Cannes 2018, Three Faces: Recensione, Jafar Panahi la melanconia dell’Iran
16/05/2018 di Redazione
Three Faces diretto dal regista Jafar Panahi , non presente al festival di Cannes 2o18 perche’ il regime iraniano non gli permette di uscire dal suo paese, nonostante i numerosi appelli del Festival e della diplomazia internazionale.
Il regista Jafar Panahi ci porta dentro una storia particolare in Three Faces, trasmettendo un senso di melanconia per il suo paese, l’Iran, che gli ha impedito di essere presente al Festival di Cannes. Three Faces racconta della ricerca per una ragazza scomparsa da un piccolo villaggio iraniano. Una celebre attrice iraniana riceve un video tremolante di una giovane ragazza che per sfuggire alle imposizioni della sua famiglia conservatrice si suicida, o almeno così sembra dal video.
L’attrice nel dubbio, chiede aiuto al suo amico e regista Jafar Panahi (che interpreta se stesso) di aiutarla scoprire la verita’. Nel viaggio in Three Faces che portera’ regista ed attrice tra le montagne del nord-ovest scopriranno le verita’ di tradizioni ancestrali che continuano a dettare la vita di piccole comunita’.
Three Faces è un piccolo film sugli atteggiamenti patriarcali di una nazione, affidata guarda caso a delle donne, delle attrici, che spesso sono demonizzate nel paese dominato da una teocrazia, e che in certo senso riflette il destino del regista condannato ormai da 8 anni a non poter viaggiare fuori dal suo paese e di non poter girare alcun film. Una fortunata coincidenza, che in modo cinico, credo, portera’ inevitabilmente un premio, ad una pellicola che sarebbe passata inosservata se la storia fosse stata ambientata sulle tradizioni ancestrali di un paese calabrese (ma non e’ detto).
Se dobbiamo essere onesti con i nostri lettori, l’applauso finale dei festivalieri di Cannes non rispecchia la nostra opinione. Three Faces e’ un bel film solo perche’ inserito nel contesto iraniano e dei problemi che il regista purtroppo ancora affronta. Tuttavia per una strana logica politica sicuramente strappera’ un premio, anche se non e’ affatto uno dei migliori film di Panahi.
Panahi interpreta essenzialmente se stesso e l’attrice veterana Behnaz Jafari (anche lei interpreta se stessa) il viaggio nella regione dell’Azerbaijan di lingua turca in Iran alla ricerca di Marziyeh (Marziyeh Rezaei), che ha inviato a Behnaz il messaggio video disperato, dove dice che la sua famiglia non sosterrà i suoi sogni di diventare un’attrice, ed è così sconvolta che sembra si sia impiccata alla fine della girata con uno smartphone che rende il video amatoriale. In Three Faces Behnaz e Jafar cercano indizi nel suo villaggio provinciale nella speranza che sia ancora viva.
Questa idea potrebbe suggerire un thriller, ma in realta’ Three Faces si muove sulla strada del ritmo lento – ideale nelle proiezioni mattiniere del festival (inizio 0re 8.30) per fare proseguire il riposo ai giornalisti vittime di mille appuntamenti oltre a quello di guardare i film.
Tornando alla nostra pellicola Panahi mostra con un certo affetto la realta’ dei villaggi iraniani ricchi di superstizioni religiose – così come il sospetto verso gli aspiranti artisti come Marziyeh. Three Faces non è condiscendente per gli abitanti del villaggio, ma Panahi rivela lentamente come un’atmosfera così repressiva possa rendere la vita insopportabile per coloro che desiderano ardentemente di più.
Negli otto anni trascorsi da quando è stato arrestato dal governo iraniano (così come il collega russo Kirill Serebrennikov), con il conseguente divieto di realizzare film, Panahi ne ha realizzati quattro in modo provocatorio, spesso assumendo il ruolo di protagonista. Resta il dubbio che Donald Trump abbia ragione su un paese come l’Iran, vittima ormai di quella rivoluzione islamica che il prossimo anno festeggera’ il quarantesimo anniversario (e speravo di farlo con una bomba atomica), che costringe, in particolare le donne, a restare in uno stato di soggezione e repressione da parte di alcuni teocrati che hanno rieleborato alcune principi religiosi , una religione che diceva ben altro.
La speranza di un mondo migliore resta sempre e un premio a Three Faces, anche minore, potra’ aiutare la causa, allora anche lo scontento recensore che ha scritto queste righe potrebbe gioire dinanzi ad un riconoscimento più politico che artistico.
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