Svalutazione e crescita: il caso Regno Unito

La recente revisione del target di crescita dell’UK da parte dell’IMF ha fatto esplodere con grida di giubilo un sacco di liberisti nostrani: “ecco, con meno spesa e tasse si cresce, mica come da noi!”. La loro ricetta sembra finalmente confermata. Ma è davvero così? Facciamo prima un breve excursus dell’economia UK dal 2008 ad oggi.


IL BANK RUN DELLA NORTHERN ROCK E LA NAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA BANCARIO
– Il 12 settembre 2007 la banca Northern Rock chiese l’intervento della BoE come prestatore di ultima istanza per coprire i fondi che non riusciva più a raccogliere sul mercato interbancario. Due giorni dopo, con le azioni che precipitavano sul LSE, file di persone si assiepavano davanti agli sportelli della banca per cercare di prelevare i loro risparmi.

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foto da: Wikipedia

Fu l’inizio della crisi del credito britannico del 2007. La Northern Rock dovette essere nazionalizzata, ben presto seguita nel 2008 da due giganti del calibro di Royal Bank of Scotland e Lloyds Banking Group (quest’ultima con una partecipazione di minoranza) e con la creazione di un fondo per il salvataggio bancario a cui aderirono numerosi altri istituti finanziari. L’intervento riuscì a circoscrivere il panico e a stabilizzare il sistema creditizio britannico, al prezzo di circa 500 miliardi di sterline.

LA SVALUTAZIONE DELLA STERLINETTA – A seguito della crisi della principale “industria” del paese, quella finanziaria, anche la sterlina inglese fu messa sotto pressione sui mercati internazionali a cause della fuga di investitori dal paese, non compensati dalla bilancia commerciale che, nel caso dell’UK, era fortemente negativa. Da agosto 2008 agli inizi del 2009 la sterlina svalutò del 27% contro il dollaro USA e dagli inizi del 2007 a fine 2008 del 31% contro l’Euro per poi ritracciare, dopo il breve momento di overshooting speculativo, rispettivamente al 17% e al 24% a fine 2009.

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Da questi dati potete vedere intanto che le svalutazioni non sono mai uguali verso tutte le valute e che, per vari motivi (in questo caso una debolezza del dollaro nei confronti dell’euro a causa della crisi dei mutui subprime), non avvengono nello stesso momento magari in una nottata buia e tempestosa. Seconda cosa che i momenti di overshooting (cioè di svalutazione esagerata rispetto ai fondamentali del paese) vengono “riassorbiti” velocemente dal mercato stesso. Fa veramente tristezza che proprio chi si professa amante del mercato ogni tanto scordi queste cose.

IL DEFICIT STATALE – Come avrete immaginato il pesante intervento dello Stato britannico nel salvataggio del proprio sistema creditizio, che, ricordiamocelo ancora, era ed è il settore più importante dell’economia di quel paese, ha comportato un notevole appesantimento del debito pubblico, soprattutto considerato anche il contemporaneo calo del PIL seguito alla crisi. Mentre noi in Eurozona ci baloccavamo fra gentili concessioni a sforare il 3% di deficit sul PIL o a immaginarci astrusi Fiscal Compact, Two Pack, Six Pack e via andare, per ridurre il debito pubblico su PIL al 60%, i pragmatici anglosassoni hanno raggiunto deficit fino all’11% del PIL e il debito è salito dal 44% a quasi il 90%. La stabilizzazione dell’economia ha permesso negli ultimi 3 anni di ridurre il deficit, ma che per il 2013 è rimasto ad oltre il 6%, alla faccia di tagli e spending review esaltate dai liberisti nostrani.

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IL QE DELLA BANK OF ENGLAND – Nel contempo la BoE, la banca centrale inglese, metteva in campo un quantitative easing finalizzato all’acquisto da investitori privati fino a 375 miliardi di £ di titoli del debito pubblico inglese () in modo da riuscire a mantenere liquido il sistema economico e con tassi bassi. Gli interessi sui titoli di stato in portafoglio sono stati restituiti allo Stato, permettendogli di ridurre il costo del suo finanziamento. Non siamo alla monetizzazione diretta sul conto del Tesoro presso la banca centrale, ma poco ci manca come potete ben capire.

IL SUPPORTO AL SETTORE EDILIZIO E ALLE PICCOLE IMPRESE – La BoE col supporto del Governo (alla faccia della famosa indipendenza della Banca Centrale) nel luglio 2012 lanciò anche un programma mirato a fornire finanziamenti a tassi inferiori al mercato alle banche ed alle imprese di costruzioni, legato ai mutui immobiliari. Per autunno 2014 sarà inoltre operativa una banca statale finalizzata al supporto creditizio alle piccole imprese, che già, sempre nell’ambito dello stesso programma di supporto, godono di un supporto statale a garanzia dei propri finanziamenti che nelle intenzioni dovrà coprire dall’1% al 2% del loro totale.

E L’INFLAZIONE? – La crisi ha portato la BoE a spostare la proprio politica monetaria dal classico “inflation targeting” alla “forward guidance” cioè dal controllo pedissequo del tasso d’inflazione al controllo dei tassi di interesse a lungo termine. Il risultato è che la politica monetaria non si è “impiccata” sul mantenimento rigido del tasso di inflazione desiderato (il 2% uguale a quello della BCE) lasciandola anche arrivare fino al 5%, ma cercando invece di stimolare l’economia rassicurandola sulla persistenza di bassi tassi di interesse. Nonostante questo nell’ultimo trimestre osservato il tasso di inflazione è tornato al 2% desiderato. Altro che la sana deflazione che aggiusta i prezzi di cui si sente delirare ogni tanto in Eurozona.

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RISULTATI E RISCHI – Il risultato di questo insieme di politiche è stato di mantenere un PIL positivo dal 2010 in poi che, anche se non particolarmente brillante, risulta adesso migliore di tutti i paesi dell’Eurozona (come si sta accorgendo pure Krugman). Se poi guardiamo il tasso di disoccupazione notiamo che, pur non riuscendo ancora a tornare ai livelli precedenti alla crisi, negli ultimi mesi inizia a puntare verso il basso dopo una stasi attorno all’8%. Siamo comunque lontanissimi purtroppo dai nostri tristi dati e si capisce perché l’UK è diventata sempre più attrattiva meta di emigrazione per tanti giovani, cosa che non farà che migliorarne la competitività a nostre spese.

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Uno dei problemi è però che, costretti ad uno sviluppo basato sulla domanda interna e con un comparto manifatturiero debole da anni per precise scelte politiche (dalla Thatcher in poi), esiste il rischio di rivedere bolle sul comparto immobiliare ed in settori maturi come l’automobile spinti dai bassi tassi e dal credito facile. Questo porta anche ad un peggioramento del Conto Corrente della Bilancia Commerciale, cioè in pratica che parte degli effetti di stimolo dell’economia si indirizzano sempre più verso l’estero (soprattutto l’eurozona come dimostra l’indebolimento della sterlina verso l’euro).

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Come sarà gestito nel medio-lungo termine l’indebitamento privato delle famiglie, rimasto ad alti livelli fin dal 2008, è la vera, grande domanda sull’economia UK, specie se davvero il governo conservatore, se rieletto, vorrà portare in surplus il bilancio statale. Ridurre il debito dei privati e quello statale assieme non è una brillante idea: per informazioni citofonare Eurozona.

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