C’era una volta a… Hollywood: Tarantino, DiCaprio e Margot Robbie presentano il loro ’69 | Video
03/08/2019 di Thomas Cardinali
Première a Roma per “C’era una volta a… Hollywood” di Quentin Tarantino, abbiamo incontrato il regista accompagnato dalle due star del film Leonardo DiCaprio e Margot Robbie. Il nostro video integrale dell’incontro.
Due giorni di festa per “C’era una volta a… Hollywood” a Roma, con una première che ha catalizzato l’attenzione di migliaia di fan accorsi in massa al cinema Adriano per il red carpet di ieri. Dopo il bagno di folla, oggi, è stata la volta dell’attività stampa con una conferenza tenuta dal regista Quentin Tarantino e dalle due star Leonardo DiCaprio e la meravigliosa Margot Robbie.
Una conversazione che si è catalizzata sulla Hollywood del 1969 dipinta in modo meraviglioso e realistico da Quentin Tarantino, che come nel suo “Bastardi Senza Gloria“ ci regala una rivisitazione storica personale e, a tratti, autobiografica. Leonardo DiCaprio, ormai diventato un vero e proprio feticcio per Quentin Tarantino, è uno straordinario Rick Dalton, ma anche Margot Robbie è davvero pazzesca nel film nei panni di una solare Sharon Tate. Ecco cosa ci hanno raccontato i protagonisti di “C’era una volta a… Hollywood”.
Potete dirci qualcosa sul rapporto produttore regista e su questa esperienza?
Shannon McIntosh: “È un percorso emozionante e ogni volta si impara
Qualcosa di nuovo. Abbiamo avuto questo copione, lo abbiamo letto e siamo partiti per un’avventura. Poi scegliamo location e cast”
David Heyman: “Un privilegio, ho avuto la fortuna di lavorare con tanti registi importanti nella mia carriera, Quentin è un maestro e controlla tutti gli aspetti della produzione. È come leggere un romanzo perché ci sono tantissimi particolari che riesce a portare in vita. Una invenzione senza fine che procede con grande velocità. Ho lavorato con tanti creativi, lui crea per piacere”.
Tu qui interpreti un attore al tramonto, chissà quanti ne hai incontrati nel corso della tua carriera. Tu sei uno degli attori fondamentali nella Hollywood di oggi, mentre a questo personaggio hai dovuto regalare debolezza e commozione. Ci parli di questa sfida?
Leonardo DiCaprio: “Innanzitutto la sceneggiatura a era brillante e intelligente, questo rapporto così stretto tra stuntman e attore. Com’è cambiata l’industria, il cercare di sentirsi vivi, questo lo abbiamo affrontato con due tre giorni della vita di due persone. Ho parlato molto con Quentin su come fare per riempire l’anima in pochissimi giorni. Questo protagonista non lavorava volentieri, faceva il punchingball per le nuove generazioni. Dovevamo immaginare come portare all’esterno la vera natura di questo uomo. Forse il personaggio è bipolare ed angosciato dalla sua propria mortalità. È angosciato dal mondo che va avanti nonostante tutto”.
Cosa hai provato ad essere in questi telefilm storici come FBI o “La grande fuga”?
Leonardo DiCaprio: “La grande fuga è un film eccezionale, uno dei grandi privilegi della nostra professione è entrare in contatto con tempo che non sono aperti a tutti. Quentin conosce perfettamente anche musica e televisione e mi ha fatto entrare nel mondo western anni ‘50. Quentin rispetta moltissimo questa categoria, è impressionante vedere il rispetto di Quentin per un attore che ha girato cose che molti hanno dimenticato. Ci ha portato dentro a questo con rispetto, passione e ricerca di cose dimenticate con il tempo. Io non mi sono nemmeno accorto forse di questo”.
A che punto sei della tua strada professionale dopo questo film?
Leonardo DiCaprio: “Molto semplicemente sono cresciuto guardando film e non pensavo di poter fare quello che facevano i miei eroi. Ho cercato di entrare dentro i miei personaggi al meglio, spero di averlo fatto”.
Vedere portate sullo schermo la Hollywood e le storie di quegli anni che effetto vi ha fatto?
Margot Robbie: “Sotto tanti aspetti sono felicissima da donna di lavorare in questo particolare momento storico, stiamo prendendo sempre più consapevolezza della parità di genere nel mondo del cinema. Però esisteva qualcosa del genere anche in quegli anni, ci sono moltissimi film che amo di quegli anni con grandi donne, ora Hollywood è molto cambiata. È stato un periodo che ha aperto la strada agli anni ‘70 e a dei grandi film. Qualunque cosa di quel periodo mi appassiona moltissimo”
Quentin Tarantino: “I film restavano nella stessa sala per un anno a volte, ho visto The Wrecking Crew al cinema non lo sono andato a cercare per inserirlo in questo film. Sapevo chi fossero Dean Martin e Jerry Lewis, ma quando ho visto questo film e la scena in cui Sharon tate presenta il dono della commedia leggera. Lei era una donna molto divertente, vederla così carina e cadere senza mai perdersi è stato affascinante. E sfata una gag fantastica, mi ricordo quando lo vidi che tutti impazzirono. Questa ispirazione mi ha fatto scrivere parte di quello che ha dovuto fare Margot. Sostanzialmente quel film è fantastico e sono un grande appassionato del regista, ma è Sharon Tate che ha reso il film eccezionale con un fascino unico. Abbiamo fatto vedere durante il film anche un pezzetto del film vero e proprio con una lotta di Sharon coreografata da Bruce Lee”.
