The Walk, la storia dell’uomo che ha reso le Torri Gemelle immortali

Il 7 agosto 1974, alla vigilia delle dimissioni di Richard Nixon, Philippe Petit, un giovane funambolo francese, attraversò il vuoto tra le Torri Gemelle camminando su una fune d’acciaio. Chi si trovava nei paraggi rimase con il fiato sospeso, a guardare quel giovane ventiquattrenne danzare tra le nuvole. Quarant’anni più tardi, Robert Zemeckis, porta lo spettatore dove solo un uomo era mai stato, 110 piani più su, a 412 metri da terra, costringendolo a rivivere assieme a Petit (Joseph Gordon-Levitt), le paure, i dubbi, e la determinazione di raggiungere un sogno. Perchè The Walk è la storia di un sogno e della sua realizzazione.

 THE WALK –

«Quando osservi un funambolo – spiega Zemeckis – devi sempre alzare lo sguardo su di lui, non hai mai la prospettiva di com’è dall’alto della fune. Il nostro film seguirà invece la storia di Petit mettendo lo spettatore in cima alla fune, a camminare con Philippe, presentando l’immagine in 3D, con un risultato altamente spettacolare ed emozionante». Se è vero quindi che si deve a Zemeckis, regista di capolavori del calibro di Forrest Gump, Ritorno al Futuro e Chi ha incastrato Roger Rabbit, il merito di aver spostato la prospettiva dell’avventura, grazie ad una magistrale resa in 3D, è altrettanto vero che il premio Oscar ben poco poteva aggiungere ad una storia già incredibile di per sé.

ROBERT ZEMECKIS –

La narrazione volutamente fiabesca e l’uso surrele della Statua della Libertà da cui Petit racconta in prima persona la sua storia, espone l’impresa dell’artista francese ad un accostamento più onirico che verosimile. «E’ una storia vera – conferma ancora Zemeckis -nei minimi dettagli, ma ha anche un tono da ‘c’era una volta’ , un tempo e un luogo che non ci sono più, e ho voluto mescolare il letterale e il simbolico».

LE TORRI GEMELLE –

Nel ’74, all’epoca dei fatti, le Torri Gemelle erano ancora in costruzione. Un bene per Petit che, assieme ad un manipolo di complici, tra cui un impecabile Ben Kingsley, riesce ad arrivare in cima durante la notte, per installare la sua fune. Il termine “complici” non è casuale. The Walk, infatti, ha tutte le carte in regola per rientrare nella categoria dell’heist movie, in cui la banda ha come unico obiettivo quello di tentare l’impresa del secolo. Ma Petit riesce a portare a casa due colpi grossi: il primo, ovviamente, è quello della traversata dei 42 metri che separano le due torri. Il secondo è stato quello di aver regalato un anima a due palazzi, apparentemente brutti, che senza di lui difficilmente sarebbero diventati il simbolo della Grande Mela. «All’inizio le Twin Towers non piacevano a nessuno – aggiunge il regista – e mentre le stavano tirando su a New York tutti dicevano che sembravano degli enormi schedari per uffici. Poi, dopo la performance di Petit, la gente ha iniziato ad amarle, improvvisamente erano diventate poetiche, avevano subito una trasformazione. Avevano una personalità». A Zemeckis va senza dubbio il merito di aver “umanizzato” quegli enormi schedari, rendendoli a loro volta personaggi e protagonisti di The Walk. La regia offre quello che ci si aspetta da uno come Zameckis e tiene lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine, il resto lo fa il 3D. La narrazione, talvolta un po’ forzata, rischia di essere ridondante e insistentemente eroica. Troppo.

 

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