Serena Mollicone: il mistero della ragazza uccisa nel bosco a Chi l’ha visto

Il papà di Serena Mollicone, la studentessa scomparsa il primo giugno del 2001 e ritrovata uccisa, legata e imbavagliata due giorni dopo in un bosco di Fronte Cupa, ad Anitrella, nel Frusinate, nelle vicinanze di Arce, dove viveva, non si dà pace per l’esito delle indagini sull’omicidio della ragazza.

 

OMICIDIO SERENA MOLLICONE, 5 INDAGATI

 

L’APPELLO – Negli ultimi mesi gli accertamenti comparativi sulle impronte digitali di 310 persone e i test del dna che hanno interessato 272 soggetti, effettuati per scoprire l’assassino, hanno dato esito negativo e hanno, di fatto, scagionato tutte le sei persone indagate per omicidio volontario e occultamento di cadavere, la cui posizione si presume venga ora archiviata. Intervenendo su Raitre, nel corso della trasmissione Chi l’ha visto, Guglielmo Mollicone ha invitato però a far luce su una particolare sparizione avvenuta dopo l’uccisione. «Ad Arce – ha detto – c’erano alcune prostitute polacche che sono sparite dopo la morte di Serena. Una sparizione un po’ strana. L’ho fatto presente dodici anni fa. Bisogna trovare loro per vedere se hanno contribuito a ‘impacchettare’ Serena». Ma non solo. «Serena – ha aggiunto Guglielmo – è stata parcheggiata, per ore, nell’ex carcere vicino alla caserma, ad appena ottanta metri». Sulle indagini è intervenuto a Chi l’ha visto anche  della famiglia Mollicone. «Non sono stato sorpreso dall’esito negativo degli accertamenti e non avevo mai considerato probabile un esito positivo», ha dichiarato l’avvocato Dario De Santis. Che, parlando della comparazione delle centinaia di impronte, ha poi aggiunto: «Era un numero di persone troppo eterogeneo».

IL MISTERO E LE INDAGINI INCONCLUDENTI – Dunque, fitto mistero. L’intervento di Gugliemo Mollicone a Chi l’ha visto arriva a pochi giorni dalla consegna dei risultati degli accertamenti scientifici (un dossier di 122 pagine) da parte dei Ris di Parlma al procuratore capo di Cassino Mario Mercone, titolare dell’inchiesta. Accertamenti su impronte e test del dna non sono riusciti a dare un volto all’assassino dopo oltre 12 anni di indagini e, di conseguenza, resta sconosciuto il profilo biologico ritrovato sugli abiti della ragazza. Unica via d’uscita per gli investigatori sembra dunque essere ora nuove rivelazioni di chi sa e in tutto questo tempo è rimasto in silenzio. Lo ha spiegato a chiare lettere nei giorni scorsi proprio il procuratore Mercone. «La morte, anzi il femminicidio di Serena – ha spiegato il titolare dell’inchiesta- non può e non deve restare impunito. Per poter arrivare ad una verità ora abbiamo bisogno della collaborazione di chi, ormai da troppo tempo, tace». E ancora: «L’unica impronta nitida rinvenuta sul nastro isolante appartiene ad un tutore dell’ordine che in quel momento stava effettuando gli accertamenti. Tredici anni fa non esistevano i mezzi e l’accortezza di oggi nell’evitare l’inquinamento di una scena del crimine. Solo chi non lavora, non sbaglia. Sappiamo che l’assassino di Serena non avrebbe mai potuto occultare il cadavere della ragazza senza l’aiuto di un qualcuno. Ed è proprio a questa persona che mi rivolgo».

UN COLPO ALLA TESTA – Serena fu colpita alla testa, all’altezza dell’occhio sinistro. L’assassino o gli assassini, credendola morta, la lasciarono soffocare con un sacchetto infilato sulla testa, una busta di un supermercato che avrebbe dovuto evitare che il sangue scorresse a terra. La ferita mortale fu procurata con un oggetto contundente e un colpo secco.

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