Creed 2: Recensione del film con Sylvester Stallone e Michael B. Jordan
24/01/2019 di Thomas Cardinali
Il secondo capitolo della nuova saga dedicata ad Adonis Creed è un ritorno al passato di quelli che non si dimenticano, ecco la nostra recensione in anteprima.
Creed ci ha riportato prepotentemente nella saga di Rocky, quella che abbiamo sempre amato e che ci aveva fatto storcere la bocca con il sesto film. Se nel primo capitolo diretto in modo folgorante da Ryan Coogler c’era stato l’elogio a Rocky Balboa, o meglio alla carriera di Sylvester Stallone con la sua miglior interpretazione che gli ha fatto vincere un Golden Globes e sfiorare un Oscar, questa volta è un film decisamente più globale.
Creed era il rapporto tra allievo e maestro, con il primo a sostenere il secondo, in questo secondo atto il passato tornerà invece in modo travolgente e la scena sarà molto di più per il giovane protagonista interpretato da Michael B. Jordan. Il villain di “Black Panther” si prende la scena, come se Sylvester Stallone volesse farsi da parte per permettere al nuovo di avanzare. Nelle scene più toccanti però il vecchio leone c’era sempre, con la frase ed il consiglio giusto. Ampio spazio anche per Tessa Thompson, che si mostrerà fondamentale per il giovane Adonis quanto Adriana lo fu per Rocky portando ancora più umanità al racconto.
L’idillio del duo però viene scosso da una nuova sfida, perché se c’è qualcosa che ci ha insegnato la saga di Rocky è che al centro della scena deve esserci il ring. Stavolta però non è una sfida come tutte le altre, stavolta ci sono 30 anni di sofferenza da vendicare. Sul ring ci saranno ancora una volta un Creed e un Drago, in quel cliché del cinema che spesso ha visto grandi figli di due padri affrontarsi. Adonis contro Viktor, una sfida che ha fatto sussultare i fan sin da quando è stata concepita dalla mente di Stallone.
Questa però come detto non è una sfida come tutte le altre, è una sfida che si ripete per due volte nel film perché c’è il solito percorso della saga di Rocky: morte e resurrezione, un figlio dell’odio contro un figlio della vita, della voglia di lottare e di lasciare un segno anche per coloro che ama. La morte dell’allievo che ha disubbidito ai consigli benevoli del maestro, la sua rinascita grazie alla famiglia. Rocky non è mai stata solo una saga sulla boxe, ma bensì un racconto sulla vita e Creed 2 lo dimostra per l’ennesima volta. Quando non si è da soli sul ring i guantoni sono più pesanti, i pugni fanno più male come se fossero martelli nonostante la forza del tuo avversario.
Passando ad analizzare la regia del giovane Steven Caple Jr. possiamo apprezzare sia la parte più intima, ricca di dialoghi tra i protagonisti che restano impressi anche a diverso tempo dalla visione, ma soprattutto il match finale sul ring. Probabilmente ci troviamo davanti al confronto più spettacolare della saga, o quantomeno al degno erede di quello che vide protagonisti Sylvester Stallone e Dolph Lundgren (la nostra intervista a Venezia 75). Proprio l’attore e Brigitte Nielsen rappresentano dei graditi ritorni, soprattutto il primo sfoggia una splendida interpretazione.
In un’epoca in cui c’è l’angosciosa ricerca di sequel e reboot per totale mancanza di fantasia Sylvester Stallone mostra di non fare le cose per caso, mostra che Creed è una saga che ha un suo perché e una sua vita. Più volte sarete sul punto di emozionarvi, ma chi non lo farà davanti ad un finale da KO che chiude in modo meraviglioso il cerchio della saga forse non sa che vuol dire emozionarsi. I veri uomini cresciuti con Rocky avranno gli occhi lucidi, gli amanti del cinema invece con Creed 2 potranno gustarsi un bel film.
Ma siamo proprio sicuri che per Rocky nonostante il finale perfetto sarà l’ultima volta? Intanto Creed 2 è nei nostri cinema dal 24 gennaio.