Cannes2017 D’après une histoire vraie: la recensione, Roman Polanski docet
27/02/2018 di Redazione
Cannes 2017, presentato fuori concorso (forse perchè poteva vincere) D’après une histoire vraie di Roman Polanski, con protagoniste Emmanuelle Seigneur ed Eva Green, l’ennesimo film perfetto del maestro polacco.
Cannes 2017, D’après une historie vraie presentato fuori concorso, l’ultima fatica di Roman Polanski, accolto come al solito a metà dallo strano pubblico di Cannes e che ormai alla fine kermesse comprendo che onestamente di cinema non ci capisce molto, con buona pace del direttore del festival Thierry Frémaux che continua a ricevere inutili critiche sulle sue scelte a Cannes 2017.
Il film riprende un tema caro al regista polacco diciamo una versione al femminile de L’uomo nell’Ombra dove questa volta la ghostwriter è una strepitosa Eva Green che duetta con l’altra strepitosa Emmanuelle Seigneur compagna del regista nella vita vera, in una pellicola a dir poco magistralmente diretta. Se qualcuno vi avrebbe portato al cinema bendati senza sapere nulla del film e fatto vedere solo l’inizio capirete subito dopo solo 20 secondi che si tratta di un film di Roman Polanski.Il regista non tradisce le aspettative del suo pubblico, con una pellicola tratta dall’omonimo romanzo di Delphine de Vigan che ci porta ancora all’interno del mondo letterario.
La storia vede proprio Delphine De Vigan(Emmanuelle Seigner) autrice di un romanzo personale dedicato alla madre che è diventato un best-seller, essere in preda ad un forte esaurimento, a cui si aggiungono delle misteriose lettere anonime che la tormentano inviate da una presunta figlia. Quando un giorno per puro caso incontra Elle (Eva Green), una donna intelligente e intuitiva che sembra capirla, subito nasce una forte amicizia. In breve la scrittrice fa entrare la donna nella sua vita, tanto da ospitarla a casa, e in poco tempo Elle, dopo aver ricevuto la fiducia totale di Delphine inizia un rapporto ambiguo che la porta in alcuni casi persino a sostituirsi fisicamente a Delphine, diventa un suo doppio.
La trama della pellicola tocca tutti i classici temi della cinematografia di Polanski, il tema del doppio è ben sviluppato merito anche della splendida sceneggiatura di Oliver Assayes, che si fa perdonare per l’orribile Personal Shopper, un film forse ben scritto ma rovinato dall’incapace protagonista Kristen Stewart, che lo ha reso sterile e che l’anno prima è era stato coperto di fischi proprio qui a Cannes (per poi ricevere un premio..,). Ovviamente sceneggiatore al top, uno dei registi più bravi del mondo (se non il più bravo tra quelli viventi) e due attrici che in pochi minuti trascinano con la loro recitazione e fascino lo spettatore all’interno di questa oscura storia, con accenni di suspense, horror melò e continui ribaltamenti nella storia.
Per chi ama la tormentata storia vera del regista potrebbe trovare tantissimi accenni autobiografici, ma senza entrare in disamine da psicologo, ci limitiamo alla pellicola che ci offre quello che certa stampa potrebbe definire un thriller piscologico, ma che in realtà si potrebbe solo chiamare: “un film di Roman Polanski tratto da una storia vera”. Ecco forse questo potrebbe essere la giusta definizione per l’opera, che lascia una forte traccia e tante domande allo spettatore, dispetto di tanti inutili pellicole che cercano disperatamente di spiegare o giustificare l’intrattenimento con dei finali adatti, Roman Polanski, come nella vita vera, lascia tutto aperto e a noi decidere cosa è vero e non lo è all’interno di questa storia, e questa è davvero arte cinematografica.
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