«Starbucks un’umiliazione per l’Italia»

Starbucks in Italia ha provocato numerose polemiche. L’installazione in piazza Duomo di palme e banani a corredo del primo negozio del gigante americano dei caffè, che sarà il più grande in Europa, ha suscitato perfino proteste politiche, oltre che infinite discussioni sui social media. Sul Corriere della Sera se ne discute ancora oggi, nella rubrica delle lettere firmate da Aldo Cazzullo. Il giornalista prende però posizione su un altro tema, rimarcando come l’arrivo di Starbucks rappresenti un’umiliazione per l’Italia. La multinazionale americana, secondo la firma del Corriere, è un marchio che sfrutta la qualità associata ai prodotti italiani più tradizionali come il caffè.

L’apertura in Italia di Starbucks come italiano la considero un’umiliazione. Perché Starbucks è il più clamoroso esempio al mondo di Italian Sounding: di prodotti che suonano italiani, ma non lo sono. In tutto il pianeta, a cominciare dalla casa madre americana, il menu è scritto in italiano, dall’espresso al cappuccino. Ma non è caffè italiano, non è lavoro italiano. Sui pacchi in vendita c’è scritto «Caffè Verona», e in piccolo si precisa: «Made in Seattle».

Cazzullo evidenzia come altri marchi famosi del caffè italiano, come Lavazza o Illy, abbiano provato a consolidarsi all’estero, ma non siano riusciti a competere con il colosso americano. Per il giornalista del Corriere della Sera Starbucks avrà un successo limitato in Italia, come già successo ai fast-food. Gli italiani preferiranno il caffè al bar rispetto al cappuccino nel negozio statunitense, in modo simile alla preferenza per la pizza al taglio rispetto al panino da McDonald’s o Burger King.

Sono convinto che, pur essendo il popolo più esterofilo, gli italiani continueranno a preferire il tradizionale espresso in tazzina rispetto a quello nei bicchierini di plastica. Starbucks rappresenta una filosofia, oltre che una sorta di ufficio per chi un ufficio proprio non ce l’ha; forse anche i nostri bar diventeranno più ospitali.

Cazzullo chiude il pezzo con una sottolineatura sull’assunzione di molti immigrati da parte di Starbucks.

Sono però curioso di vedere quanti dei 350 posti di lavoro annunciati a Milano andranno a giovani italiani, e quanti a giovani immigrati.

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