Gli sprechi della Pubblica Amministrazione ci costano 16 miliardi all’anno

04/02/2017 di Redazione

Ben 16 miliardi di euro. Circa un punto percentuale di prodotto interno lordo. È quanto ci costano ogni anno gli sprechi della Pubblica Amministrazione, di quanto cioè potrebbe abbassarsi la spesa pubblica se la Pa funzionasse meglio. La stima è stata elaborata dall’Ufficio studi della Cgia. Le uscite che la collettività potrebbe risparmiare comprendono gli sprechi nella sanità, le misure di contrasto alla povertà percepite da famiglie abbienti e la quota di spesa pubblica indebita denunciata dalla Guardia di Finanza. Ma la cifra di 16 miliardi potrebbe essere molto più alta se venissero considerate anche la spesa riconducibile ai falsi invalidi, a quella riferita a chi percepisce deduzioni fiscali non dovute o alla cattiva gestione del patrimonio immobiliare.

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SPRECHI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, PER LA CGIA VALGONO ALMENO 16 MLD

Si tratta di una montagna di denaro che, secondo la Cgia, assume una dimensione ancor più preoccupante se si tiene conto dei dati forniti dal Fondo monetario internazionale. Se la Pubblica Amministrazione, rileva l’Ufficio studi, avesse in tutta Italia la stessa qualità nella scuola, nei trasporti, nella sanità, nella giustizia, che ha nei migliori territori del Paese, il Pil aumenterebbe di 2 punti (oltre 30 miliardi di euro all’anno). Il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo ZAbeo, ha dichiarato:

«Dopo aver approvato in fretta e furia una legge di Bilancio molto generosa sul fronte delle uscite ora, dopo la richiesta da parte dell’Ue di correggere i nostri conti pubblici per 3,4 miliardi, il Governo decide di recuperarli agendo soprattutto sul fronte delle entrate. Non sarebbe il caso, invece, di intervenire in misura più aggressiva nei confronti della spesa pubblica improduttiva che risulta avere ancora dimensioni molto preoccupanti?».

Pur riconoscendo gli sforzi fatti dagli ultimi governi sul fronte della spending review, la Cgia continua a ritenere che sarebbe sbagliato recuperare una buona parte dello 0,2% di taglio del rapporto deficit/Pil richiestoci da Bruxelles aumentando, ad esempio, le accise sui carburanti. Il segretario della Cgia, Renato Mason, afferma:

«Ricordo che l’80 per cento circa delle merci italiane viaggia su gomma. È vero che grazie al rimborso delle accise gli autotrasportatori, solo quelli con mezzi sopra i 35 quintali, possono recuperare una parte degli aumenti fiscali che subiscono alla pompa. Tuttavia, nel caso scattassero gli incrementi di accisa, potrebbero verificarsi dei rincari dei prodotti che troviamo sugli scaffali dei negozi e dei supermercati del tutto ingiustificati, penalizzando soprattutto le famiglie a basso reddito».

E ancora:

«Rammentando che la nostra spesa pubblica annua ammonta a 830 miliardi di euro circa, i 3,4 miliardi di correzione del deficit richiestoci incide per lo 0,4 per cento: un’inezia che auspichiamo possa essere risolta attraverso una contrazione degli sprechi e degli sperperi presenti nella nostra Pa».

(Foto da archivio Ansa)

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