Westwood: Punk, Icona, Attivista – Recensione

21/02/2019 di Redazione

Se c’è qualcosa di davvero incredibile nel brand “Vivienne Westwood” è come sia contemporaneamente un marchio d’alta moda a livello internazionale e la fabbrica a conduzione poco più che individuale di sempre. Forse è proprio questo che ne garantisce la continua innovazione, la carica rivoluzionaria, la genuinità? O piuttosto è la capacità di stare nel cambiamento evolutivo di una donna, un’artista, che è rimasta sempre fedele a se stessa, anche a costo di risultare sgradevole?

Westwood: Punk, Icona, Attivista è un documentario biografico realizzato senza troppi orpelli. La protagonista e i suoi più stretti collaboratori intervistati frontalmente su una poltrona, filmati d’archivio, riprese durante le sfilate e nell’atelier. Schema già visto mille volte: è il contenuto a essere esplosivo.

Westwood: Punk, Icona, Attivista. E maestra di integrità

“Pensavamo di distruggere il sistema, invece eravamo parte del marketing”.

Esiste forse un’affermazione più post-punk di questa? Più veritiera, più ragionata e consapevole? Le parole di Vivienne Westwood sono intrise proprio di quella consapevolezza che non è mai rassegnazione. E in questo film non si parla di moda. Non si mostra di quando ha inventato questo o quello, di quando ha introdotto certi colori e certi tagli nel mondo dell’alta moda, di come ha mescolato tessuti e stampe. Non è questo che ci interessa.

Vivienne Westwood

Quello che racconta Westwood: Punk, Icona, Attivista è la storia di una donna dotata di una integrità senza pari, che pur evolvendosi e stando sempre nel cambiamento – come è giusto che sia in un ambiente che interpreta il mondo come quello della moda – è rimasta sempre se stessa, fedele al suo animo e alle sue convinzioni.

Vivienne Westwood è stata una punk, un’icona e un’attivista. È stata tutto questo nell’ordine esatto del titolo eppure è stata anche tutte le cose contemporaneamente. E lo è ancora. Poiché, come viene espressamente enunciato alla fine del film, lei è sopra le righe, dirompente, scandalosa… ma non è mai ridicola. Bellissima di una bellezza unica, non canonica, non replicabile. Una donna forte di quella peculiare forza che solo le donne inglesi sanno avere.

Questo non è un punk movie. Questo non è un fashion movie. Non c’è bisogno di dire una parola quando punk lo sei. Quando la moda non la crei, ma la vivi. Una designer come Vivienne Westwood è un’artista a tuttotondo, che ha sempre portato avanti la sua idea e che alla soglia degli ottant’anni non ha alcuna intenzione di ritirarsi – anche perché la sua carica dirompente ha ancora molto da dire e da rappresentare. Se c’è una cosa che questo documentario porta finalmente alla ribalta è che il punk, come movimento generale, non è stato solo quel nichilismo tanto strombazzato, gridato sguaiatamente da persone ignoranti. L’anarchia totale, la provocazione che ha portato il mondo a scandalizzarsi (ma non l’Inghilterra che li ha partoriti e che oggi li ama quanto i reali stessi) hanno alle spalle radici culturali fortissime, strappate via dalle bandiere e dai simboli religiosi di mezzo mondo e shakerate insieme. Perché in natura nulla si crea e nulla si distrugge. Tutto si trasforma. E come non è possibile andare contro la natura, non si può andare nemmeno contro il sistema. I ribelli sono sempre frutto del malcontento prodotto dal sistema stesso, sono i figli discoli, ma il sistema li ama lo stesso. Anche se li schernisce con una risata, come accadeva a Vivienne, prima o poi li riaccoglierà come si fa con il figliol prodigo. E li ringrazierà anche perché avranno portato quel bene prezioso che si chiama progresso.

il trailer di Vivienne Westwood. Punk, Icona, Attivista
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