Walter Veltroni, C’è tempo per i buoni sentimenti
04/03/2019 di Redazione
Walter Veltroni ha presentato a Roma il suo primo film di finzione, C’è tempo, road movie con Stefano Fresi che si ritrova improvvisamente fratello di un bambino di 13 anni, rimasto orfano e costretto a crescere troppo in fretta.
Fresi nel film è Stefano, ovviamente, osservatore di arcobaleni, che un giorno scopre che il padre che non ha mai conosciuto, e la di lui moglie, sono trapassati, lasciando un figlio, Giovanni. Essendo l’unico parente in vita, dovrà occuparsene lui, e come accade in questi casi, la sua vita ne uscirà sconvolta. In meglio.
Ci mette il suo invidiabile inguaribile ottimismo Walter Veltroni
E in questi tempi cupi già è un pregio. E una sincerità che conferma nell’incontro con la stampa, in compagnia del suo cast, Stefano Fresi naturalmente, Giovanni Fuoco, il giovane co-protagonista, Simona Molinari e Francesca Zezza.
Si parla di arcobaleni, e la nota di colore, è il caso di dirlo, arriva da un classico degli anni Ottanta, il ghiacciolo Arcobaleno dell’Algida, uscito di produzione molti anni fa, e che sarà la grande sorpresa della prossima estate. Lo scopriamo dalle parole di un responsabile marketing del leggendario marchio di gelati confezionati. “Questo è un classico caso di marketing emozionale. Ci siamo sentiti con Walter Veltroni, abbiamo avuto quest’idea e abbiamo deciso di rimetterlo in produzione. I giovani ragazzi del reparto marketing hanno dovuto fare delle ricerche, perché non sapevano neanche cosa fosse. E anche per la produzione abbiamo avuto problemi, perché le macchine con cui lo facevamo non erano più in uso, Ma per fortuna non buttiamo niente, le abbiamo recuperate e messe in funzione. Ad aprile l’Arcobaleno tornerà nei bar e speriamo sia un successo”.
Lo spera anche Walter Veltroni, per il gelato e per C’è tempo, un film piccolo, come lui stesso lo definisce, fatto in famiglia. “La macchina su cui viaggiano nel film è il Maggiolone di Stefano Fresi, un regalo di sua moglie. Quando gli ho raccontato il film e gli ho detto su che macchina avrebbero dovuto viaggiare, è stato lui a dirmi che potevamo usare la sua”.
Un viaggio, elemento che tante volte è protagonista di film che portano alla scoperta di se stessi. “L’idea era quella di mettere insieme due persone assolutamente diverse e costringerle a convivere in un viaggio che si prende le sue pause”.
Stefano è un personaggio sfaccettato, dai mille colori, come il suo lavoro. Che forse neanche esiste. “Ammetto di non avere chiamato il CNR per sapere se davvero esistono gli osservatori di arcobaleni” confessa Veltroni. Ma una cosa reale c’è. “L’altro lavoro di Stefano, quello di custode dello specchio di Viganella, che è davvero un paese dove non batte il sole per alcuni mesi l’anno, e il sindaco ha pensato allo specchio che riflette il sole leggendo una storia di Topolino. È tutto vero”.
L’altra cosa molto vera è il grande amore per il cinema di Veltroni, non a caso C’è tempo è disseminato di omaggi, da Truffaut a Scola.
“Ce ne sono almeno cinquanta di citazioni sparse nel film, non escludiamo l’ipotesi di fare un concorso prima o poi per indovinarle. Lolotta Cortona, il notaio che porta a Stefano la notizia di suo fratello, ha il nome di un personaggio di Miracolo a Milano e il cognome del protagonista de Il sorpasso. E poi c’è per me una citazione vivente di un genere che amavo tanto, i musicarelli, Laura Efrikian, nel ruolo della madre di Stefano. Quando ero ragazzino ho visto tutti i film di Gianni Morandi al cinema Savoia di Roma, quello che oggi è il Savoy. A un certo punto c’è una pistola rossa con i pallini bianchi, che è quella di Dillinger è morto di Marco Ferreri, un maestro che è stato ingiustamente dimenticato. Anche se la gratitudine al giorno d’oggi sembra poco trendy, ho voluto ringraziare tutti per delle cose che sono state molto importanti nella mia vita”.
Stefano Fresi regge tutto il film con grande naturalezza, con un personaggio che è molto suo. “Ma l’abbiamo costruito insieme, Walter e io, per far vedere quanto sia simile a un arcobaleno, con tanti colori diversi, felice e arrabbiato. Il viaggio di Stefano segue una parabola, proprio come l’arcobaleno, e alla fine, come vuole la tradizione, c’è un tesoro, che nel suo caso è il cambiamento che trova in sé”.
Al suo fianco il giovanissimo, ma anche molto adulto, Giovanni Fuoco. “Devo ringraziare Walter che ha avuto fiducia in me, credo di avere fatto quello potevo e volevo, e ho scoperto di poter e volere fare questo mestiere anche in seguito”.
Oltre al cinema, C’è tempo è l’occasione per Veltroni di abbracciare due altre sue grandi passioni, la letteratura e la musica. “Il pallone che Giovanni calcia e che non torna più giù è una citazione da una poesia di Dylan Thomas. E ci sono altre due omaggi molto importanti, a Staccando l’ombra da terra di Daniele Del Giudice, che è uno dei più grandi scrittori che abbiamo, e a Passami il sale di Clara Sereni”.
Il titolo del film “C’è tempo è invece riferito a una delle canzoni più belle della musica italiana, scritta da Ivano Fossati, struggente e magnifica e che si abbraccia al film completamente”.
Walter Veltroni e il buonismo
Il rischio di essere una volta di più etichettato così è concreto. Ma non se ne preoccupa. “Se c’è un pericolo nella vita nel nostro paese in questo momento, non è certo l’eccesso di buoni sentimenti, che anzi, sono rivoluzionari. Se dicono che sono buonista va benissimo, non mi sono mai ribellato. Sono fatto così, e mi porto appresso quello che sono”.
Impossibile non chiedergli delle sue sensazioni sul risultato delle primarie del PD, che hanno visto Nicola Zingaretti nuovo segretario del partito, e soprattutto una mobilitazione di centinaia di migliaia di persone.
“Sono molto contento, per il segnale di luce in un momento in cui sono ossessionato dalla perdita di speranza. Quindi, al di là della gioia per chi quel partito lo ha fondato, è sempre una bella cosa salutare la partecipazione a un momento di democrazia, che si sia di destra o di sinistra”.
E alla domanda se prevede un suo ritorno alla politica attiva, Veltroni risponde con un’altra dotta citazione cinematografica.
“Il ritorno di Ringo, bel film di Duccio Tessari con Giuliano Gemma, era una metafora dell’Odissea. Io non devo tornare perché non sono mai andato via. La politica o l’impegno civile si fa in molti modi, non c’è bisogno di avere un ruolo istituzionale. Chi è andato in piazza a Milano o a votare ai gazebo ha dato segno di grande responsabilità politica. E lo faccio anche io, ogni giorno”.
Ultima battuta sul cameo di Jean Pierre Leaud, l’attore feticcio di Francois Truffaut, Antoine Doinel come la storia del cinema lo ha conosciuto.
“Semplicemente gli ho scritto, ho parlato con la moglie, sono andato a Parigi a incontrarlo, e alla fine ha accettato. È stato magnifico, gentilissimo. Quando abbiamo girato la scena con lui, eravamo noi semmai a essere un po’ tesi a lavorare con una leggenda”.