Leiji Matsumoto: “Sono pronto ad andare nello spazio !”, da Lucca Comics l’incontro del secolo con Umberto Guidoni

08/11/2018 di Redazione

Leiji Matsumoto all’incontro del secolo, in compagnia dell’astronauta italiano Umberto Guidoni moderato dalla scrittrice Licia Troisi, all’interno della splendida chiesa di S.Francesco a Lucca Comics, la leggenda dell’animazione giapponese ha sorpreso tutti con le sue dichiarazioni.
Leiji Matsumoto è l’ospite d’onore di Lucca Comics & Games 2018, il grande maestro dell’animazione giapponese e dei manga a cui si devono serie epocali , a cominciare da Capitan Harlock, Galaxy Express 999, la leggendaria Star Blazers ovvero la Corazzata Spaziale Yamato e tanti altri.
Classe 1938, ma in perfetta forma, il Sensei dopo vari incontri a partire da un meraviglioso showcase dove accompagnato con le musiche dal vivo delle sue opere ha disegnato di fronte ad un platea semplicemente incantata, all’interno del teatro del Giglio, un evento emozionante per chi segue da sempre le opere del maestro, che ha commosso il pubblico presente.
Ma l’incontro alla chiesa di S. Francesco è stato ancora più sorprendente, scambiando prima qualche parola con il bravissimo Umberto Guidoni, che abbiamo incontrato tante volte, ed è un perfetto divulgatore, ci raccontava di essere molto incuriosito dal maestro , ma  abbiamo dovuto constatare ad un certo punto la sua meraviglia divertita all’affermazione di Leiji Matsumoto che si dichiarava pronto ad andare nello spazio, che tenta di farlo da anni, e che guardava decisamente con invidia il nostro Astronauta.
Cos’è per voi lo spazio?
Leiji Matsumoto: “Lo spazio per me è casa mia, lo è da sempre”
Umberto Guidoni: “Anche per me è stata una  casa, anche se per poco tempo. È un ambiente dove l’uomo deve imparare a vivere e ci abbiamo messo 50 anni, ora abbiamo una casa e ci stiamo riuscendo ma come ancora tanto da esplorare”.
Perché ha deciso di scegliere questo genere?
Leiji Matsumoto: “Si io sin da piccolo ho sempre guardato le stelle e lo spazio, ho sempre pensato che ci dovesse essere qualcun altro. Quando guardavo il cielo pensavo al futuro, da bambino chiesi a mio padre, che era un pilota, se esistessero altre forme di vita. Lui mi diceva forse si, forse no. La cosa però mi ha creato sempre interesse quindi credo che ci sia qualcosa, ci stiamo guardando a vicenda. Da bambino mi addormentavo sentendomi cullato in questo mare di stelle”.
La fantascienza ha giocato nella sua scelta di astrofisico e astronauta?
Umberto Guidoni: “Direi di sì, leggevo libri di fantascienza e sono cresciuto con quel mito, poi è accaduto che nel luglio del 1969 due uomini hanno camminato sulla luna. Ho pensato che da grande avrei voluto fare proprio quello, poi crescendo mi sono reso conto che era un lusso americano. Ho fatto la cosa più vicina studiando lo spazio dalla terra. Poi lavorando con le stazioni delle ricerche mi hanno dato l’occasione di aprirmi la strada come astronauta. L’Italia partecipò ad una missione con lo shuttle e da lì è cominciata la mia avventura. Ci fu un concorso pubblico a  cui io ho partecipato nonostante pensai fosse difficile, ma ora eccomi qui alla fine di tutto”.
Cosa la affascina dei pirati?
Leiji Matsumoto: “I pirati non nascono per spaventare, sono un simbolo di autodeterminazione che indica di combattere fino a diventare ossa. È un simbolo che portavano e che e molto affascinante, per me un pirata spaziale era il simbolo di un sogno. Rappresentava un uomo che si muoveva in libertà nei miei sogni infiniti”.
Che figura rappresenta per le persone l’astronauta?
Umberto Guidoni: “Gli astronauti vengono guardati con occhio diverso, in un certo senso è la continuazione di un’epopea di esploratori. In qualche modo la similitudine è che lo spazio è considerato come oceano. L’idea del viaggio e dell’esplorazione oltre le frontiere viene incarnata dall’astronauta. I bambini rispondono sempre che gli astronauti vanno su un altro pianeta, ma gli unici ad averlo fatto sono quelli sbarcati sulla luna. L’obiettivo però è proprio questo, speriamo di raggiungere Marte nei prossimi 10-20 anni. Ma questi ci  danno la forza di affrontare l’ignoto, ti rendi conto davanti a certe reazioni, per quanto sia grande la speranza che possiamo sperare anche di guardare oltre Marte anche se è difficile, però non ci dobbiamo scoraggiare perché l’umanità ha superato qualsiasi frontiera e difficoltà per cui non ci fermerà neppure lo spazio”
Le astronavi sono una caratteristica del Sensei, a cosa si è ispirato?
Leiji Matsumoto: “Si mi sono sempre interessato ai disegni delle macchine, ma anche degli aerei perché mio padre era un pilota di aerei e ci ero salito. Già vedendoli avevo cominciato ad immaginare mettendoli su carta. Io sognavo il futuro è disegnavo le cose che derivavano dalla realtà. Al tempo delle tv a tubo catodico già disegnavo gli schermi piatti che poi sono effettivamente arrivati. L’immaginazione mi ha portato ad anticipare il futuro. Adesso sono diventato un disegnatore quasi professionista, quindi vedo il mio disegno con un lato più professionale e quindi vedo anche i meccanismi come sono fatti. Secondo me queste astronavi rappresentano il futuro”.
Un amore per lo strumento disegnato, ma qual è il rapporto tra l’uomo e l’astronave che vi porta nello spazio?

Umberto Guidoni: “L’avventura spaziale richiede fantasia e immaginazione, ma senza tecnologia non si va da nessuna parte. Nonostante i sogni prima di Saturno 5 non saremmo mai andati sulla luna. La cosa impressionante è che la tecnologia con cui siamo andati nello spazio era rudimentale agli occhi di oggi, i computer erano poco più che primitivi rispetto a quelli che abbiamo in tasca ora con gli smartphone. Eppure con quella tecnologia è stata sufficiente per decollare e siamo andati sulla luna. La tecnologia è fondamentale, anche rischiosa perchè quando sei seduto su milioni di litri di combustibile liquido ed idrogeno in realtà sei su una bomba. Lo capisci perché tutte le persone che ti hanno aiutato a salire si allontanano a otto chilometri di distanza. Quando siamo saliti sullo shuttle  si sentivamo vibrazioni incredibili, una velocità inimmaginabili come 28 mila km l’ora. C’è bisogno dello spirito di sfida con la capacità di immaginare nuove possibilità, ma senza la tecnologia pratica non sarebbe possibile. Questo è uno dei problemi ad arrivare su Marte perché è un viaggio di oltre sei mesi e non puoi tornare indietro o avere l’appoggio dalla terra”.

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