Captain Marvel: Recensione del viaggio alla ricerca di sè stessa di Brie Larson


Captain Marvel è il primo stand alone dedicato dalla Casa delle Idee ad un personaggio femminile, la recensione del film con Brie Larson.

Ogni volta che ultimamente esce un fil Marvel si tende a dire “È il migliore mai realizzato”, ma non è il caso di Captain Marvel. Quest’opera è sicuramente un ottimo prodotto di intrattenimento è decisamente utile per comprendere meglio cosa accadrà in Avengers: Endgame, ma non ha nulla di rivoluzionario come magari potevamo aver visto in Black Panther da un punto di vista sociale. Certo, in un periodo in cui si ha paura del diverso, Captain Marvel ci invita a guardare oltre alle apparenze probabilmente in modo unico nel MCU, ma non nel panorama cinematografico.

Partiamo col dire che il premio Oscar Brie Larson è una splendida protagonista e il suo debutto nel MCU è decisamente convincente. La sua Vers, o dovremmo dire Carol Danvers, è scanzonata, strafottente e pronta a mettersi in gioco per scoprire se stessa andando fino in fondo. Molte ragazze si ritroveranno nel processo di crescita che la porterà a diventare Captain Marvel, perché per tutti ormai capire fino a fondo se stessi sta diventando la difficoltà maggiore al giorno d’oggi.

Per chi non avesse letto i fumetti la trama qui è differente, anche con una diversa collocazione temporale dato che Captain Marvel parte nel 1996. All’inizio sembra quasi di trovarsi dinanzi al “Superman”’della Marvel, ma alla fine del viaggio capiremo che nella supereroina capace di volare nello spazio il sangue è rosso ed intenso e non blu come quello dei Kree.

Il piano narrativo riprende molto dal riuscito Black Panther, basti guardare le visite alla conoscenza superiore, ma questo film sotto certi aspetti è fatto meglio dal punto di vista della sceneggiatura: in modo rischioso sceglie di mixare più generi, dall’action con le scene d’inseguimento in treno fino allo sci-fi nella parte finale e sembra proprio che ci riesca. 

Gran parte del merito della riuscita caratterizzazione di Carol Danvers non va però soltanto a Brie Larson, ma anche ai suoi due compagni di viaggio Jude Law e, soprattutto, Samuel L. Jackson. Il primo regala buone sequenze action e sarà protagonista di una scena particolarmente ricca di significato nel finale, il secondo è la colonna portante di una comicità mai fastidiosa e perfettamente riuscita come da anni la Marvel non ci aveva più abituato. Un personaggio che adorerete tutti è il gatto Goose, che non è propriamente un gatto nel vero senso della parola. Applausi anche per il doppio ruolo della splendida Annette Boening e per il ritorno di Clark Gregg.

L’uso della musica è importante, anche se non fondamentale come nei Guardiani della Galassia e lo stesso film ha una regia meno brillante e visivamente meno pop, ma considerato il periodo storico del MCU e il fatto che Captain Marvel dovesse dare alcune risposte in collegamento ad Avengers: Infinity War va benissimo così.  Il film a tratti è più crudo, anche considerando la parte degli Skrull ma resta sempre nei canoni dell’intrattenimento fruibile a tutti a differenza di quanto visto magari nell’ultimo capitolo sui Vendicatori.

Un viaggio dunque alla ricerca di se stessa quello che compie Brie Larson, con Carol Danvers che nell’immaginario collettivo da oggi sarà la Tom Cruise degli anni 2000 in una sorta di “Top Gun al femminile”. Captain Marvel ci dimostra che le ragazze non debbono essere perfette per “spaccare” ed ecco perché questa risposta a Wonder Woman è la migliore che la Marvel potesse dare. Captain Marvel non é un femminista, ma il mostrare che anche in una donna possa risiedere un vero eroe ed è quello di cui in questo periodo c’era bisogno.

Captain Marvel è sicuramente il film sulle origini di un singolo eroe migliore dai tempi di Iron Man, anche perché nel frattempo la concorrenza non è stata così spietata. Non vi resta che andare a vedere la pellicola, restando rigorosamente seduti fino alla fine perché ci sono due scene dopo i titoli di coda. Ah, i fazzoletti preparateli all’inizio, perché l’omaggio e il cameo di Stan Lee sono quanto di più dolce e tristemente profetico di visto in questi 10 anni di MCU.

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