The Silent Man: la recensione, la vera storia di Gola Profonda
11/04/2018 di Redazione

The Silent Man, la vera storia di “Gola profonda”. Si torna a parlare dello Watergate e della persona che innescò tutto lo scandalo con le sue rivelazioni consegnate ai giornalisti del Post in forma anonima, Mark Felt il vicedirettore FBI che per amore del suo paese e della verità, mentì ai suoi superiori e fece dimettere il Presidente Richard Nixon.
The Silent Man, per i più giovani può essere senz’altro considerato il sequel di The post di Steven Spielberg, abituati a saghe cinematografiche inesauribili, lo scandalo Watergate sembra proprio (complice l’elezione di Trump) essere tornato di grande attualità. La storia tratta dal libro dello stesso Mark Felt e John O’ Connor, Mark Felt: The Man Who Brought Down the White House (titolo originale della pellicola) ci porta dietro le quinte dello scandalo Watergate dando un volto cinematografico al misterioso “Gola profonda”, che in Tutti gli uomini del Presidente del 1976 (che ormai possiamo considerare il primo film della saga Watergate come Star Wars) diretto da Alan J Pakula era interpretato da Hal Holbrook, mentre nella film di Peter Landsman troviamo un solidissimo Liam Neeson.

The Silent Man è nello stile del regista, che già aveva fatto parlare di sé con Parkland e Zona d’ombra, e che viene dal giornalismo investigativo, con il risultato di essere una perfetta e veloce (in senso cinematografico) ricostruzione della vicenda dedicata a Mark Felt.
Siamo negli anni ’70 mentre Richard Nixon è intento a farsi rieleggere, vengono sorpresi degli uomini legati al Partito Repubblicano intenti a piazzare microspie per intercettazioni illegali nel quartier generale del Comitato Nazionale Democratico ubicato all’hotel Watergate.
Per coloro che hanno visto il piccolo gioiello cinematografico di Spielberg The Post, il film sembra quasi iniziare dal finale della pellicola di Steven, e si ricollega anche con la morte dello storico direttore FBI Edgar J Hoover che fin dal lontano 1935 guidava il Bureau. Landsman decide di partire proprio da questo punto cruciale per raccontarci la storia di un uomo, un fedele servitore della sua nazione, in teoria destinato ad una naturale successione come direttore e ritrovarsi di colpo allo stesso punto dove era arrivato, con l’arrivo di un nuovo direttore, emanazione diretta del governo Nixon che voleva mettere le mani e dirigere una istituzione da sempre libera e indipendente da qualsiasi forma di controllo.

La parabola umana, resa benissimo da Liam Neeson accompagnato da Diane Lane nel ruolo della moglie, nel cercare di difendere la FBI a cui ha dedicato tutta la sua vita ci porta dentro la vicenda. Non si tratta solo di dare un volto alla persona che ha decisamente dato una svolta alla Storia, ma che lo ha fatto con un “tradimento”, fornendo informazioni che mai si sarebbe sognato di dare alla stampa in passato, in contrasto con i suo principi e mentendo anche ai suoi diretti superiori.
L’intera vicenda benché sia stata rivelata nel 2005 da Felt stesso, meritava davvero la riduzione cinematografica per il grande pubblico distratto, che anche a causa dei nuovi mezzi di comunicazione difficilmente trova il tempo di leggere un libro, figuriamoci la storia di Mark Felt. Il risultato quindi è di grande pregio, specie per le nuove generazioni, quello di approfondire una figura che ha sacrificato la sua sua carriera e tutta la sua vita professionale per consegnare la verità, ma soprattutto per non dare il controllo a persone pronte ad insabbiare ogni cosa e a continuare a mentire ai loro cittadini. Se come speriamo condividerete questa recensione probabilmente attraverso Facebook, avrete molto da riflettere sul concetto di verità e controllo. Mark Felt è una figura che nell’ombra nascosta di un parcheggio sotterraneo ha contribuito in modo determinante alla libertà e alla verità per i suoi cittadini. Per noi che viviamo in un paese dove ancora oggi un mistero come Ustica e tanti altri non hanno ancora un colpevole, ci chiediamo quanti Mark Felt italiani siano spariti a nostra insaputa o non abbiano avuto il coraggio di dire la verità.
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