Leonardo DiCaprio: “È affascinante anche solo pensare al 1969 con tutto quello che è successo. Ho cominciato a guardare tutti i film usciti in quell’anno ed è un punto di svolta nella storia del cinema americano. Questo ha consentito di far emergere l’epoca dei registi che avevano il potere di fare i film più importanti della storia”.
Il pubblico ha avvertito una nostalgia per un mondo che non c’è più promuovendo il suo film al box-office?
Quentin Tarantino: “Credo che anche un elemento come questo interessante. C’è indubbiamente l’idea che si tratta di un film unico, con un cast interessante, ma ha anche dietro una bella capacità di fare breccia e questo è dovuto anche la lavoro del marketing”.
È nota la sua passione per un certo cinema italiano, non quello di Fellini, ma quello degli spaghetti western e del cinema di genere. Come nasce questa passione e cosa la affascina nonostante il personaggio di DiCaprio in “C’era una volta a… Hollywood” lo disprezzi?
Quentin Tarantino: “Io amo i film di genere e sono appassionato di spaghetti western, adoro i b-movies. Ho sempre amato il modo in cui gli italiani hanno sviluppato il tema del western e la commedia sexy. Hanno reinventato i generi in una modalità completamente nuova ed è qualcosa di straordinario, hanno dato nuova vita a quei generi permettendoci di vedere qualcosa di nuovo come con Corbucci e Tessari. Sono partiti come critici, poi sono diventati sceneggiatori ed infine registi appassionati di cinema esattamente come nella novelle vague francese. Il cinema di genere è appetibile per un regista. Da giovane lessi il libro “Gli spaghetti western l’opera della violenza”, io sto cercando di farla come regista”.
Dopo aver fatto finire un anno e mezzo prima la seconda guerra mondiale in “Bastardi Senza Gloria” e dopo aver fatto morire i cattivi dobbiamo prepararci ad una terza rilettura della storia?
Quentin Tarantino: “Io credo che questo sia il terzo film, dopo “Bastardi senza gloria” c’è stato “Django” e questa è la fine dell’ideale trilogia”.
Margot, una delle scene più belle è quando entri al cinema e leggi il titolo del film chiedendo poi di poterlo vedere gratis. Ci porti sul set di quella scena?
Margot Robbie: “Il giorno in cui abbiamo girato Quentin mi
ha raccontato di un episodio simile in cui lui entro in una sala a vedere un suo film, chiedendo di poterlo fare gratis. Sono ricordi di Quentin presenti nel film e questo dà una caratteristica molto pedonale. Io non ero nata nel 1969, ma mi sono sentita dentro la storia scritta da Quentin, sin dalla musica fino a quello che vedevo quando mi affacciavo dal finestrino della macchina. Fare dei film con dei set reali al giorno d’oggi è difficile, è stato un grande regalo per un’attrice. Non abbiamo abusato della tecnologia digitale, oggi non accade più che non ci sia tutto green screen e che le location vengano ricostruite dagli scenografi. È una vera gioia fare una scena simile, bellissimo avere la sensazione di essere ad Hollywood nel 1969 ma non so se mi sentirò mai più così”.
Quanto è cambiata Hollywood dal 1969? Il cinema può mutare la realtà?
Quentin Tarantino: “Il cinema è già molto diverso dagli anni ‘90, quindi non avevo davvero idea di cosa volessi dire tornare al ‘69 per quanto riguarda la proporzione dei cambiamenti. Penso sempre alla prima cosa che mi viene in mente e la faccio… anche negli anni 2000 alla fine la gente si impegnava a creare dei set. Non si facevano in post produzione, ci sono film con dei set meravigliosi e creazioni di nuovi mondi. Oggi sembra tutto fantastico quando creiamo dei set, ma anche a quei tempi si ricostruiva tutto da zero senza digitale e cgi. Costava un sacco di soldi, ora neppure le grosse produzioni lo fanno più. Abbiamo perso un patrimonio enorme per le immagini, il cinema è la capacità di fare, il cinema è manualità e ora la stiamo perdendo. Questo è un pericolo enorme, non voglio fare il vecchio rincoglionito, ma vorrei spiegarvi che rischiamo di perdere tanti artigiani. Il digitale può aiutare e far fare tante cose, come ha fatto Bob Richardson nel nostro film. Lui ha fatto un risultato fantastico, ma sempre per mezzo di persone. Le persone che sanno gestire un film a tutti i livelli e fare uscire una cosa fantastica. Con il digitale tutto questo si perde. Non so se il cinema può cambiare la storia, ma può certamente influenzarla”.
Che responsabilità porta diventare un attore di riferimento per registi come Tarantino e anche Scorsese?
Leonardo DiCaprio: “Responsabilità è un parolone, mi intimidisce questa parola. Ho sempre amato il cinema e ci sono sempre andato anche da giovanissimo. Ogni volta che un giovane mi dice di voler fare questo lavoro gli dico di guardare più film che può, così da trovare i suoi eroi. Se pensiamo agli anni ‘20 i set erano davvero il west. Le masse di persone che hanno unito i loro talenti per creare qualcosa di nuovo sono la storia. Tante storie diverse che mi hanno influenzato e mi hanno creato. La mia responsabilità è trovare qualcuno con cui lavorare che possa migliorarmi, far diventare realtà la sceneggiatura che sto leggendo. Cerco chi sia in grado di farmi recitare bene e far essere il pubblico parte di ciò che vede. Alla fine la visione dipende dal regista”.