Venezia 75: Il Primo Uomo, recensione del film di Damien Chazelle con Ryan Gosling

Venezia 75 si apre con un film coraggioso e riuscito di Damien Chazelle che ne “Il Primo Uomo” non sbaglia nulla e riporta Neil Armstrong nello spazio e Ryan Gosling in orbita Oscar. La recensione in anteprima dal Lido.

Damien Chazelle torna sul luogo del delitto con “Il Primo Uomo” (il nostro incontro con il cast e il regista), perché dal Lido partì il viaggio meraviglioso di La La Land e da Venezia 75 decolla verso la stagione dei premi il suo nuovo film. Il primo non tratto da una vicenda personale come ha confessato lo stesso regista, che riesce però a mettere il suo inconfondibile stile registico e la cura ad ogni minimo dettaglio in ogni frame d “Il Primo Uomo” in cui torna a lavorare con Ryan Gosling. Un progetto ambizioso, un biopic davvero complesso da realizzare ma che è perfettamente riuscito grazie ad un lavoro di ricostruzione storica molto accurata e ad un lavoro eccellente in piena simbiosi tra cast e crew tecnica.

Ryan Gosling in questo film non è solo “Il Primo Uomo” Neil Armstrong, dimostra di essere anche un attore eclettico e completo continuando ad incantare dopo  quanto dimostrato in La La Land. Se li aveva seguito un rigoroso corso di piano e di canto per toccare i cuori di tutti gli spettatori stavolta ha svolto diverse sedute con astronauti della NASA imparando ogni segreto delle navicelle spaziali e dello stile di vita degli esploratori dell’ “oceano stellare”. Quello di Damien Chazelle però non è un mero biopic con inquadrature incredibili nello spazio ed effetti speciali, ma è soprattutto la storia di un uomo, marito e padre umile come chiunque altro. Neil Armstrong era l’eroe americano per eccellenza forse perché imperfetto, perché come mostra “Il Primo Uomo” nonostante il senso di immortalità che ha trasmesso attraverso gli schermi in realtà soffriva come molti noi.
Damien Chazelle è proprio nelle scene in cui richiama alla malattia e alla morte della piccola Karen che mostra tutto il suo cinema più emotivo ne “Il Primo Uomo”. In alcune sonorità sembra quasi di rivedere La La Land perché gli occhi di Ryan Gosling sono ricolmi d’amore, stavolta però l’amore triste verso il vuoto che ti provoca la perdita di un figlio. Un vuoto che nessuna moglie o nessuna Luna potrebbe mai colmare. Sua figlia è sempre con lui, è una presenza costante in tutta la preparazione e la missione e questo probabilmente ha reso Neil Armstrong il comandante ideale: aveva già perso quanto di più prezioso al mondo e non aveva paura di perdere la vita.

Il regista di “La La Land” dopo averci mostrato i sogni di Hollywood ci mostra quelli della NASA, sogni di uomini che spesso vivono sprezzanti del pericolo oppure abbandonati ad esso perché non hanno più nulla da perdere. In tutto questo fondamentale è la figura di Janet Armstrong, la prima moglie interpretata da una splendida Claire Foy. Il film è su Neil Arsmtrong e il suo micro-mondo e la moglie ne ha fatto parte in modo determinante. Nonostante i problemi il loro amore era vero, era un amore logorante che è proseguito per ben 38 anni prima del divorzio. Dietro un grande uomo c’è una grande donna e “Il Primo Uomo” ci mostra anche la prima grande figura femminile di Venezia 75. Il discorso con cui mette il marito dinanzi alla sua responsabilità di parlare con i figli dei rischi per la missione Apollo ha la stigmate  dei grandi interpreti. Era quasi impossibile eguagliare la coppia Gosling-Stone, ma Claire Foy è riuscita ad essere splendida in un ruolo completamente diverso da Mia Dolan. Il resto del cast è pazzesco, a partire da degli ottimi Jason Clarke e Kyle Chandler.

Analizzando i film nello spazio degli ultimi anni “Il Primo Uomo” è anche un gioiello tecnico con una minuziosa ricostruzione degli ambienti e delle varie location che non ha nulla da invidiare a Gravity, che anzi è rimasto cristallizzato in una tecnica perfetta che lasciava più freddi ed indifferenti. Il film di Damien Chazelle è pulsante e trasmette una miriadi di sensazioni differenti, dalla gioia familiare fino ad arrivare alla claustrofobia nello spazio. Il regista franco-canadese ha deciso di provare una sfida difficilissima e l’ha vinta come solo un uomo capace di ottenere 14 nomination e di vincere l’Oscar più giovane di sempre alla miglior regia poteva fare. In alcune scene sembra anche di vedere lo zampino del produttore Steven Spielberg, rimasto folgorato dal progetto e dal talento cristallino e (finalmente possiamo anche certificarlo) poliedrico di Damien Chazelle. La scrittura di Josh Singer attenta e piena di verità ha fatto il resto.

Il Primo Uomo non è sicuramente Interstellar di Christopher Nolan, perché qui c’è una grandissima storia vera alle spalle ma con un film di questo tipo l’astro nascente del cinema mondiale ha mostrato di non aver nulla da invidiare a chi ha già raccontato con successo lo spazio. Damien Chazelle e Ryan Gosling ci hanno portato sulle stelle e fatto venire gli occhi lucidi di nuovo, perché stavolta non è servito City of Stars, ma è bastato un braccialetto sullo stile di quelli della “nomination” per farci aprire nuovamente i rubinetti per un’altra apertura di Venezia 75 che non dimenticheremo facilmente nonostante non dia la sensazione di quell’amore a prima vista folgorante che avevamo avuto per l’illustre predecessore e l’opera prima Whiplash.

Voto a “Il Primo Uomo”

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