Cannes 2018, BlacKkKlansman: Recensione, Spike Lee contro il Ku Klux Klan
21/05/2018 di Redazione
Se la 25° ora si poteva considerare una delle vette del cinema di Spike Lee, questa volta ci tocca declassarlo come nella classificazione delle vette, per porre il nuovo Everest del cinema del regista afroamericano:BlacKkKansman. La pellicola in concorso a Cannes rappresenta il FILM a caratteri maiuscoli da vedere al cinema, speriamo a breve nel nostro paese, un vero capolavoro.
Fin dall’inizio si viene coinvolti, in questa storia vera, quella di Ron Stallworth, poliziotto nero infiltrato nel Ku Klux Klan alla fine degli anni ’70, storia raccontata nel suo libro autobiografico “Black Klansman”.
La fusione di dramma, politica, e al tempo stesso una giusta dose di ironia rendono la pellicola memorabile. Una confezione perfetta con la geniale regia di Spike Lee, che ha collegato la storia alle recenti vicende di razzismo attuali, con un finale fin troppo politico.
L’impegno politico e sociale del regista non è certo una novità, tanto da fargli dichiarare in conferenza stampa che il suo presidente, di cui non fa il nome, è un “Motherfucker” (il termine più offensivo della lingua americana), ma dobbiamo dare atto al coraggio di Spike Lee di non aver alcun timore reverenziale, se l’America con tutte le sue contraddizioni ci ha insegnato che la libertà di parola va rispettata, l’insulto, decisamente pesante, nei confronti dell’attuale Presidente viene in un certo senso attutito dal valore artistico di BlacKkKansman.
Nella pellicola attraverso la scelta di un linguaggio fin troppo realistico e colorito, per volontà del regista stesso, riesce a riportare l’odio verbale da parte dei membri del KKK, i quali senza alcuna censura, insultano con una serie di parolacce dirette neri, ebrei ed omosessuali.
Il cast, a dir poco perfetto, vede due grandi attori, uno bianco e l’altro nero, Adam Driver e John David Washington, che grazie ad una perfetta alchimia , e tanto umorismo, riescono a raccontare una storia paradossale, quasi da barzelletta.
Paradossale e da barzelletta perché un afroamericano e un ebreo che si infiltrano in un gruppo di americani suprematisti bianchi e riescono ad ingannarli sino ad ottenere il rispetto del grande capo suona come incredibile.
Il grande capo è David Duke, Grand Wizard del KKK, interpretato da Topher Grace, che è stato psicologicamente provato dal personaggio tanto da fargli dichiarare in conferenza stampa : “Non farei mai un ruolo del genere per nessun altro regista”.
Retto da una sontuosa colonna sonora composta dal jazzista Terence Blanchard (che aveva già collaborato con il regista in Malcolm X e Inside Man), BlacKkKansman porta l’azione e al climax, come ogni poliziesco che si rispetti, ad altissimi livelli fino al vero finale del film costituito dalle vere immagini dei recenti attacchi violenti contro i cittadini afroamericani a Charlottesville, e da un frammento del discorso del presidente Trump (che in realtà ha condannato i fatti) che lo mette in cattiva luce. Ma l’odio razziale è sempre presente, e anche se Spike Lee risulta forse troppo schierato su posizioni estreme, la violenza viene sempre condannata dal regista, che con questa pellicola vuole ricordare al suo paese e al mondo che c’e’ ancora molto da fare contro questa piaga.
Nota per Cannes 2018, BlacKkKansman trionfo di critica e pubblico e premio certo, staremo solo a vedere quale.
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