Shenzhen, il nuovo ombelico del mondo

Compie 30 anni la città simbolo del cosiddetto “modello cinese”. E’ proprio qui, all’insaputa dei più, che oggi già pulsa il cuore della nuova economia globale.

Shenzhen, a suo modo è un simbolo. Città della regione del Guangdong nella Cina meridionale, ad un tiro di schioppo da Hong Kong, la città “gemella” dall’altra parte della baia, con la quale condivide i primati dello sviluppo economico di tutto il continente asiatico. Oggi, già c’è chi immagina una loro prossima fusione in una megalopoli ipertecnologica, destinata a rappresentare il simbolo stesso di quel clamoroso sorpasso agli Stati Uniti d’America nel ruolo di prima superpotenza economica del mondo.

IL MIRACOLO GIALLO – Shenzhen è una città sorta praticamente dal nulla. Voluta e quasi disegnata di suo pugno nel 1980, dallo storico capo del partito comunista del dopo Mao, Deng Xiao Ping per creare la cosiddetta “Zona Economica Speciale”. Shenzhen è la città con il più alto reddito di tutta la Cina, ha una popolazione che supera i 12 milioni di abitanti che diventano 17 milioni se consideriamo la sua area metropolitana. E pensare che tre decenni fa era solo un anonimo villaggio di pescatori. Oggi, invece, è il cuore pulsante del modello di sviluppo cinese, qui trovano sede gran parte dell’industria tecnologica, sia a livello nazionale sia delle multinazionali che investono in Cina. Proprio nei primi giorni di settembre è stato festeggiano il trentesimo anniversario della fondazione della città. Alla commemorazione hanno partecipato il segretario del Partito comunista di Shenzhen, Wang Rong, che ha orgogliosamente affermato che “la città continuerà a svolgere il ruolo di pioniere nello sviluppo della Cina e di punta di diamante dello sviluppo scientifico del Paese“.

UNO SVILUPPO TUMULTUOSO E LE SUE TRISTI RICADUTE SOCIALI – La scelta di Deng non fu casuale, Hong Kong, allora era ancora sotto il governatorato britannico, già rappresentava uno centri finanziari più importanti dell’Asia. Nelle intenzioni di Deng, Shenzhen doveva essere la risposta comunista al “finto benessere dell’occidente”, per farlo, quindi, aveva bisogno di specchiarsi in lui. Oggi la sua skyline è zeppa di grattaceli occupati da finanziarie, banche, uffici commerciali, centri d’affari ed ovviamente alberghi di lusso. E’ qui che ogni giorno si produce la gran parte delle esportazioni cinesi per tutto il mondo. Meccanica e soprattutto microelettronica che finirà, prima o poi, sui nostri tavoli (Pc, notebook, netbook, tvHD a plasma, lcd e led) e nelle nostre tasche (telefonini, e persino gli arcinoti I-pad/phone della Apple). Ma purtroppo non è tutto oro quello che luccica, anche a Shenzhen. Il benessere generalizzato presenta comunque un suo risvolto negativo. Non solo in termini di comprensibili disuguaglianze – specie con le altre aree più rurali della Cina continentale – ma anche in termini di stress e di depressione. Shenzhen quest’anno, è stata a centro dell’attenzione dei media cinesi per un’ondata allarmante di suicidi nelle fabbriche della sua zona industriale. Questa incresciosa striscia di sangue ha portato il governo cinese a riconsiderare le condizioni di occupazione dei suoi lavoratori nelle fabbriche del paese, molte delle quali destinate esclusivamente all’esportazione dei prodotti in tutto il mondo e dove l’equazione oraria da rispettare è sempre, terribilmente, la stessa. Lunghe ore di lavoro e salari molto bassi.

THE COMMUNIST SPRAWL – Shenzhen e più in generale la sua grande area metropolitana (da sola grande quanto Roma e Milano messe insieme), è il paradigma di città costruita dal nulla, di una città senza memoria e senza storia, un esempio di quello che gli americani chiamano con certo disprezzo “communist sprawl” che, come la filosofia Zen insegna, fonda sul principio che dal caos poi si origina l’ordine. Oggi Shenzhen la possiamo immaginare come il cuore pulsante della nuova economia globale, quella integrata che viaggia alla velocità dei Mbit nelle transazioni finanziarie da un capo all’altro del mondo. Da sola rappresenta il 30% del reddito cinese, con un Pil più o meno equivalente a quello di diversi Stati europei messi assieme.

ALCUNE STORIE DI VITA – Shenzhen è Una città che vive di sviluppo. Di questo ciba. E’ un gigantesco motore a cui ogni giorno si aggiungono nuovi ingranaggi. Un meccanismo perfetto che per funzionare non può e non deve ammettere pause. Uno sviluppo che quindi non guarda in faccia a nessuno. Così capita di venire a conoscenza di storie come queste, riportate in una trasmissione della Rai, qualche tempo fa.  Era una grigia giornata di pioggia nella città-fabbrica del mondo. Li Yanmin, figlia di contadini, non ha grandi ambizioni, non vuole diventare ricca né avere una vita agiata, desidera solo una vita normale, serena con un lavoro sicuro. Nient’altro. Un sogno in fondo comune a tanti altri coetanei anche qui in occidente. Viceversa, l’altra ragazza He Sha è venuta a Shenzhen perché è sicura che sia il posto giusto per trovare un buon impiego, per dare una certezza alle sue ambizioni.

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