Venezia76: Pelikanblut, dalla Germania una sorprendente pellicola
28/08/2019 di Thomas Cardinali
Pelikanblut, è il film di apertura della sezione Orizzonti della mostra del cinema di Venezia, diretto dalla regista tedesca Katrin Gebbe, una sorprendente pellicola con una commistione di generi, che parte dal dramma familiare, fino ad arrivare all’horror con qualche nota di soprannaturale.
Wiebke vive con la figlia adottiva di nove anni, Nicolina, in un idilliaco allevamento di cavalli. Dopo aver atteso molto tempo, ora ha la possibilità di adottare Raya, bambina di cinque anni, per dare a Nicolina la sorella che ha sempre desiderato. Le prime settimane trascorrono in armonia, e le sorelle vanno d’amore e d’accordo. Ma poco dopo, Wiebke capisce che Raya, inizialmente timida e incantevole, sta diventando sempre più aggressiva e costituisce un pericolo per sé stessa e gli altri. La madre dovrà presto spingersi oltre i propri limiti e prendere delle decisioni estreme per proteggere le sue piccole.
Questa la breve sinossi, di una intensa pellicola della durata di due ore che con un crescendo sorprendente coinvolte lo spettatore e il critico. Sebbene qui a Venezia 76 (come capita ormai troppo di frequente) il film non sia stato ben compreso, la regista tedesca Katrin Gebbe invece ha scelto una via del tutto originale Pelikanblut, con la scelta di esplorare uno scenario da incubo per un genitore. Il titolo si riferisce all’immagine cristiana della madre pellicano che nutre i suoi piccoli morti con il suo stesso sangue per riportarli in vita. È una metafora dell’amore e della fede altruistici. Anche la protagonista del mio film intraprende la strada del sacrificio personale per guarire la sua bambina ‘morta’ dal punto di vista emotivo. La scelta della protagonista e della storia stessa condurrà la nostra madre alla scelta diu una discutibile cura basata su riti ancestrali che appartengono al paganesimo.
In conferenza stampa oggi la regista Katrin Gebbe ha raccontato: “Prima di tutto è dovuto alla storia, pensavo si trattasse di una versione da incubo della maternità. La paura è che le donne che si trovano di fronte ad una bambina come Raya, la paura che la casa crolli, che danneggi gli altri bambini è uno scenario horror. Non ha senso essere in una situazione di famiglia felice. Tanti film horror iniziano in modo eccitante e alla fine con una delusione, volevo coinvolgere ed emozionare perdendo il contatto con la realtà fino alla fine”.
Alla incredibile performance offerta dalle due bambine protagoniste in particolare Katerina Lipovska , giovanissima che entra di diritto con questa pellicola nel ristretto cerchio di bambini e bambine in grado di generare paura sullo schermo cinematografico, la regista ha illustrato come sia stato possibile arrivare a questo risultato.
“Simona non è solo la preparatrice delle bambine ma è anche la mamma della più piccola. Non avevo dubbi di volerla per aiutare le bambine che non parlavano la lingua e sono state preparate per tutto il tempo. Simona ci ha guidato trasformando il film in un campo estivo, Kati non sa ancora leggere quindi dovevamo disegnare le scena spiegando le emozioni e quello che sarebbe successo. Quando si è trattato di girare sapevano già quello che avrebbero incontrato. Abbiamo avuto continue conversazioni su Skype così da andare davvero a fondo sul set durante le riprese. Lei è stata incredibile perché era l’unica delle bambine che erano venute al casting in grado di affrontare la storia. Lei in 40 giorni di riprese non e stata mai male, è un’attrice in grado di lavorare e perfezionare con straordinaria intuizione”.
E le giovanissime attrici interpellate ci hanno detto, Katerina Lipvoska: “Devo dire che d’inverno abbiamo fatto equitazione e mi sono divertita. Questo è il ricordo più piacevole”.
Adele Ocleppo: “Anche per me ogni giorno ci siamo divertiti ed e stata un’esperienza unica è bellissima”.
Katrin Gebbe : “Ci sono molte critiche rivolte alla società, queste famiglie e queste donne sono solo. Nessuno le accompagnerà nei momenti più difficili e ho pensato fosse nella natura della donna essere così forte da non trovare soddisfazione nella società. È risultato giusto trovare la risposta su quel livello”.
Senza dubbio una pellicola sul quale speriamo in una adeguata distribuzione, estremamente intelligente nell’usare al meglio la metafora dell’horror, in modo decisamente più efficace e spaventoso rispetto alle pellicole made in USA che affollano le nostre sale.