Le Ereditiere: Recensione del film del paraguaiano Marcelo Martinessi

10/10/2018 di Redazione

Scritto e diretto da Marcelo Martinessi, approda anche in Italia Le Ereditiere. Ecco la nostra recensione della pellicola!

Il lungometraggio d’esordio del paraguaiano Marcelo Martinessi, Le Ereditiereha conquistato Berlino aggiudicandosi il Premio Alfred Bauer e l’Orso D’Argento alla miglior attrice per Ana Brun. Scritto dallo stesso regista, il film indugia sulla nuova vita che deve costruirsi Chela (Ana Brun), nata da famiglia agiata, ma ormai in declino economico e costretta a vendere i propri cimeli. Convive ad Asuncion (Paraguay) con Chiquita (Margarita Irun), anche lei di analoga estrazione sociale. Dopo che la sua compagna viene arrestata e rinchiusa in carcere sotto accusa di frode, Chela conosce Angy (Ana Ivanova), una donna molto più giovane di lei. Il rapporto che si instaura tra le due porta all’esistenza della protagonista una piega piacevolmente inaspettata. La pellicola, distribuita dalla Lucky Red, è in uscita nelle sale cinematografiche italiane la prossima settimana, il 18 ottobre 2018.
Le Ereditiere: Recensione del film del paraguaiano Marcelo Martinessi
Le Ereditiere | Chiquita

Le Ereditiere | Recensione del film di Marcelo Martinessi

Nella pellicola nulla risulta fuori posto: la telecamera segue le vicende de Le Ereditiere come farebbe un amico fedele, con una regia quasi impercettibile – ma che in realtà c’è, eccome. La sua presenza si coglie nelleinquadrature curate a puntino, armandosi di una adeguata messa a fuoco del soggetto e la ripresa obliqua spesso utilizzata: così si riesce a focalizzare la nostra attenzione sullo stato d’animo della protagonista che risalta più di ogni altra cosa, senza aver bisogno di essere urlato a gran voce, senza far rumore. Chiaramente, il tutto è coadiuvato dalla performance di una splendida Ana Brun. L’attrice riesce infatti a conferire al suo personaggio una grande potenza comunicativa senza doversi armare di discorsi altisonanti o di un’espressività troppo marcata: si rispetta, in questo senso, la signorilità del personaggio, che si voglia per la maturità fisica o per il ceto sociale da cui ella proviene.
È d’altro canto il ridurre tutto all’essenzialeche caratterizza il realismo de Le Ereditiere. Gli stessi dialoghi sono ridotti all’osso, mettendo in bocca ai personaggi nulla di più di quello che devono in una data situazione, lasciando che siano i dettagli – e le stesse inquadrature – a parlare da sé. Data l’origine agiata del personaggio, ad esempio, è spesso proprio il modo di vestirsi e di curarsi di Chela a raccontare i suoi sentimenti, senza però alterarne la sobrietà: anche solo un paio di occhiali da sole indossati – o meno – riesce a fare la differenza. Così come la sua emancipazione viene rappresentata pienamente dalla guida di un’automobile piuttosto che da un’esplicita ribellione. E la forza della regia e della sceneggiatura di Marcelo Martinessi sta così proprio nell’evitare tutto ciò che evitabile, concentrandosi su ciò che è reale e plausibile.

Le Ereditiere: Recensione del film del paraguaiano Marcelo Martinessi
Le Ereditiere | Chela

I personaggi femminili sono la chiave e la peculiarità de Le Ereditiere. Sarebbe stato molto più facile rappresentare delle ragazze nel fiore degli anni, in un mondo – quello del cinema – che predilige la giovinezza e difficilmente delega un ruolo da protagonista a donne che hanno superato la mezza età. E ancora più difficilmente vi si dà una caratterizzazione al livello amoroso, men che meno che non sia etero. L’aspetto sessuale non viene però approfondito, denotando forse un’assenza di quella dose di coraggio definitivo di cui più spesso, nel produrre film che raccontano di relazioni di questo tipo, ci si dovrebbe armare. Ma in realtà il tutto rientra nell’idea portante di rappresentazione che traspare in ogni singolo aspetto della pellicola, e cioè di non indugiare su ciò che non è necessario e funzionale allo svolgimento della trama e nient’altro.
Le Ereditiere è un film che nella sua semplicità e concisione ha molto da trasmettere e da raccontare, da osservare e da gustarsi con la stessa cura con cui è stato girato. Senza dilungarsi in chiacchere o virtuosismi, riesce a prendere corpo senza annoiare né prendere dal nostro tempo più di quanto non sia necessario, per rimanere vivido nella nostra coscienza.
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