ma Tiziano Renzi ha detto di non conoscerlo».
Infine, sulla fuga di notizie che ha generato un filone d’inchiesta separato: «Non ne sappiamo nulla» spiega Bagattini.

E sempre Luigi Marroni, 59 anni, ex assessore regionale toscano, e amministratore delegato di Consip, spiega al Corriere come non ci sia alcun problema. «Conosco tante persone. Da quando sono qui – racconta in una lunga intervista a Lorenzo Salvia – non ho smesso di incontrarli, anche perché non vedrei più nessuno. Capita che ti chiedano un favore, io di solito faccio finta di prendere un appunto e poi lo butto via. L’importante è non superare quella linea che ti porta a compiere un illecito. Io non l’ho mai fatto, nessuno mi accusa di averlo fatto».

MATTEO RENZI: SE MIO PADRE COLPEVOLE PENA DOPPIA

Intervistato al programma Otto e mezzo su La7 l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi è intervenuto sulla vicenda. «Se c’è un genitore o un parente di un politico indagato, una volta ci si inventava chissà che cosa per scantonare. Per me invece i cittadini sono tutti uguali quindi non solo mio padre deve andare a processo subito ma, se colpevole, mi piacerebbe dire che per lui ci vorrebbe una pena doppia. Ma i processi non li fate voi giornalisti, ma le aule del tribunale. Se è colpevole dev’essere condannato più degli altri cittadini, ma i processi non si fanno sui giornali. Sarebbe cosa gravissima se mio padre fosse condannato per questa vicenda. Conosco i valori ai quali la mia famiglia mi ha educato. Io so chi è mio padre».

CHI AVVISO’ GLI INDAGATI DELL’ INCHIESTA CONSIP? QUALCUNO DISSE A RUSSO DI NON CERCARE PIU’ BABBO RENZI

Qualcuno però avvisò gli indagati della vicenda Consip. Lo spiega Repubblica in pezzo a firma di Sannino e Del Porto:

Un caso nel caso , ovvero: le crepe nel segreto investigativo. Una telefonata mise sull’avviso Carlo Russo. Un amico gli suggerì di non contattare più Tiziano Renzi sul cellulare, neanche via sms. La telefonata, captata sul cellulare di Russo proverebbe che la fuga di notizie aveva l’obiettivo di arginare lo scandalo e impedire, per quanto possibile, il coinvolgimento di Renzi sr. Secondo gli investigatori, la conversazione confermerebbe l’interesse «della famiglia Renzi» a tutelare il faccendiere toscano. È il 7 dicembre 2016. Un uomo che si presenta come Billy, identificato in Roberto Bargilli, già autista del camper su cui Matteo Renzi ha svolto la sua campagna nelle primarie del 2012, e soprattutto assessore Pd al comune di Rignano, telefona a Russo e gli dice: «Scusami tanto, ti chiamo per conto di babbo… mi ha detto di dirti… non lo chiamare e non gli mandare sms…». Occhio alle date: il telefono di “babbo” era stato messo sotto controllo appena due giorni prima – il 5 dicembre, sarà un caso, ma è la data in cui il premier si è dimesso dalla Presidenza del Consiglio – su richiesta del pm di Napoli Henry John Woodcock che coordina le indagini dei carabinieri Noe e della Tributaria della Guardia di Finanza. Una sequenza di date che non sfugge agli inquirenti.

E questo aspetto, paradossalmente, rischia di metter a rischio ancora di più la posizione di Renzi senior.

(in copertina foto ANSA/GIUSEPPE LAMI)

 

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