La strada dei Samouni: Recensione, il Piombo Fuso di Gaza
05/10/2018 di Redazione
La Strada dei Samouni è tratto da una storia vera, il bombardamento avvenuto a Gaza durante l’operazione Piombo Fuso nel 2009.
La strada dei Samouni, sul filo dei ricordi, immagini reali e racconto animato si alternano a disegnare un ritratto di famiglia, prima, dopo e durante i tragici avvenimenti che hanno stravolto le loro vite in quel gennaio del 2009, quando, durante l’operazione di guerra da parte di Israele, vengono massacrati 29 membri della famiglia.
Diretto da Stefano Savona con le animazioni dei disegni di Simone Massi, la pellicola riesce in modo molto efficace a raccontarci la storia dei sopravvissuti, che cercano di ricostruire la propria esistenza dopo la distruzione che si è abbattuta su di loro. La scelta è molto forte, quella di partire dal ricordo dei bambini coinvolti durante l’operazione che portò le forze aeree e di terra di Israele a porre fine ai ripetuti attacchi missilistici che provenivano dalla striscia di Gaza ad opera di Amas. Ma come sempre accade in guerra l’attacco da parte delle forze di Israele ha colpito anche molti innocenti.
La scelta del film potrà forse sembrare di parte , o scontata, con il drammatico punto dei vista dei bambini, e la morte e la distruzione ci vengono consegnate a livello cinematografico in un gelido bianco e nero con le immagini reali di un drone mischiate anche a quelle animate. Mostrare il punto di vista del drone che verifica i risultati dell’attacco, con le immagini animate di bambini che a terra sono le vittime della distruzione risulta un contrasto molto efficace. La prima parte del film racconta il tragico attacco, mentre nella seconda si fa strada la storia di come la politica si sia impadronita della tragedia, a cominciare dalle tante agenzie che cercano di alleviare la sofferenza delle popolazioni in una situazione senza alcuno sbocco, e che ormai nonostante tante inchieste giornalistiche, appelli e messaggi appare dimenticata. La Strada dei Samouni vuole solo ricordarci ancora della tragedia di un popolo, e della guerra, ma forse l’obiettivo vero, pienamente raggiunto da Savona , era quello di raccontarci la storia della famiglia Samouni dall’interno.
Una comunità contadina che si trova al centro di questo luogo da cui essa prende nome, vivendo le loro storie, quelle di persone semplici che da sempre coltivano i loro uliveti, e che forse se quel luogo non fosse Gaza staremmo raccontando una semplice storia e gioiosa di una comunità contadina, che invece si ritrova schiacciati tra gruppi fondamentalisti dall’una e dall’altra parte che sicuramente non intendono pacificarsi. Prigionieri in un mondo condannato ad una guerra infinita, che ricorda i più cupi romanzi di fantascienza, e che invece è una realtà che non dista molto in linea d’aria da dorate spiagge, dove tanti italiani amano passare il ferragosto.
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