Non succede ma se succede, recensione della commedia con Charlize Theron
06/10/2019 di Redazione
Non succede ma se succede, di Jonathan Levine, con Charlize Theron, è una commedia brillante e romantica che tratta temi estremamente attuali.
L’inizio di ogni storia
Non succede ma se succede, di Jonathan Levine, parte dall’incontro tra Charlotte Field (Charlize Theron) e Fred Flarsky (Seth Rogen). Charlotte è una delle donne più influenti del mondo. Intelligente, sofisticata e realizzata. Un’autorevole Segretario di Stato con uno spiccato talento in ogni cosa. Fred è un ottimo giornalista dallo spirito libero con una propensione per situazioni problematiche. Non hanno niente in comune, a parte il fatto che lei è stata la sua babysitter e la sua prima cotta. Quando i due riallacciano casualmente i rapporti, Charlotte sembra cedere al carattere di Fred, autoironico e idealista, che le ricorda lei da giovane. Con grande disappunto da parte dei suoi collaboratori, Charlotte assume Fred per scrivere i suoi discorsi elettorali. Da un’intesa inequivocabile nasce una storia d’amore piena di incidenti pericolosi e inaspettati.
L’importanza dell’immagine
Divertente e brillante, a metà tra la commedia leggera e il film più profondo. Perché Non succede ma se succede, parla sicuramente di complicità, e amore. Ma anche di apparenza, convenzioni sociali e della disperata voglia di libertà. Di leggerezza. E di essere se stessi, anche se non sempre, almeno ogni tanto. Due ottimi attori insieme. Fred è il tipico uomo apparentemente ridicolo. Di quelli che si fanno notare e che non si preoccupano del giudizio altrui. Una qualità in certi casi, ma per un personaggio pubblico come Charlotte, sembra più un difetto. Dal modo di vestire a quello di parlare Fred è un pesce fuor d’acqua, motivo di imbarazzo e disagio. Ma Charlotte, affascinante donna in carriera, va oltre le apparenze e crede in quell’uomo a cui nessuno dà fiducia.
Quando succede all’improvviso
Dalla collaborazione, il lavoro e l’intesa che sentono entrambi, nasce un altro legame. Fred si avvicina a Charlotte con l’intento di conoscerla. Per scrivere dei discorsi elettorali dove il pubblico possa vedere la persona, l’essere umano dietro il personaggio politico. E questo, più di tutto, conquista Charlotte. Fred riesce a vederla davvero. Mette il cuore e l’anima in tutto ciò che scrive credendo davvero nella forza delle parole. E negli obiettivi di Charlotte, per quanto a volte impossibili da realizzare. Il regista Jonathan Levine parla d’amore e dell’essere se stessi. Ma anche di quell’apparenza di cui tutti sono schiavi, di quella paura di essere scoperti nella vita di tutti i giorni. Di essere esposti e visti come persone, normali, senza filtri e senza maschere. Un qualcosa che dovrebbe essere naturale, e che invece, oggi più che mai, è quasi una colpa.
La dura realtà
Ma non conformarsi è impossibile, e il film cerca di dire anche questo. Perché a volte la libertà tanto ricercata ha delle conseguenze. E quanto può contare l’immagine pubblica di qualcuno? Charlotte e Fred dovranno fare i conti con una relazione che forse gli elettori non apprezzerebbero. Perché li vedono incompatibili. Come aspetto fisico, personalità, background e immagine. Appunto, apparenza. Ma in realtà la loro sintonia è evidente, sincera. Lo stesso spettatore all’inizio potrebbe non credere alla loro storia. Un film che gioca con il pubblico. Che fa riflettere, ridere e che intenerisce. Jonathan Levine suggerisce che quando ci si vuole bene tutto il resto non ha importanza. Anche se all’inizio può sembrarlo.