Manifest: Un mix di cose già viste che funziona – Recensione episodio 1×01
01/10/2018 di Redazione
Manifest è la scommessa di NBC per questo autunno televisivo e stando agli ascolti possiamo dire che è stata vincente. Vediamo di raccontare le nostre impressioni senza spoiler pesanti sulla trama orizzontale.
L’impatto visivo per un neofita di serie TV deve essere stato senza dubbio elettrizzante. Tutto ha inizio in un tranquillo aeroporto affollato, vite che si incrociano, coincidenze che si perdono e casualità che porta una famiglia a separarsi su due voli diversi per poi incontrarsi dopo qualche ora che per quelli del volo 828 sono in realtà 5 anni e mezzo.
Per chi invece mastica serie Tv da anni, le sensazioni sono diverse e l’aria del “già visto” aleggia su ogni inquadratura, dialogo, scena. Personalmente sono passato da Fringe a Lost, da Party of Five a This is us (per quello che ho visto) e persino accenni di Doctor Who forse per questo utilizzo del tempo rimodulato e trasformato.
E siamo solo all’inizio. Le coincidenze soprattutto fra Lost, Fringe e Manifest continuano successivamente, più con il primo che con il secondo almeno finora. Un aereo che atterra dopo 5 anni e mezzo senza che i passeggeri siano invecchiati di un giorno sa molto di Fringe che con gli aerei ha una certa dimestichezza (vero Walt, Peter e Olivia?), così come le voci interiori dei protagonisti,la riunificazione di alcuni componenti dell’equipaggio e dei passeggeri attorno ad un comune senso di appartenenza e di vicinanza sa tanto di Lost.
Non possiamo al momento fare confronti diretti fra una serie appena iniziata e due giganti della serialità, ma è comunque curioso che già dal pilot le vicinanze e gli echi non manchino.
La normalità dietro il miracolo.
Le cose che accadono in questo pilot sono davvero interessanti dal punto di vista della storyline. Nulla che lasci a bocca aperta ma la sceneggiatura è stata fatta per essere il più possibile strappalacrime, emotiva e intrigante senza per questo scadere nella faciloneria o nel melenso.
Detto in parole povere, viene inserito il miracolo del volo 828 nel quotidiano, nella normalità. Un sasso buttato in un placido lago che stravolge, sconvolge e trasforma. Le vite dei protagonisti del volo e quelle di chi aveva perso ogni speranza si incrociano per dare vita alle varie trame che vanno dagli amori finiti alle speranze di cura per il figlio di Ben.
Manifest concede allo spettatore quel senso di appartenenza, di tenerezza e coinvolgimento che ormai è il dogma, mutuato da This is Us, per funzionare in TV. Così come funziona perfettamente la tv del dolore, della lacrima e della commozione sparata davanti alle telecamere, funziona benissimo anche quella seriale se ben proposta e ben scritta.
La legge dei numeri e Lost.
Altra palese vicinanza con la serie ABC Lost, è sicuramente il concetto di predestinazione, la comunanza dei passeggeri verso un avvenimento che li sconvolge al punto da ritrovarsi essi stessi isole spaesate nel nostro caotico mondo, una specie di rovesciamento di fronte rispetto a Lost pur mantenendo inalterati i canoni base.
Qui l’aereo non cade, ma atterra, qui i “miracolati” a distanza di 5 anni ritrovano i propri cari, le proprie vite e vivono anche i cambiamenti drammatici che tutto ciò porta. Si respira la stessa aria di mistero e ansietà che era un po’ il marchio di qualità di Lost.
Persino l’ossessiva presenza dei numeri 828 non possono non farci pensare alla ormai famosa sequenza 4-8-15-16-23-42 di Lost. Qui sono numeri ricorrenti nella vita di Ben (Josh Dallas) e di Michaela (Melissa Roxburgh). SE a questo aggiungiamo un altro particolare molto interessante che non svelo per non rovinarvi la sorpresa, si capisce bene che Manifest può apparire come una sorta di proseguimento di Lost con il quale mantiene, seppur in modo molto ben scritto, una sorta di connessione.
Il cast di Manifest.
Ben Stone – Josh Dallas.
Chi legge le mie recensioni in giro per il web, sa che non ho mai avuto una grande ammirazione per Josh Dallas, specie in Once upon a time, di cui è stato il Principe azzurro per 6 stagioni. In questo caso devo ricredermi perché Ben Stone è uno dei personaggi migliori visti finora.
Un uomo che prova ad essere padre affrontando le difficoltà della vita, la malattia del figlio e il suo rapporto con la moglie, Grace (Athena Karknis), con grande dignità. Forse sbagliando in molte cose, un uomo che davanti all’impossibile, prova a riprendere là dove aveva interrotto. Ma nulla può essere come prima e i cambiamenti possono portare ai miracoli ma anche alle delusioni. Ben non deve recuperare soli i 5 anni persi nella vita di chi ha lasciato apparentemente per un volo di circa un ora, ma deve fare i conti anche con i cambiamenti interiori che tutto questo ha portato.
Josh Dallas ci offre una prova molto convincente da attore maturo e solido, che mette da parte l’aspetto prettamente estetico per offrirci quello di una persone normale, come tutti noi. Persino la mimica e la recitazione sembrano davvero un’altra cosa rispetto a Once upon a Time, forse perché questo ruolo gli consente maggiori spazi di manovra nei quali dimostrare la sue qualità di attore.
Michaela Stone (Melissa Roxburgh).
Difficile dopo solo un episodio inquadrare bene il personaggio di Michaela. Lei è un detective di polizia e questa sua attitudine all’indagine la porta prima di altri a capire che qualcosa in quel volo è accaduta e li ha cambiati. Anche la sua vita è cambiata radicalmente e vedremo come sia difficile per lei, affrontare cambiamenti avvenuti in 5 anni e mezzo che però lei vede dopo un semplice volo.
Melissa Roxburgh è una brava interprete, ma non mi ha trasmesso le emozioni che invece è riuscito a darmi Josh Dallas. Sicuramente è presto per giudizi definitivi e vedremo nelle prossime puntate come affronterà alcune cose emerse durante il primo episodio, ma nel complesso il personaggio di Michaela funziona bene nell’ingranaggio delle vicende raccontate in Manifest.
Saanvi (Parveen Kaur).
Segnalo infine il personaggio di Saanvi, un medico ricercatrice che prende un volo come medico geniale e con un progetto di cura per la leucemia, tanti sogni nel cassetto e tante speranze e atterra con gran parte delle sue speranze e dei suoi sogni realizzati e sviluppati in una cura concreta per tanti malati.
Saanvi è sicuramente il personaggio più curioso e interessante fra quelli visti nel pilot e penso sia anche quello sul quale si punterà molto per quella chiave ospedaliero/strappalacrime che mi aspetto sia parte integrante della serie.
Parveen Kaur sembra la migliore scelta per questo ruolo che deve miscelare bene umanità e scienza medica e l’attrice di origini indiane ha già dato prova di essere una buona attrice sia in Saving Hope che in The Strain.