Aladdin: Recensione del film di Guy Ritchie con Will Smith

La Disney propone il nuovo live action di Aladdin, ma a differenza di Dumbo manca la magia. 

Il nuovo rinascimento della Disney continua con l’ennesimo live action, il secondo in pochi mesi dopo il Dumbo di Tim Burton. Stavolta è il turno di Aladdin diretto da Guy Ritchie, riconosciuto universalmente come uno dei migliori classici animati soprattutto per la straordinaria colonna sonora di Alan Menken, vincitore dell’Oscar e qui di ritorno dal passato con le musiche dal grande effetto nostalgico. 

La regia di Guy Ritchie è fresca ed il film è reso divertente dalla camaleontica interpretazione di Will Smith, che riesce nell’impresa  di non far rimpiangere da morire il compianto Robin Williams. In questo nuovo Aladdin ritroverete le ambientazioni classiche dell’oriente, ritroverete quasi tutti gli stessi personaggi, ma a parte una bella e brava Naomi Scott nei panni della principessa Jasmine è proprio sulla recitazione che il film perde.

Non neghiamo di esserci emozionati sentendo il sultano doppiato dal maestro Gigi Proietti, che per motivi anagrafici non ha potuto reinterpretare il genio, ma il resto del cast a partire da Jafar fa acqua da tutte le parti. Un vero peccato perché dal trailer sembrava che il problema del film fosse soprattutto per la regia e la parte tecnica, qui invece la realtà è che persino gli effetti speciali sono resi molto bene.

ALADDIN Abu

Le sequenze più interessanti sono senza dubbio quelle nella caverna della lampada magica, ma anche il volo sul tappeto volante durante lo scontro finale. Il problema è che siamo davanti davvero a molto poco di quello che ci potevamo aspettare quando il film venne annunciato, ma c’è da dire che le aspettative verso questo Aladdin erano per tutti così basse che qualcuno potrebbe persino restare leggermente sorpreso in positivo.

Un ritorno sforzoso quindi per Aladdin, che si dimostra magari anche  piacevole da vedere ma povero nella sua anima. 

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